Arrestati per sbaglio, ma per colpa loro
La storia paradossale di tre tunisini accusati di terrorismo, incarcerati per due anni e mezzo e poi assolti, ma a cui non è stato garantito un risarcimento per l'ingiusta detenzione
Luigi Ferrarella ha raccontato sul Corriere della Sera di martedì 1 settembre la storia paradossale di tre cittadini tunisini: arrestati su richiesta delle autorità italiane per terrorismo, tenuti in carcere per due anni e mezzo senza processo e poi assolti, ma a cui è stato negato il risarcimento per l’arresto ingiusto perché i loro comportamenti “negligenti” avevano ingannato l’autorità giudiziaria che li aveva incarcerati per più di due anni. Secondo i giudici che hanno respinto la richiesta di risarcimento dei tre tunisini, dunque, il fatto che il processo non abbia stabilito la loro colpevolezza non è una condizione sufficiente per sostenere che le misure cautelari nei loro confronti fossero eccessive e inutili. Tra i comportamenti che in qualche modo hanno giustificato un’ingiusta detenzione ci sono, riporta Ferrarella, dei contatti telefonici con un’altra persona poi condannata.
Due anni e mezzo di custodia cautelare per «associazione con finalità di terrorismo internazionale», poi l’assoluzione: ma quando chiedono l’indennizzo per ingiusta detenzione, se lo vedono negare perché le loro «condotte sommamente incaute e negligenti» come i contatti telefonici con un connazionale poi condannato, lui sì, a 8 anni contribuirono a «una situazione di allarme sociale idonea, secondo una valutazione ex ante, a trarre in inganno l’autorità giudiziaria e rendere necessario» l’arresto nella fase delle indagini. Fosse successo a tre colletti bianchi italiani, non sarebbe passato inosservato come ora che invece capita a tre tunisini assolti nel 2010 dopo l’arresto a Londra nel 2007 in un’inchiesta di Milano sull’«invio di volontari in Iraq e Afghanistan».
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