La Fed tiene invariati i tassi d’interesse
Sono rimasti vicino allo zero. Ci sarà almeno un'altra occasioni per alzarli prima della fine dell'anno: cosa comporta la decisione
La Federal Reserve (Fed) – la banca centrale degli Stati Uniti – ha deciso di lasciare invariati i tassi d’interesse. L’annuncio è stato fatto alle 14 a Washington (alle 20 ora italiana). La decisione è molto importante perché molti analisti si aspettavano che la Fed decidesse di alzare i tassi, sarebbe stata la prima volta in più di nove anni. La Federal Open Market Committee, una commissione che gestisce le decisioni della Fed rispetto alle operazioni di mercato, aveva detto a luglio che molti suoi membri ritenevano maturi i tempi per un innalzamento dei tassi entro la fine dell’anno. Le decisioni riguardo i tassi vengono prese ogni sei settimane circa, quindi ci sarà comunque un’altra occasione prima che cominci il 2016. Nei minuti precedenti la decisione, il mercato aveva scommesso sui tassi invariati: le azioni avevano cominciato a salire di prezzo e così anche i titoli di stato. La decisione è stata presa con nove voti a favore e uno contrario.
Cosa sono i tassi d’interesse
I tassi d’interesse di cui si sta parlando sono quello a cui le banche “normali” e anche la banca centrale si prestano soldi fra loro, spesso per periodi molto brevi. La banca centrale decide il tasso a cui le banche “normali” possono chiederle soldi, e quello a cui possono depositare presso di lei del denaro quando ne hanno troppo. Da questi tassi dipendono tutti gli altri, anche se non in misura perfettamente corrispondente: se i tassi decisi dalla banca centrale si alzano, si alzerà alla fine anche quello a cui le banche concedono i mutui alle famiglie.
I tassi d’interesse sono uno degli strumenti principali che le banche centrali hanno per influenzare l’economia. Se l’economia cresce troppo velocemente e c’è il rischio che l’inflazione superi il limite considerato sano (in Europa e negli Stati Uniti questo limite è del 2 per cento l’anno), la banca centrale alza i tassi d’interesse: prendere soldi in prestito diventa più costoso, allo stesso tempo diventa più conveniente tenere i soldi depositati in banca – perché crescono al tasso d’interesse, appunto – anziché spenderli. Quindi l’economia rallenta, o meglio: cresce in modo più graduale e senza portare a un aumento eccessivo dell’inflazione e una svalutazione della moneta. Quando l’economia cresce poco, invece, la banca centrale di norma abbassa i tassi d’interesse: le imprese possono prendere soldi in prestito più facilmente per finanziare i loro progetti e crescere, i privati non traggono un gran vantaggio dal tenere i soldi depositati e quindi spendono.
Come sono stati i tassi fino adesso
Estremamente bassi, vicinissimi allo zero. Dalla crisi finanziaria del 2007 la Fed ha continuato ad abbassare i tassi per cercare di far ripartire l’economia, e li ha lasciati bassissimi per tutti questi anni. A un certo punto si è anche pensato di portare i tassi sotto lo zero – un’opzione che sembra matematicamente impossibile ma è fattibile, per rendere ancora meno conveniente tenere soldi fermi – ma poi si è optato per forme alternative per lo stimolo dell’economia, come il Quantitative Easing. Il Quantitative Easing consiste nell’acquisto di titoli di Stato da parte di una banca centrale ed è una strategia che hanno adottato tutte le maggiori banche centrali del mondo (Fed, BCE e Bank of Japan) in questi anni di scarsa crescita economica.
Quali erano le ragioni per alzare i tassi
La ragione per cui si pensava che la Fed avrebbe alzato i tassi è che l’economia statunitense cresce in maniera abbastanza stabile da un po’. Ad agosto sono usciti i dati sul mercato del lavoro e la disoccupazione è arrivata al 5,1 per cento, un livello che corrisponde a quello cosiddetto di “disoccupazione naturale”: il livello più basso raggiungibile in una data economia. Spesso ci si riferisce al termine di “pieno impiego” o “piena occupazione”: una situazione in cui tutti quelli che vogliono lavorare lo fanno, e chi vorrebbe lavorare e non lo fa vive una disoccupazione temporanea, perché sta passando da un lavoro a un altro e sarà riassorbito nel mercato del lavoro. La crescita del PIL degli Stati Uniti è stimata a circa il 3,7 per cento quest’anno.
Perché la Fed non ha alzato i tassi d’interesse
La Fed ha rilasciato le motivazioni della sua decisione: scrive che l’economia americana continua a crescere ad un ritmo moderato – la spesa delle famiglie sta crescendo e il mercato immobiliare è migliorato – tuttavia le esportazioni sono ancora troppo poco solide. Un innalzamento dei tassi avrebbe implicato un rialzo del valore del dollaro perché un tasso d’interesse più alto avrebbe voluto dire una maggiore convenienza a tenere depositati i soldi nelle banche degli Stati Uniti: se si vuole depositare in una banca di una nazione bisogna comprare moneta di quella nazione, e se molti comprano la stessa moneta il prezzo di quella moneta sale. Un prezzo del dollaro più alto avrebbe significato difficoltà ad esportare, poiché gli oggetti prodotti negli Stati Uniti sarebbero venuti a costare di più. E questo avrebbe aggravato ulteriormente la situazione delle esportazioni del paese. Inoltre, ha scritto la Fed, il livello di inflazione è ancora al di sotto di quello previsto come obiettivo per l’anno (2 per cento). Un innalzamento dei tassi, seppur modesto, avrebbe significato un possibile aumento di inflazione. Molti economisti dubitavano che la Fed avrebbe alzato i tassi anche per i recenti avvenimenti in Cina e le ripercussioni sul mercato finanziario americano. Nella motivazione della Decisione la Fed ha confermato il timore che nel prossimo futuro la moderata crescita dell’economia americana possa essere danneggiata dalle conseguenze della crisi finanziaria cinese: qualora questo dovesse succedere sarebbe meglio trovarsi con dei tassi invariati anziché più alti.
Le conseguenze per gli altri paesi
Un aumento dei tassi sarebbe stata una cosa negativa per i paesi con economie emergenti: il denaro sarebbe defluito verso gli Stati Uniti (dove sarebbe stato più conveniente depositarlo) e sarebbero quindi calati gli investimenti nei singoli paesi. Per quanto riguarda l’Europa, la scelta della Fed indebolisce il dollaro (come detto) e rinforza l’euro. Un euro più forte potrebbe essere un problema per le prospettive di crescita nei paesi dell’eurozona e quindi potrebbe portare la Banca Centrale Europea a incrementare le politiche di stimolo all’economia, come il Quantitative Easing.