In difesa di Giovanni Scattone
E del suo diritto ad avere ormai scontato la sua pena per l'omicidio di Marta Russo, e a non doversi scusare, secondo Giovanni Valentini su Repubblica
In prima pagina su Repubblica di giovedì, il giornalista e commentatore del quotidiano Giovanni Valentini interviene con una posizione poco espressa in questi giorni – e in generale – sul tema dei pari diritti per chi ha scontato una pena in carcere, e in particolare sul nuovo lavoro di insegnante di Giovanni Scattone, condannato a suo tempo per l’omicidio della studentessa Marta Russo (anche questa stessa questione si era già posta): lavoro che Scattone ha oggi deciso di rifiutare.
A vent’anni dall’uccisione di Marta Russo, il rispetto per la sua memoria e per il dolore inconsolabile della famiglia non impedisce oggi di avere rispetto anche per il dramma umano di Giovanni Scattone, condannato come autore di quel delitto.
Possiamo capire e giustificare la reazione della madre della vittima e di quanti ritengono “inopportuno” che ora l’ex assistente di Filosofia del Diritto torni a insegnare in un liceo romano. Ma non si può condividere l’ondata d’indignazione suscitata da questa notizia: né tantomeno le ambiguità o le ipocrisie di chi non se la sente di prendere posizione o comunque trova più conveniente pilatescamente non assumerla. Mettiamo da parte – allora – i sentimenti e le emozioni, per cercare di ragionare in termini civili, Cioè da cittadini consapevoli e responsabili.
Al termine di un lungo e controverso processo, Scattone è stato condannato per omicidio colposo. Non volontario. Equiparabile a un incidente automobilistico, Un delitto per caso, accidentale, commesso per sbaglio o per errore. Se per la Giustizia è stato lui a uccidere, per quella stessa Giustizia non aveva l’intenzione di uccidere; se ha sparato, l’ha fatto maneggiando incautamente una pistola (mai ritrovata) e sporgendo il braccio da una finestra.
(continua a leggere sul sito Ristretti Orizzonti)