Ci sono novità sul riscatto per Greta Ramelli e Vanessa Marzullo?
L'ANSA sostiene di avere documenti che provano che è stato pagato un riscatto di 11 milioni di euro per liberare le due cooperanti italiane rapite in Siria nel 2014
L’agenzia di stampa italiana ANSA ha scritto, in un articolo pubblicato lunedì 5 ottobre, di essere entrata in possesso di alcuni documenti giudiziari che mostrerebbero, indirettamente, che per la liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo – le due cooperanti italiane rapite in Siria nell’agosto del 2014 e liberate lo scorso gennaio – sia stato pagato un riscatto di 11 milioni di euro. I documenti ottenuti da ANSA fanno parte degli atti giudiziari di un tribunale islamico della città siriana di Aleppo relativi al processo al capo miliziano Hussam Atrash, accusato e poi condannato per essersi appropriato di più della metà della somma del riscatto pagato per la liberazione delle due cooperanti a scapito di altri capi miliziani. Il tribunale che ha processato Hussam Atrash è quello del movimento Nureddin Zenki a cui – secondo ANSA – fanno capo alcune delle milizie coinvolte nel rapimento delle due ragazze.
L’ANSA ha ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki nella provincia di Atareb. Secondo la condanna, Atrash, basato ad Abzimo, la località dove scomparvero Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, si è intascato 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari, equivalenti a poco più di 11 milioni di euro. I restanti 7 milioni e mezzo – affermano fonti di Atareb interpellate dall’ANSA telefonicamente – sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali.
Vanessa Marzullo, 21 anni, di Brembate in provincia di Bergamo, e Greta Ramelli, 20 anni, che abita a Gavirate in provincia di Varese, erano state rapite ad Aleppo, nel nord della Siria, la notte tra il 31 luglio e il primo agosto 2014. Si trovavano in Siria dal 28 luglio dello stesso anno per conto del “progetto Horryaty”, un’associazione che organizza piccoli progetti di volontariato a favore dei civili siriani colpiti dalla guerra civile. Il 31 dicembre 2014 il Fronte al Nusra – il gruppo che “rappresenta” al Qaida in Siria – aveva diffuso un video che mostrava le due ragazze dire di essere in pericolo e chiedere aiuto al governo italiano.
Ramelli e Marzullo erano poi state liberate il 15 gennaio del 2015 e da subito si era iniziato a parlare in modo non ufficiale di un riscatto pagato dal governo italiano per ottenere la loro liberazione. Secondo il quotidiano britannico Guardian, che citava fonti anonime “della sicurezza”, le due ragazze erano state liberate in cambio di un riscatto “multi-milionario”. Secondo Al Aaan, una televisione degli Emirati Arabi Uniti, il riscatto pagato era pari a 12 milioni di dollari, circa 10 milioni di euro. La cifra non è stata confermata da alcuna fonte ufficiale. Durante un’audizione alla Camera, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha definito le indiscrezioni sulla cifra pagata in cambio della liberazione delle due cooperanti «prive di fondamento», ma non aveva mai negato esplicitamente che un riscatto fosse stato pagato. Secondo Giacomo Stucchi, deputato della Lega Nord e presidente del COPASIR, la commissione parlamentare incaricata di vigilare sui servizi segreti, la cifra di dodici milioni di dollari era «inverosimile».