10 cose su Le Corbusier
Cinquant'anni fa morì un rivoluzionario architetto del Novecento, che immaginò e costruì nuove case, città e oggetti (almeno uno lo conoscete tutti)
di Arianna Cavallo – @ariannacavallo
Il 27 agosto del 1965 morì a 77 anni a Roquebrune Cap Martin, in Francia, Le Corbusier: architetto, urbanista e designer svizzero naturalizzato francese, considerato uno dei più importanti e innovativi del Novecento. Le Corbusier è considerato tra i fondatori dell’architettura contemporanea, esponente del Movimento Moderno e del Brutalismo: ha progettato rivoluzionarie residenze private – come la Ville Savoye, in Francia – diventate un modello per l’architettura, ed edifici pubblici in tutto il mondo; ha inventato soluzioni abitative moderne come le Unitées d’Habitation; ha pianificato città ispirate a visioni utopistiche, come Chandigarh, capitale dello stato indiano del Punjab; e ha inventato mobili di arredamento entrati a far parte della cultura popolare occidentale.
1. Perché “Le Corbusier”
Le Corbusier si chiamava in realtà Charles-Édouard Jeanneret-Gris. Nacque il 6 ottobre del 1887 in Svizzera, in una famiglia di orologiai; nel 1920, quando aveva 33 anni e viveva a Parigi, inventò lo pseudonimo “Le Corbusier” per firmare gli articoli che pubblicava sulla rivista L’Esprit nouveau, che aveva fondato insieme a un amico, il pittore Amédée Ozenfant. Lo pseudonimo – allora una pratica comune tra gli artisti a Parigi – era ispirato al cognome del nonno materno Lecorbésier, storpiato per ricordare anche quello del suo maestro, l’architetto svizzero Charles L’Eplattenier. In molti presero a chiamarlo semplicemente Le Corbu: il suono ricorda la parola francese corbeau, cioè corvo, e per questo Le Corbusier firmava le sue lettere abbozzando la testa di un corvo.
2. Le sue idee politiche
Delle idee politiche di Le Corbusier si è parlato di nuovo negli ultimi mesi dopo la pubblicazione di due libri: Le Corbusier, un fascisme francais del giornalista Xavier de Jarcy, e Un Corbusier di Francois Chaslin. Le due biografie analizzano la sua corrispondenza privata, da cui emergono idee fasciste, antisemite, razziste e ammirazione per Hitler. Negli anni Venti avrebbe aderito al Partito fascista francese e fondato due riviste insieme al presidente Pierre Winter, di cui era amico; negli anni Trenta tenne a Roma lezioni di architettura su invito di Mussolini e nel 1941 si trasferì per 18 mesi a Vichy, nella speranza di collaborare con il regime filo-nazista. I suoi progetti urbanistici furono però rifiutati dal governo e Le Corbusier si ritirò dalla politica, cercando di presentarsi come un perseguitato. Secondo molti il suo fu soprattutto un tentativo spregiudicato di ottenere una commissione, più che un’adesione al regime.
3. I pilastri
Nel 1923 Le Corbusier pubblicò Verso una architettura, in cui espone le sue rivoluzionarie idee sull’architettura moderna, considerate tuttora fondamentali. Il testo tratta in particolare cinque grandi principi, possibili attraverso l’introduzione del cemento armato:
– i pilotis, cioè i pilastri che sorreggono un edificio e lo isolano dal terreno
– il toit terrasse, cioè il tetto a terrazza, con giardino e piscina
– il plan libre, cioè la pianta dell’edificio libera
– la façade libre, cioè la facciata libera, senza schemi prestabiliti
– la fenêtre en longueur (o finestra a nastro), che taglia la facciata della casa in lunghezza, rendendo l’interno luminosissimo
Tutti questi elementi sono presenti nella Ville Savoye a Poissy, non lontano da Parigi, costruita tra il 1928 e il 1931, e probabilmente l’edificio più famoso del Movimento Moderno.
L’altro principio fondamentale della sua architettura è il Modulor, cioè una scala di grandezze basate sulle misure standard del corpo umano, sulla successione di Fibonacci e sulla sezione aurea. L’idea è che lo spazio e gli oggetti devono accordarsi armoniosamente alla figura umana. Il Modulor implica anche un’architettura standardizzata, replicabile in serie, estremamente funzionale.
Il Modulor di Le Corbusier (© FLC-ADAGP)
4. Baker, Gallis e la sua vertebra
Nel 1929 Le Corbusier ebbe una relazione con la ballerina e cantante Josephine Baker, che ritrasse nuda in alcuni bozzetti; nel 1930 sposò la modella tedesca Yvonne Gallis che, pare, gli proibì di parlare di architettura a tavola. Le Corbusier la tradì più volte ma quando morì, nel 1957, salvò dalla cremazione una sua vertebra e la portò sempre con sé, in tasca o sulla scrivania.
