Il bambino morto in prima pagina
Il direttore della Stampa spiega la scelta del suo giornale su un tema oggi molto discusso
Molti giornali – non solo in Italia – hanno pubblicato oggi in prima pagina o nelle pagine interne la foto del corpo di Aylan Kurdi, il bambino siriano di tre anni trovato morto su una spiaggia della Turchia in seguito al naufragio della barca che lo stava portando con la famiglia verso la Grecia. All’estero la fotografia è stata pubblicata sulle prime pagine di giornali come El Mundo (Spagna), Le Soir (Belgio), Irish Examiner (Irlanda), Publico (Portogallo), The Independent (Regno Unito), solo per citarne alcuni, mentre altri hanno pubblicato la foto di un soccorritore mentre recupera il corpo del bambino, visibile parzialmente (scelta analoga è stata fatta dal Post). In Italia la fotografia della morte di Aylan Kurdi è stata pubblicata in prima pagina dal Manifesto, dal Mattino e dalla Stampa, accompagnata da un editoriale del suo direttore Mario Calabresi che ha spiegato le motivazioni di questa scelta.
Si può pubblicare la foto di un bambino morto sulla prima pagina di un giornale? Di un bambino che sembra dormire, come uno dei nostri figli o nipoti? Fino a ieri sera ho sempre pensato di no. Questo giornale ha fatto battaglie perché nella cronaca ci fosse un limite chiaro e invalicabile, dettato dal rispetto degli esseri umani. La mia risposta anche ieri è stata la stessa: «Non la possiamo pubblicare».
Ma per la prima volta non mi sono sentito sollevato, ho sentito invece che nascondervi questa immagine significava girare la testa dall’altra parte, far finta di niente, che qualunque altra scelta era come prenderci in giro, serviva solo a garantirci un altro giorno di tranquilla inconsapevolezza.
Così ho cambiato idea: il rispetto per questo bambino, che scappava con i suoi fratelli e i suoi genitori da una guerra che si svolge alle porte di casa nostra, pretende che tutti sappiano. Pretende che ognuno di noi si fermi un momento e sia cosciente di cosa sta accadendo sulle spiagge del mare in cui siamo andati in vacanza. Poi potrete riprendere la vostra vita, magari indignati da questa scelta, ma consapevoli.
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