Le contestate elezioni in Tucumán, Argentina
I guai seguiti a un'elezione locale – proteste, arresti, scrutini lunghissimi, accuse di frode – potrebbero essere un anticipo di quello che si rischia con le presidenziali del 25 ottobre
Da più di una settimana ci sono proteste e grandi manifestazioni in Tucumán, una provincia nel nord ovest dell’Argentina, che è anche la più piccola del paese. Lo scorso 23 agosto si sono svolte le votazioni per l’elezione del nuovo governatore della regione: secondo i primi conteggi sono state vinte da Juan Manzur, candidato del “Fronte per la vittoria” (FPV), il partito della presidente Kirchner. I risultati sono stati però contestati dai candidati sconfitti, dai loro sostenitori e da migliaia di cittadini che non hanno alcun legame diretto con i partiti. La situazione è piuttosto caotica e diversi analisti pensano che rappresenti un’anticipazione di quello che potrebbe accadere alle elezioni presidenziali previste per il prossimo 25 ottobre.
Juan Manzur, il presunto vincitore, è un medico e politico di origine libanese: è stato ministro della Salute nel governo Kirchner e prima ancora vice governatore di José Alperovich, al potere nella provincia di Tucumán da dodici anni. Secondo il conteggio preliminare Juan Manzur era in vantaggio di quasi quindici punti percentuali su José Cano, presidente di Union Cívica Radical, partito socialdemocratico, laico e sostenitore di una democrazia liberale.
Subito dopo la proclamazione dei primi risultati ci sono state però denunce di frode e manifestazioni di protesta a cui hanno partecipato anche diecimila persone, con violenti scontri con la polizia, feriti e diversi arresti. I manifestanti chiedono nuove elezioni, l’opposizione chiede l’annullamento di quelle che si sono appena svolte. Lo scorso lunedì lo scrutinio (che era arrivato quasi all’82 per cento del totale) è stato interrotto, sono ricominciati in vari distretti i riconteggi delle schede e i risultati definitivi sono attesi per la metà di settembre.
Il governo argentino è intervenuto nella questione denunciando i tentativi ancora in corso di delegittimare le elezioni. Il capo di gabinetto Aníbal Fernández ha denunciato la violenta repressione della polizia contro i manifestanti che hanno protestato negli ultimi giorni, ma ha anche accusato le opposizioni di non rispettare la volontà popolare e di aver organizzato in modo strategico la protesta a proprio favore.