Come fa Telecom a dare il 4G al 95% degli italiani
È uno degli obiettivi annunciati dalla campagna pubblicitaria che vediamo ovunque: è realistico? Cosa significa? Quanto costa?
Da una settimana Telecom Italia ha iniziato una campagna pubblicitaria – molto estesa e ineludibile, soprattutto sui giornali – con la quale annuncia obiettivi ambiziosi da realizzare entro la fine del 2017 legati alla diffusione in Italia della tecnologia 4G e delle connessioni fisse a banda ultra larga: promettendo cioè connessioni molto veloci a internet per una maggiore quantità di italiani. Le pubblicità fanno parte della campagna di comunicazione per fare conoscere il nuovo Piano industriale di Telecom, che con il suo marchio TIM si è impegnata a investire circa 10 miliardi di euro in Italia per rinnovare la sua infrastruttura. Tra gli obiettivi annunciati con più insistenza c’è “95% della popolazione connessa in 4G”, entro il 2017. Vediamo di capire cosa significhi esattamente questo dato, e come si mantenga questa promessa.
Parte tecnica: cos’è il 4G (potete saltarla)
La più recente generazione tecnologica per la trasmissione dei dati sulle reti cellulari si chiama Long Term Evolution (LTE): in questo senso può quindi essere definita come una delle varietà possibili del 4G (sigla che sta per quarta generazione). È la più rilevante e affidabile, motivo per il quale i principali operatori e produttori di telefoni cellulari l’hanno adottata: soprattutto negli Stati Uniti, in Giappone e in diversi paesi europei, Italia compresa (a scapito di un’altra tecnologia di cui si è parlato in questi anni, il WIMAX). Inizialmente LTE non era considerata una soluzione 4G vera e propria, ma più una sorta di tecnologia di transizione in attesa di nuovi standard. Poi le cose sono andate diversamente, anche a causa di forti pressioni sulle organizzazioni che si occupano di definire gli standard per le telecomunicazioni, e LTE è diventata la soluzione più rilevante del 4G. Rispetto al classico 3G è fino a 5 volte più veloce, sulla carta.
Cosa ha già fatto e cosa farà TIM col 4G
TIM lavora già da qualche anno all’aggiornamento dei suoi ripetitori (radiobasi) per fare in modo che trasmettano il segnale 4G. Attualmente la percentuale di popolazione che viene detta raggiunta dal segnale è pari all’85 per cento circa: la percentuale è riferita alla quantità di persone che risiedono nelle aree coperte dal segnale, non alla copertura del territorio che è invece più bassa. Questo è quello che indica quel “95%” delle pubblicità di Telecom. Per capirsi, il dato vale esattamente se ognuno di noi – come avviene solitamente – usa il mobile nelle aree dove risiede, o in aree che hanno la stessa copertura. D’estate, quando in molti ci spostiamo in vacanza in aree meno coperte, per esempio, il dato diminuisce e meno persone hanno accesso alla rete 4G.
I ripetitori da cui TIM invia il suo segnale in Italia sono in tutto 18mila: ce ne sono ancora diverse migliaia da aggiornare al 4G, ma la società dice che il lavoro sarà terminato entro i prossimi due anni, garantendo l’obiettivo del 95 per cento, promesso nel suo Piano industriale.
Ogni ripetitore da aggiornare è in un certo senso una storia a sé, perché il livello di difficoltà per farlo dipende da diverse cose: da dove si trova, se in centro città o su un colle sperduto nella campagna; da quanto sono datati i suoi componenti; dalla capacità o meno del traliccio di reggere nuove antenne. TIM deve fare arrivare al traliccio la sua fibra ottica, poi aggiungere i componenti elettronici per il 4G e infine i ripetitori veri e propri che irradieranno il segnale. In molti casi quest’ultima parte dell’operazione non è necessaria, perché le antenne più recenti 3G sono già predisposte per il passaggio al 4G. I costi per un’operazione di questo tipo sono molto variabili e possono raggiungere i 20-25mila euro per ogni ripetitore, spiegano in Telecom. Se invece è necessario installare una nuova radiobase i costi aumentano e possono essere necessari 80mila euro per completare il lavoro.
I tempi non sono comunque condizionati solamente dalla complessità tecnica del lavoro, ma soprattutto dalle lungaggini burocratiche. Prima di installare un nuovo ripetitore è necessario ottenere i permessi dalle amministrazioni locali e dall’Agenzia regionale per l’ambiente (ARPA), che deve valutare l’impatto del nuovo traliccio e che siano rispettati i limiti previsti dalla legge per le emissioni delle onde elettromagnetiche. L’intera procedura può richiedere fino a 18 mesi, dopo i quali si può iniziare la costruzione del traliccio. I tempi sono lievemente più brevi, anche dal punto di vista costruttivo, quando si tratta di aggiornare un traliccio già esistente in modo che invii il segnale 4G al posto di quelli già emessi.
Visto che sta aggiornando migliaia di ripetitori, TIM ha deciso che in quelli che non trasmettevano segnale in 3G ci sarà direttamente il passaggio a tecnologia 4G, cosa che contribuisce a raggiungere più rapidamente una maggiore quota di popolazione “coperta” dal nuovo standard. L’obiettivo è anche quello di incentivare progressivamente il passaggio a smartphone e altri dispositivi mobili più recenti, in grado di ricevere il segnale 4G e quindi di navigare più velocemente. Mantenendo i ritmi attuali, TIM confida che nel 2018 sarà raggiunto con il 4G il 98 per cento della popolazione residente, con ulteriori miglioramenti negli anni successivi.
Copertura 4G
Quasi tutte le principali città italiane sono ormai coperte dal segnale 4G con buona parte degli operatori mobili presenti in Italia. TIM dice di essere all’85 per cento circa, Vodafone che aveva già avviato cospicui investimenti su questo fronte (e non solo in Italia) dice di essere arrivata al 90 per cento. 3 Italia ha una copertura della popolazione pari al 54 per cento, mentre Wind è al 47 per cento.
Fibra ottica
Telecom Italia sta annunciando anche un altro obiettivo, che riguarda le connessioni fisse: rendere disponibile la sua fibra ottica al 75 per cento della popolazione entro la fine del 2017. Si tratta di un obiettivo molto più ambizioso rispetto a quello del 4G, perché richiede interventi sul territorio più ampi per la posa dei cavi in fibra ottica. Attualmente TIM offre la sua connessione in fibra al 40 per cento circa della popolazione. Per estendere l’offerta è necessario portare i cavi fino agli “armadi”, quelli grigi che si vedono spesso per strada, che smistano poi le connessioni alle varie abitazioni.
Nell’85 per cento dei casi per farlo è sufficiente utilizzare le infrastrutture esistenti, sostituendo semplicemente i cavi. Nel restante 15 per cento dei casi l’operazione è più complicata e si devono ottenere i permessi per aprire i cantieri, fare gli scavi, posare i cavi, riempire gli scavi e riasfaltare. Nel primo caso il costo è relativamente contenuto e Telecom stima che sia pari a circa 8mila euro per chilometro, nel secondo caso si arriva a 70mila euro per chilometro. Trattandosi di un costo importante, in questi casi gli operatori si mettono d’accordo per fare i lavori insieme, nei posti dove hanno le stesse esigenze di fare passare i cavi. Vengono quindi condivise le spese per far partire gli scavi, e poi ognuno pensa alla posa dei suoi cavi.