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  • Sabato 12 settembre 2015

Jeremy Corbyn è il nuovo capo dei laburisti britannici

Era il candidato più a sinistra di tutti, ha vinto soprattutto grazie al cambiamento di alcune regole sull'elezione del leader del partito

(AP Photo/Alastair Grant)
(AP Photo/Alastair Grant)

Il 66enne Jeremy Corbyn è stato eletto nuovo leader del Partito Laburista britannico, il principale partito di sinistra del Regno Unito, con il 59,5 per cento dei voti. La vittoria di Corbyn è stata nettissima: Andy Burnham, il secondo classificato, ha ottenuto solamente il 19 per cento dei voti. Corbyn è parlamentare dal 1983 e fino a pochi mesi fa non era molto conosciuto: in questi mesi di campagna elettorale da candidato leader, avviata dopo le dimissioni di Ed Miliband a seguito della sconfitta elettorale alle elezioni politiche di maggio, ha ottenuto molti consensi tenendo posizioni di sinistra radicale praticamente su qualsiasi tema, ragione per cui in passato si era già scontrato col suo stesso partito. Corbyn ha battuto altri tre candidati: l’ex ministro ombra della Sanità Andy Burnham, il ministro ombra degli Interni Yvette Cooper e la candidata moderata Liz Kendall. Alcuni analisti credono che Corbyn avrà grosse difficoltà a tenere unito il partito a causa delle sue posizioni politiche. Tom Watson è stato invece eletto vice-capo del partito.

Secondo i sondaggi realizzati prima del voto, Corbyn è riuscito a vincere sfruttando il sostegno dei nuovi iscritti al partito, soprattutto i cosiddetti “membri da tre sterline”, cioè coloro che si sono iscritti pagando una quota ridotta in occasione delle primarie di partito (un meccanismo vagamente simile a quello di diverse primarie passate del Partito Democratico italiano, dove anche i non iscritti hanno potuto votare pagando due euro). Un’altra ragione della sua vittoria è stata la modifica delle procedure di voto alle primarie introdotta lo scorso anno.

In precedenza alle primarie potevano votare i parlamentari e gli europarlamentari laburisti, gli iscritti al partito e gli iscritti alle organizzazioni affiliate, come alcuni sindacati. Queste tre categorie pesavano ognuna per un terzo del risultato finale, al di là del numero di voti che esprimevano. I voti dei parlamentari “pesavano” quindi molto di più per il risultato finale, rispetto ai numerosissimi voti provenienti dagli iscritti al partito e dai sindacati. Dallo scorso anno le regole sono cambiate: non ci sono più i collegi elettorali e ogni voto ha lo stesso peso. Secondo dati diffusi dallo stesso partito laburista Corbyn ha ottenuto praticamente l’85 per cento dei voti provenienti da persone fuori dal partito o dai sindacati.

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Corbyn ha 66 anni e dal giugno del 1983 è il parlamentare laburista che rappresenta il collegio londinese di Islington North. Il suo programma è piuttosto radicale per gli standard del Regno Unito: si oppone a qualsiasi cessione del pubblico all’iniziativa privata, vorrebbe nazionalizzare le ferrovie, alzare il salario minimo, tassare di più le grandi aziende e ha preso spesso posizioni a favore della Palestina e contro l’intervento del Regno Unito in Iraq. In questi anni ha criticato duramente le politiche di austerità del governo guidato da David Cameron. Vuole aumentare le tasse ai più ricchi per sostenere meglio il welfare e ha posizioni piuttosto nette anche sulla fine del programma nucleare britannico.

Corbyn è stato più volte definito un laburista “vecchio stampo”, con posizioni assai più a sinistra dei suoi predecessori. Secondo diversi analisti, lo spostamento del partito su posizioni simili a quelle di Corbyn rappresenta l’abbandono definitivo dell’eredità di Tony Blair, il leader che negli anni Novanta spostò il partito su posizioni moderate e liberali. Una tendenza del genere si era vista con la vittoria alle ultime primarie di Ed Milliband, che nel 2010 batté suo fratello David considerato più moderato e vicino a Blair.