5. La Ville Radieuse
Nel 1935 Le Corbusier pubblicò La Ville Radieuse, un trattato in cui descriveva la città ideale, funzionale e organizzata: edifici governativi, università, aeroporto e stazione a nord; a sud la zona industriale e ai lati quella residenziale, costituita da grattacieli che occupano solo il 12 per cento della superficie per far spazio alle zone verdi. Le strade per i pedoni e le autostrade avrebbero seguito percorsi diversi, mentre il trasporto pubblico sarebbe avvenuto sottoterra. Nel 1951 il primo ministro indiano Nehru gli diede il compito di progettare Chandigarh, la nuova capitale del Punjab, permettendogli di realizzare la sua utopia urbanistica.
Le Corbusier progettò anche i sei edifici del Campidoglio della città e la famosa Main Ouverte, una scultura alta 26 metri che rappresenta una mano aperta in segno di pace e riconciliazione, un simbolo ricorrente nella sua architettura. In India si discute ancora molto di Chandigarh, diventata nel tempo il simbolo dei difetti delle teorie di Le Corbusier: una città fredda, anonima, che non tiene conto della tradizione locale e che tende a ghettizzare i più poveri.
La Main Ouverte a Chandigarh (© FLC-ADAGP)
6. La Cité Radieuse di Marsiglia
Nel 1952 viene inaugurata la prima Unité d’Habitation, a Marsiglia, conosciuta anche come la Cité Radieuse, un complesso di appartamenti di 17 piani che può ospitare fino a 1.600 persone, in 337 appartamenti di 23 tipologie differenti: dal monolocale all’appartamento per dieci persone. Era una sorta di quartiere strutturato in verticale, con all’interno strade e negozi dove fare acquisti, un interfono che permetteva agli abitanti di parlare tra loro, e giardino, piscina e parco giochi sul tetto. Su modello di quella di Marsiglia vennero realizzate altre quattro Unitées: una a Nantes-Rezé, Firminy, Briey (in Francia), e Berlino Ovest, in Germania. Considerata a lungo strana e brutta, oggi la Cité Radieuse è stata rivalutata e ospita una ricchissima attività culturale.
7. Le critiche di Dalì
Salvador Dalì, l’artista spagnolo celebre per la sua arte bizzarra e surrealista, non era un grande estimatore di Le Corbusier. Disse che i suoi edifici erano «i più brutti e inaccettabili al mondo» e addirittura che la sua morte lo riempiva di gioia: «Le Corbusier era una creatura pietosa che lavorava col cemento armato». Dalì comunque portò dei fiori sulla sua tomba: «Da una parte lo detestavo, dall’altra sono un tremendo vigliacco».
8. La Chaise longue
Anche se non conoscete Le Corbusier, c’è almeno un suo oggetto di arredamento che avete visto almeno una volta nella vita, sulle riviste o in tv: è la famosa Chaise longue (LC4) del 1928, evoluzione funzionale dei sofà allungati che si erano diffusi in Francia nell’Ottocento. Un altro suo pezzo di arredamento di gran successo è il Grand confort, che avrete probabilmente visto in studi e sale riunioni.
La Chaise longue di Le Corbusier (© FLC-ADAGP)
9. La morte in mare
Le Corbusier morì a Roquebrune Cap Martin, in Costa Azzurra, dove si trovava in vacanza ospite da amici. Il suo medico gli aveva consigliato di non fare lunghe nuotate, ma la mattina del 27 agosto 1965 si tuffò in acqua allontanandosi anche 50 metri dalla costa; i turisti ritrovarono il suo corpo che galleggiava sull’acqua. Probabilmente si trattò di un infarto, anche se secondo alcuni Le Corbusier – che aveva detto una volta “come sarebbe bello morire nuotando verso il sole” – aveva deciso deliberatamente di morire. I funerali si tennero il primo settembre a Parigi, davanti al Louvre.
Le Corbusier è sepolto insieme alla moglie a Roquebrune, in una tomba da lui progettata.
La tomba in cui Le Corbusier è sepolto con la moglie Yvonne, a Roquebrune Cap Martin.
(shivapat)
10. I suoi committenti
I lavori più ammirati di Le Corbusier – come capita anche agli archistar contemporanei – non soddisfacevano sempre i committenti. Pierre ed Eugenie Savoye, i committenti della Ville Savoye, gli scrissero più volte per lamentarsi: «Piove nel salone, sulla rampa, e il muro del garage è totalmente zuppo», e la casa era talmente piena di umidità e perdite che non ci si poteva abitare. Avere a che fare con lui non era poi facilissimo: si infuriò quando scoprì che il ricco collezionista Raoul La Roche aveva appeso quadri in una zona della casa che per lui doveva restare sguarnita. La Roche dovette anche sopportare lo sforamento del budget, finestre che non funzionavano e grossi problemi di illuminazione. Tra gli scontenti ci furono anche i genitori di Le Corbusier: progettò loro una casa talmente costosa che dovettero venderla. Gliene costruì un’altra che aveva molte perdite e problemi di riscaldamento: per anni, mentre Le Corbusier rivoluzionava il modo di costruire case in tutto il mondo, sua madre gli scrisse lettere per lamentarsi di quella che aveva progettato per loro.