L’ENI estrarrà petrolio dall’Artico
La sua piattaforma sarà la più settentrionale del mondo, dice l'azienda, ma Shell aveva giudicato "deludenti" le prospettive sulla zona
ENI, la più grande azienda petrolifera d’Italia e una delle più grandi d’Europa, ha fatto sapere che il suo progetto di estrazione di petrolio nella regione artica è ormai concluso e sarà operativo entro la fine del 2015. L’annuncio arriva a pochi giorni dalla decisione della compagnia petrolifera Royal Dutch Shell di abbandonare le perforazioni in Alaska perché i sondaggi sono stati considerati “deludenti”. Il portavoce di ENI ha però cercato di differenziare i due progetti, dicendo che la piattaforma ENI lavorerà in una regione considerata come «gestibile», a differenze di altre regioni dell’Artico.
Il progetto – di cui ENI detiene il 65 per cento, mentre la parte restante è della norvegese Statoil – si chiama Goliat e consiste in una piattaforma costata 5,6 miliardi di euro che è arrivata a destinazione lo scorso 17 aprile dopo 63 giorni di navigazione: era partita dal cantiere coreano di Ulsan il 14 febbraio e aveva viaggiato attraverso l’Oceano Indiano per poi puntare a nord attraverso l’Atlantico fino alle isole britanniche e raggiungere Hammerfest, nella Norvegia settentrionale.
L’avvio della produzione del giacimento Goliat (che avverrà comunque con due anni in ritardo rispetto ai tempi previsti) viene definito da ENI «uno degli obiettivi principali del 2015» e sarà il primo giacimento di petrolio in produzione nel Mare di Barents. La piattaforma ha la forma di un cilindro, pesa 64 mila tonnellate, è stata progettata per resistere alle tempeste artiche e ha una capacità produttiva di 100 mila di barili al giorno. L’ENI è ancora in attesa dell’approvazione finale da parte delle autorità norvegesi. Lunedì 28 settembre, un portavoce dell’Autorità per la sicurezza del petrolio (PSA) ha detto a Reuters che «C’è ancora un po’ di lavoro da fare».
Gli ambientalisti si sono opposti al progetto evidenziando non solo i danni ambientali ma anche il fatto che il progetto non è conveniente. Truls Gulowsen, rappresentante di Greenpeace in Norvegia, ha detto che l’operazione sarebbe sostenibile da un punto di vista economico solo con il petrolio a 80-90 dollari al barile (attualmente è intorno ai 45): «Goliat rimarrà un simbolo del fallimento negli anni a venire. Dal punto di vista puramente economico il progetto è già un disastro».