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  • Venerdì 11 settembre 2015

Il nuovo capo del Labour inglese, oggi

Le elezioni si sono chiuse giovedì, quasi tutti sono sicuri che vincerà Jeremy Corbyn, ma non tutti

Jeremy Corbyn (Rob Stothard/Getty Images)
Jeremy Corbyn (Rob Stothard/Getty Images)

Sabato 12 settembre, il Partito Laburista del Regno Unito annuncerà i risultati delle sue elezioni interne che hanno portato alla scelta di un nuovo leader, dopo le dimissioni di Ed Miliband dello scorso maggio in seguito al deludente risultato delle elezioni politiche, vinte dai conservatori del primo ministro David Cameron. Secondo la maggior parte dei commentatori e dei media britannici, il vincitore sarà Jeremy Corbyn, parlamentare di lungo corso dato per favorito nei sondaggi realizzati in agosto. Corbyn è conosciuto soprattutto per essere stato in più occasioni contro il suo stesso partito in Parlamento e per le sue posizioni di sinistra piuttosto radicali, che non piacciono alla maggior parte dei suoi colleghi, e questo potrebbe essere un problema per tenere uniti i laburisti sotto una sua leadership. Gli altri tre candidati, con meno speranze di vincere, sono l’ex ministro ombra della Salute Andy Burnham, il ministro ombra degli Interni Yvette Cooper, la candidata moderata Liz Kendall.

Jeremy Corbyn
Jeremy Corbyn ha 66 anni, dal giugno del 1983 è il parlamentare laburista che rappresenta il collegio londinese di Islington North. Jeremy è il fratello di Piers, proprietario di un celebre centro di previsioni del tempo, ed è socialista: si oppone a qualsiasi cessione del pubblico all’iniziativa privata, vorrebbe nazionalizzare le ferrovie, alzare il salario minimo, tassare di più le grandi corporation e ha preso spesso posizioni a favore della Palestina e contro l’intervento del Regno Unito in Iraq. Corbyn è stato più volte definito come un laburista “vecchio stampo”, con posizioni assai più a sinistra dei suoi predecessori (è stato attaccato spessissimo dall’ex primo ministro Tony Blair, in queste settimane): in questi anni ha criticato duramente le politiche di austerità del governo Cameron, vuole aumentare le tasse ai più ricchi per sostenere meglio il welfare e ha posizioni piuttosto nette anche sulla fine del programma nucleare britannico.

Come funziona l’elezione del leader
Alle primarie dei Laburisti possono votare tutti i parlamentari e gli europarlamentari laburisti, gli iscritti del partito e delle organizzazioni affiliate, come alcuni sindacati. Fino allo scorso anno non tutti i voti avevano lo stesso peso: le preferenze erano suddivise in tre settori – parlamentari ed europarlamentari, iscritti al partito, iscritti a organizzazioni affiliate – e ognuna pesava per un terzo nel risultato finale, al di là del numero di voti che esprimeva. Dallo scorso anno le regole sono cambiate: non ci sono più i collegi elettorali e ogni voto ha lo stesso peso. Il 14 agosto sono state inviate per posta le schede per il voto a chi ne aveva diritto. Il 10 settembre a mezzogiorno è scaduto il termine ultimo per votare, oggi sarà annunciato il vincitore e il 27 settembre comincerà il congresso del partito.

Corbyn candidato
La candidatura di Corbyn è stata presentata all’ultimo momento grazie a 36 parlamentari che l’hanno sostenuta, ma nelle settimane seguenti il candidato alla leadership è diventato sempre più popolare, tanto da spingere diverse persone a iscriversi al partito per votarlo: dopo la sconfitta delle elezioni parlamentari, al Labour si sono iscritte 80 mila persone, per un totale di 282mila. A queste si aggiungono 70mila che si sono iscritte come “sostenitori registrati”, una formula che consente di partecipare al congresso pagando tre sterline, con la promessa di sostenere gli obiettivi e i valori del Labour. Ci sono infine 92mila persone che fanno parte delle associazioni affiliate.

Corbyn ha una buona base di sostenitori che hanno partecipato molto alla sua campagna di comizi e interventi pubblici, ma deve fare i conti col fatto di essere poco popolare all’interno del partito, soprattutto tra i laburisti blairiani. In un articolo sul Guardian Blair aveva invitato gli elettori a votare per chiunque altro, scrivendo che una sua vittoria porterebbe il Partito Laburista “alla rovina, se non al totale annientamento”. Per Blair, Corbyn ha una visione del mondo antiquata e propone soluzioni ampiamente superate dalla storia: quelle che il partito proponeva ostinatamente negli anni Ottanta, finendo per consegnare il paese ai Conservatori di Margaret Thatcher.

L’articolo di Blair ha portato a una lunga discussione e a qualche polemica all’interno del partito. I sostenitori di Corbyn hanno risposto dicendo che le sue idee sono un’occasione per riportare il partito alle posizioni originarie. Corbyn non ha comunque il sostegno dei moderati e, da qualche settimana, si parla anche della possibilità di un abbandono del partito da parte degli esponenti più centristi.

Favorito
L’Economist scrive che Corbyn è diventato favorito sostanzialmente grazie a una serie di “accidenti” e fortunate circostanze. La prima è stata la candidatura all’ultimo momento grazie a 36 parlamentari, che hanno detto di non volere votare per lui, ma di essere interessati a rendere più dinamico il confronto tra i candidati alla leadership: Corbyn ha sfruttato l’occasione ed è riuscito a mettersi al centro del dibattito. A questo si aggiunge che con le nuove regole introdotte lo scorso anno, i parlamentari hanno poco potere per fermare un candidato poco gradito, perché ogni singolo loro voto vale in sostanza quanto il voto di un iscritto al partito. Corbyn gode poi del sostegno dei nuovi iscritti, che stanno cambiando gli equilibri all’interno dell’elettorato laburista.

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Non tutti sono comunque convinti che Corbyn ce la possa fare tranquillamente. L’Independent ha scritto un articolo in cui elenca quattro motivi per cui la sua elezione non è ancora scontata. Non ci sono stati più sondaggi affidabili sulle primarie dal 10 agosto scorso, quindi prima che buona parte degli esponenti storici e non del partito si pronunciassero contro Corbyn, insieme con gli editoriali di diversi giornali. Gli stessi sondaggi realizzati fino ad agosto potrebbero avere usato criteri sbagliati, considerata la variazione dell’elettorato tra gli iscritti al partito, molti nuovi iscritti potrebbero non essere riusciti a votare e, infine, il sistema per l’elezione è basato sul voto alternativo (l’elettore non vota una sola persona, ma esprime un ordine di preferenza), cosa che di solito indebolisce i candidati più controversi.

Il Guardian è meno scettico e in diversi articoli pubblicati negli ultimi giorni parla di Corbyn come del vincitore più probabile, ma al tempo stesso più rischioso per mantenere unito il partito. L’Express ha pubblicato le quote per ciascun candidato: l’elezione di Corbyn è data 7/1 come quella di Cooper, per Burnham 10/1 e per Kendall 100/1.