In Portogallo ha rivinto il centrodestra, quasi
La coalizione del primo ministro uscente Pedro Passos Coelho è stata la più votata, ma non è arrivata alla maggioranza assoluta in Parlamento: e ora?
In Portogallo le elezioni politiche sono state vinte dal centrodestra, la maggioranza uscente, che ha ottenuto il 38,6 per cento dei voti in una consultazione che è stata vista e raccontata da moltissimi come una specie di “referendum” sulle misure di austerità adottate in questi ultimi anni dal governo del primo ministro Pedro Passos Coelho. L’opposizione, cioè il partito socialista (PS) guidato dall’ex sindaco di Lisbona Antonio Costa, ha ottenuto il 32,4 per cento dei voti.
I conservatori non sono riusciti però a ottenere da soli i 116 seggi necessari a raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento fermandosi a 104; il Ps ne ha ottenuti 85. Con questi numeri conterà molto chi saranno i quattro parlamentari eletti all’estero: i risultati relativi a quei quattro seggi saranno decisi il 14 ottobre. Rispetto alle elezioni del 2011 i conservatori hanno preso praticamente gli stessi voti in percentuale (ottennero il 38,7 per cento), ma all’epoca corsero da soli mentre stavolta in coalizione con altri partiti; i socialisti hanno guadagnato qualcosa ma non abbastanza (ottennero il 28 per cento). Costa ha ammesso la sconfitta, prendendosene la responsabilità, ma ha detto che non si dimetterà da leader del partito.
Tra gli altri partiti, il Bloco de Esquerda (partito anti-austerità spesso associato a Syriza di Alexis Tsipras in Grecia) è arrivato terzo ottenendo il 10,2 per cento dei voti e 19 seggi, ed è questa la notizia più sorprendente – per quanto attesa, a giudicare dai sondaggi – di queste elezioni. È arrivato quarto un altro partito di estrema sinistra, i comunisti di Coligação Democrática Unitária, che ha preso l’8,3 per cento. In generale è stato il miglior risultato mai ottenuto dall’estrema sinistra in Portogallo. Il partito ambientalista Pessoas-Animais-Natureza (PAN) ha ottenuto l’1,4 per cento e un seggio, per la prima volta nella sua storia. I partiti di sinistra hanno quindi ottenuto (in una potenziale alleanza) almeno 121 seggi e il 50,9 per cento dei voti. Pedro Passos Coelho ha detto comunque di essere pronto a parlare con i loro leader per trovare un accordo adatto ad approvare le riforme necessarie al paese.
Il Portogallo, di cui si è parlato molto negli ultimi mesi anche in riferimento alla crisi greca, è considerato da molti come un esempio positivo del funzionamento delle misure di austerità imposte dall’Unione europea ai paesi che hanno ottenuto dei piani di salvataggio internazionale: Passos Coelho, che ha 51 anni, è diventato col voto di domenica il primo leader dell’eurozona ad avere implementato tutte le misure di austerità richieste e avere poi ottenuto un nuovo mandato per governare.
Quando Passos Coelho ha ottenuto per la prima volta l’incarico di governo, nel giugno del 2011, in Portogallo il rapporto fra deficit e PIL era vicino al 10 per cento: un rapporto considerato “sano” si aggira attorno al 3 per cento. Nello stesso anno, il Portogallo ha firmato un duro accordo per ottenere 78 miliardi di euro in prestito dalla cosiddetta “troika” – cioè l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale – in cambio di diverse privatizzazioni e riforme strutturali. Negli ultimi anni, dopo l’approvazione di alcune leggi molto dure e contestate e l’uscita dal piano di aiuti (avvenuta nell’estate del 2014), il Portogallo sta attraversando una fase stabile di crescita economica: il sistema economico è in espansione e per il 2015 è previsto un aumento del PIL dell’1,7 per cento. La disoccupazione è ancora piuttosto alta ma è scesa al 14 per cento.
Antonio Costa Pinto, uno scienziato politico dell’Università di Lisbona, ha detto nei giorni scorsi al Wall Street Journal che Passos Coelho è stato «molto efficace nel far passare il messaggio che l’economia sta migliorando e che il Portogallo non può rischiare di tornare indietro eleggendo il Partido Socialista». Durante la campagna elettorale, Costa ha parlato a volte in maniera contraddittoria riguardo alla posizione del suo partito nei confronti delle misure di austerità: per esempio ha descritto con toni positivi le posizioni anti-austerità di Syriza in Grecia, definendole «un segno del cambiamento dell’orientamento politico in Europa», poi però ha fatto un passo indietro dicendo di essere a favore dell’accordo con l’Unione Europea.
Sarà il presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, a decidere a chi dare l’incarico di formare il nuovo governo: su questo il testo della Costituzione dice che il presidente deve «tenere conto dei risultati delle elezioni». In teoria la maggioranza dei seggi potrebbero ottenerla i tre partiti di sinistra – i socialisti, i comunisti e il Bloco – che però hanno grosse differenze nelle posizioni politiche e non sembrano intenzionati ad allearsi per andare al governo. Il Bloco in campagna elettorale aveva aperto a un’alleanza con i socialisti, che però non si erano mai mostrati interessati. Un’altra opzione valutata prima delle elezioni è una “grande coalizione” tra le due principali forze politiche del Portogallo.
In Portogallo è possibile formare governi di minoranza e questo è considerato l’esito più probabile del voto di domenica che potrebbe però aumentare l’instabilità politica: da quando il paese è tornato alla democrazia, nel 1974, un governo di minoranza non ha mai concluso la legislatura. A questa situazione si aggiunge il fatto che qualunque cosa accadrà, i portoghesi non potranno essere richiamati alle urne prima del giugno 2016: la Costituzione vieta infatti lo scioglimento del Parlamento nei sei mesi che precedono o seguono le elezioni presidenziali, che sono previste per il prossimo gennaio.