Come funziona la riforma delle intercettazioni
O meglio: delle regole che stabiliscono in quali casi si potranno pubblicare sui giornali. È stata approvata alla Camera, ora tocca al Senato
Mercoledì 23 settembre la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge sulla riforma del processo penale con 314 sì, 129 no e 51 astensioni. Nella legge è contenuta anche una delega per il governo a regolamentare le intercettazioni: o meglio, l’uso che giudici e giornalisti potranno fare delle registrazioni audio e video. Il testo deve ora passare al Senato e solo a quel punto il governo potrà pubblicare il decreto, anche se nel provvedimento generale sono contenute delle linee guida a cui il governo stesso dovrà attenersi. Dopo il voto finale, il ministro della Giustizia nominerà una commissione ministeriale di magistrati, avvocati e giornalisti per cominciare a scrivere le nuove regole. Nel frattempo la legge (e il fatto che la materia sarà regolamentata con una delega) ha causato molte proteste, soprattutto da parte del Movimento 5 Stelle.
Il disegno di legge si chiama “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena”: era stato presentato nel dicembre 2014 e dopo l’esame della commissione Giustizia, lo scorso 27 luglio, era cominciata la discussione in aula. L’articolo che delega il governo a intervenire sulle intercettazioni è il numero 29.
Nel testo dell’articolo si fissano alcuni principi di base a cui la futura norma del governo dovrà attenersi: fanno riferimento all’articolo 15 della Costituzione («La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge») e all’articolo 267 del codice di procedura penale che si occupa dei mezzi di ricerca della prova.
La delega del governo dovrà vietare la pubblicazione di «comunicazioni non rilevanti a fini di giustizia penale» e tutelare «la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento». Inoltre dovrà prevedere «che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate» sia «punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni». Si parla dunque di carcere per quanto riguarda le riprese o le registrazioni abusive, ma la punibilità sarà esclusa nel caso in cui quelle stesse riprese o registrazioni siano utilizzate «nell’ambito dell’esercizio del diritto di difesa» o costituiscono prova di un processo o rientrano nel diritto di cronaca.
Nella legge, infine, grazie a un emendamento della presidente della commissione Giustizia Donatella Ferranti del PD è stata eliminata l’udienza filtro per «selezionare» le intercettazioni penalmente rilevanti da quelle che non lo sono. Nel testo originale era previsto che alla presenza di tutte le parti coinvolte, davanti a un giudice, si esaminasse il materiale intercettato e registrato per decidere cosa fosse rilevante oppure no.