Cosa si dice della sfilata di Gucci
Tante cose, tutte buone, che in molti aspettavano di vedere il cambiamento con Alessandro Michele ed è stata l'evento della prima giornata di sfilate a Milano
di Enrico Matzeu – @enricomatzeu
Mercoledì 23 settembre, nella prima giornata di Milano Moda Donna, la sfilata più attesa e anche quella più raccontata dai media è stata quella di Gucci, che si è tenuta allo Scalo Farini, una vecchia stazione dei treni in via Farini a Milano. Già prima che fosse mostrata la collezione primavera/estate 2016 – la quarta disegnata dal nuovo direttore creativo Alessandro Michele – c’era un grande interesse per quello che sta facendo Gucci: da gennaio, con l’arrivo di Michele e del nuovo amministratore delegato Marco Bizzarri, sono cambiate molte cose soprattutto in termini stilistici, perché l’intenzione di Kering, la holding proprietaria di Gucci, da subito è stata quella di rilanciare il marchio con le idee nuove del giovane designer. Visto che le prime sfilate sono andate bene, sono piaciute agli addetti ai lavori e a chi compra le cose di Gucci, i giornalisti continuano a interessarsi molto alle strategie del brand. E qualche giorno prima della sfilata il New York Times ha pubblicato una lunga intervista ad Alessandro Michele, mentre Business of Fashion ne ha fatta una a Marco Bizzarri. Il clima attorno a Gucci lo ha spiegato con ampio uso di metafore Simone Marchetti su D: «Il cambiamento spaventa perché uscire dalla propria comfort zone è come tuffarsi in una piscina di acqua ghiacciata. Gucci è uscita dalla propria comfort zone con la follia di Marco Bizzarri e Alessandro Michele e si è lanciata in un lago freddo. In un primo momento è stato gelo, crampi e aghi di ghiaccio in ogni dove. Ma oggi, dopo la sfilata per la prossima estate, si può tirare un sospiro di sollievo e passare dall’allarme alla tranquillità e dalla tranquillità alla gioia».
Alessandro Michele ha fatto una collezione con tanti abiti. Hanno sfilato 65 look molto colorati e con molti dettagli. La cosa che ha colpito la critica è stata soprattutto l’abbondanza di ispirazioni. La più visibile è riferita alla filosofa francese Madeleine de Scudéry, che nel 1654 creò la “Carte de Tendre”, una sorta di mappa psico-geografica della tenerezza, che Michele ha trasformato in vestiti lunghi fino al ginocchio con delle mappe disegnate sopra.
Alcuni abiti poi ricordano, come dice Laird Borrelli Persson su Vogue America, lo stile surrealista di Elsa Schiaparelli (che si ispirava a Salvador Dalì) e quello di Roberta Di Camerino, conosciuta soprattutto per le stampe illusorie che facevano sembrare gli abiti pieni di pieghe o fiocchi. Sul New York Times, Vanessa Friedman spiega che le ispirazioni di Michele vanno dal 600, al 1400 e fino ad oggi e riassume molto bene la quantità di cose che ha messo dentro alla collezione: «ha pensato ai Tudor, alle Cineserie e al barocco. Pensava alla filosofa Madeleine de Scudéry, ma anche al trompe l’oeil, a quello che è reale (gli abiti) e a quello che solo noi pensiamo sia reale (la moda). Pensava ai fiori e agli insetti, alle rock star degli anni Settanta, ma anche a Gucci, al suo archivio e a cosa c’era dentro». Michele ha messo dentro anche molti lustrini e tanti dettagli in lurex e ha fatto molta attenzione agli accessori, introducendo un tipo di scarpe nuovo per Gucci, ovvero dei sandali con un plateau (la zeppa davanti) molto alto.
Sono state molte le cose notevoli della sfilata e Vogue America ne ha stilato una lista dettagliata. Gli inviti al defilé rosa e interamente ricamati a mano. Gli allestimenti dello Scalo Farini con un grande tappeto con disegnato sopra un lungo serpente rosa tridimensionale, che copriva tutto il pavimento (passerella e parterre), mentre le sedie e i paravento che dividevano il pubblico avevano le stesse fantasie degli abiti della sfilata. La musica dello show creata da Michel Gaubert con pezzi di Björk e Daemonia Nymphe. La sfilata si è aperta con un abito in pizzo verde chiuso sul davanti da una lunga zip e indossato dalla modella Viola Podkopaeva e si è conclusa con la consueta passerella di tutte le modelle. Tra gli ospiti c’erano quelle che sono considerate le testimonial di Gucci, perché indossano quasi sempre gli abiti della griffe, ovvero Charlotte Casiraghi, Dakota Johnson e Karen Elson, ma anche Salma Hayek, moglie di François-Henri Pinault, capo di Kering.