Che aria tira in Catalogna
A fine mese si vota per il parlamento regionale, ed è diventata di nuovo un'occasione di fare i conti sull'ipotesi di indipendenza dalla Spagna
Il 27 settembre i cittadini catalani voteranno per eleggere 135 nuovi membri del parlamento della Catalogna e, di conseguenza, un nuovo presidente della Catalogna, la regione nordorientale della Spagna dove si trova Barcellona. Le elezioni si sarebbero dovute svolgere nel 2016 ma l’attuale presidente della Catalogna – Artur Mas – ha deciso di anticiparle. Mas è stato eletto nel 2012 e aveva basato la sua campagna elettorale sulla promessa di fare un referendum per l’indipendenza della Catalogna, una regione con una fortissima identità culturale e storica – a cominciare dalla lingua, il catalano – e che già gode di una relativa autonomia dalla Spagna e in cui ci sono vivaci spinte verso l’indipendenza da sempre. Mas non è però riuscito a organizzare un vero referendum sull’indipendenza catalana – perché la Corte costituzionale spagnola non lo ha consentito – e ha quindi deciso di trasformare le prossime elezioni in una sorta di referendum implicito sull’ipotesi di indipendenza catalana: votare per la coalizione di Mas vorrà dire essere per l’indipendenza, votare per i suoi avversari vorrà dire essere contrari.
Mas aveva convocato nel 2014 una consultazione ufficiosa (non riconosciuta dal governo spagnolo e senza alcun valore legale) a cui partecipò circa il 35 per cento dei catalani, l’80 per cento dei quali votò per l’indipendenza della Catalogna.
Le principali coalizioni che si presenteranno alle elezioni del 27 settembre sono tre: “Junts pel sì” (“Uniti per il sì”), “Catalunya Sí que es Pot” (“Catalogna, si può fare”) e Ciutadans, la versione “catalana” di Ciudadanos, un partito nazionale nato in Catalogna nel 2006 e che non si dichiara né di destra né di sinistra, ma post-nazionalista e progressista. “Junts pel sì” è una coalizione che unisce sia conservatori (come Mas) che indipendentisti con posizioni chiaramente di sinistra: la coalizione ha come obiettivo l’indipendenza, a prescindere dalle differenze politiche tra i partiti che ne fanno parte, il suo candidato presidente è Raul Romeva, un politico di sinistra. “Catalunya Sí que es Pot” è una coalizione che unisce partiti di sinistra ed è vicina a Podemos, il partito contestatore e di sinistra fondato nel 2014. “Catalunya Sí que es Pot” è – in sintesi – a favore di un aumento dell’autonomia della Catalogna, ma non della sua indipendenza totale dalla Spagna.
In Catalogna la questione relativa all’indipendenza è molto discussa da anni e secondo un recente sondaggio i cittadini catalani sembrano equamente divisi tra quelli pro e quelli contro l’indipendenza, con un piccolo vantaggio per i “no”. Il sistema elettorale catalano è però proporzionale e anche senza la maggioranza dei voti “Junts pel sì” potrebbe ottenere la maggioranza in parlamento (68 seggi su 135). Mas ha già fatto sapere che secondo lui la maggioranza in parlamento (anche senza la maggioranza dei voti) sarebbe sufficiente per intraprendere la strada verso una “dichiarazione unilaterale d’indipendenza” della Catalogna, che lui dice di voler ottenere entro 18 mesi. Anche Romeva si è detto favorevole a una “indipendenza unilaterale”, motivata secondo lui dal fatto che negli ultimi anni la Spagna ha punito la Catalogna “con leggi ingiuste e multe esagerate”. El Pais scrive che Mas ha recentemente criticato la proposta del governo spagnolo di aumentare alcuni poteri della sua Corte costituzionale: secondo Mas questa scelta è stata fatta per limitare le possibilità della Catalogna di arrivare ad un referendum ufficiale. Il grande quotidiano spagnolo, tra l’altro, oggi pubblica un editoriale molto severo contro Mas e la sua pretesa di coinvolgere tutti i catalani che rappresenta nelle sue aspirazioni indipendentiste, anche in una lettera indirizzata allo stesso Pais e pubblicata insieme all’editoriale.
Negli ultimi giorni del 2015 – probabilmente il 20 dicembre, scrive El Pais – ci saranno le elezioni generali spagnole. Dopo pochi mesi dalle elezioni di settembre i cittadini catalani dovranno quindi tornare ai seggi e con ogni probabilità – a prescindere dai risultati del 27 settembre – anche quel voto sarà trasformato in un nuovo e indiretto referendum sull’indipendenza catalana.