È stato approvato l’articolo 2 della riforma del Senato
Grazie a un compromesso tra maggioranza e minoranza del PD: è l'articolo che indica la composizione del futuro Senato
Questa mattina il Senato ha approvato l’articolo 2 della riforma del Senato con 160 sì, 86 no e un astenuto. L’articolo 2 stabilisce che i futuri senatori saranno eletti dai consigli regionali, ma «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge». Questa complicata formula è frutto di una lunga trattativa interna al Partito Democratico: in pratica significa che in futuro i senatori saranno eletti dai consigli regionali che li sceglieranno tra gli stessi consiglieri. La scelta non sarà del tutto libera: i consiglieri potranno eleggere solo quei colleghi che erano stati indicati dagli elettori durante le precedenti elezioni regionali.
In sostanza: se la riforma dovesse essere approvata nella sua interezza, alle elezioni regionali – oltre ad eleggere i consiglieri regionali – gli elettori dovranno anche indicare quali consiglieri desiderano che rappresentino la loro regione al Senato. I consiglieri saranno poi obbligati, con una modalità stabilità dalla legge, ad assecondare le scelte degli elettori. L’articolo 2 approvato oggi è diverso rispetto a quello approvato dalla Camera lo scorso marzo ed è stato modificato proprio con la frase che cita «le scelte espresse dagli elettori».
La modifica è frutto di un accordo tra la maggioranza e la minoranza del PD, che su questo punto si sono scontrate per mesi dividendosi anche su complicate questioni di procedure parlamentari. La minoranza chiedeva una modifica che rendesse i senatori eletti direttamente dal popolo. La maggioranza insisteva per una loro elezione indiretta, cioè da parte dei consiglieri regionali. L’accordo raggiunto a metà settembre e che oggi ha portato all’approvazione dell’articolo 2 è il frutto di un compromesso.
Le votazioni in Senato sugli ultimi articoli della riforma dovrebbero concludersi il 13 ottobre, cioè tra dieci giorni. Visto che la riforma del Senato è una legge costituzionale, la procedura per la sua approvazione è particolarmente complessa. È necessario che Camera e Senato votino lo stesso testo una prima volta, nella cosiddetta “prima lettura”. A quel punto la legge passa una seconda volta sia alla Camera che al Senato e solo a quel punto la si considera entrata in vigore. Se però in seconda lettura la legge non ha ricevuto i due terzi dei voti in entrambe le Camere, è necessario un referendum confermativo senza quorum. Soltanto se il 50 per cento più uno dei votanti approva la legge, la Costituzione si considera modificata.
La riforma è già stata approvata una volta dal Senato e dalla Camera, ma il testo è stato sempre modificato. Considerato che anche in questi giorni il testo è stato modificato – per la terza volta, precisamente – la legge che sarà approvata il 13 ottobre dovrà nuovamente passare alla Camera. Solo nel caso in cui la Camera approvi la legge senza modifiche allora la “prima lettura” potrà essere conclusa. Analisti e commentatori considerano però che l’ostacolo principale per il governo sia stato oramai superato. Alla Camera la maggioranza gode di un margine molto ampio e non dovrebbe avere difficoltà a far approvare la legge senza modifiche. A quel punto comincerà la “seconda lettura”, un voto molto più rapido in cui non si possono più presentare emendamenti o modifiche (in questi giorni erano stati presentati letteralmente milioni di emendamenti). La legge potrà solo essere approvata o respinta. Alla Camera la maggioranza non dovrebbe avere problemi e anche al Senato i numeri dovrebbero essere garantiti, grazie all’accordo con la minoranza del PD e con i fuoriusciti da Forza Italia.