Contro l’insalata
La consideriamo un cibo salutare, nutriente e poco calorico, ma è un lusso la cui preparazione consuma moltissime risorse
di Tamar Haspel – Washington Post
La popolazione mondiale è in aumento e per questo è sempre più importante mangiare meglio e coltivare meglio: e chi per mestiere pensa ai modi migliori per farlo ha già indicato quali sono gli alimenti che rappresentano un problema. Per esempio le mandorle, per la quantità di acqua che richiedono; il mais, perché è una monocoltura; il manzo, per i gas serra che produce. C’è del vero in tutto questo, ma nessuno di questi cibi è dannoso al cento per cento. Invece esiste un alimento per cui non c’è quasi niente da fare. Coltivarlo fa sprecare superficie di terra preziosa, spedirlo in giro per il mondo e mantenerlo al fresco richiede carburante fossile: e tutto questo solo per un po’ di croccantezza in più nel piatto. Sto parlando dell’insalata, e queste sono le tre ragioni principali per cui dobbiamo rivalutare quello che ne pensiamo.
L’insalata verde ha un bassissimo apporto nutritivo
La cosa più sbagliata delle insalate è la lattuga, e la cosa più sbagliata della lattuga è che è uno spreco di risorse sotto forma di foglie verdi. Una delle persone con cui ho parlato è il consulente di biologia Charles Benbrook. Con il collega Donald Davis ha sviluppato un indice che calcola la qualità nutritiva di un alimento: classifica ogni cibo in base a quanti principi nutritivi fornisce ogni cento calorie. Quattro degli ultimi cinque cibi in classifica sono ingredienti tipici delle insalate: cetrioli, ravanelli, lattuga e sedano (il quinto è la melanzana).
Il profilo nutrizionale di questi alimenti può essere spiegato con un semplice fatto: sono composti quasi soltanto d’acqua. Anche se l’acqua è molto presente in quasi ogni verdura (la patata dolce, uno degli ortaggi composti da meno acqua, ne ha il 77 per cento), quelle quattro sono ai primi posti della classifica, con una percentuale d’acqua compresa tra il 95 e 97 per cento. Un cespo di lattuga iceberg ha lo stesso contenuto d’acqua di una bottiglia di Evian (per una bottiglia da un litro: 96 per cento d’acqua, il 4 per cento di bottiglia) ed è solo un po’ più nutriente.
Prendete le foglie di cavolo. Sono costituite dal 90 per cento d’acqua, che sembra ancora una bella quantità. Se paragonate alla lattuga però, ogni mezzo chilo di foglie di cavolo contiene circa il doppio di cose che non sono acqua, cioè sostanze nutritive. È anche probabile che ne mangerete di più, perché le cucinate. Una grossa porzione di lattuga invece sembra una grossa quantità ma se per esempio cucinate in padella (cosa che non consiglio) due tazze di insalata romana, vedrete che si riducono a uno o due bocconi.
Insieme al problema nutritivo c’è quello della spesa. Per fare una classica insalata verde – composta, diciamo, da un cespo di lattuga, un cetriolo, e una manciata di ravanelli – spendo al mio supermercato circa due euro e mezzo. Per quella cifra potrei comprare oltre un chilo di broccoli, di patate dolci o una qualsiasi verdura surgelata, e ognuna di queste opzioni sarebbe un contorno più nutriente per il mio pollo arrosto.
La lattuga in sostanza è un modo per trasportare acqua fresca dalla fattoria alla tavola. Quando passiamo a verdure che sono il doppio più nutrienti, come le foglie di cavolo o i fagiolini, non solo liberiamo metà dei terreni ora destinati alla lattuga, ma risparmiamo anche sul carburante e le altre risorse impiegate per trasportarla e conservarla.
Salvate il pianeta, mollate l’insalata.
Le insalate ingannano chi sta a dieta facendogli fare scelte sbagliate
Molto di quel che nei ristoranti viene spacciato come insalata è semplicemente uguale al resto del cibo pieno di calorie e diabolicamente gustoso che ci fa ingrassare, con in più un po’ di foglie di lattuga buttate in mezzo. La prossima volta che ordinate un’insalata, anzi “un’insalatona”, fate un piccolo esperimento: immaginatela senza lattuga, cetrioli e ravanelli, che sono irrilevanti dal punto di vista nutritivo e calorico. Quel che resta è una piccola pila di crostini e formaggio, con un po’ di trucioli di carota e molto condimento?
Appena un cibo viene definito insalata diventa subito un cosiddetto “health halo”. Pierre Chandon, professore di marketing a INSEAD, una scuola di finanza internazionale a Fontainebleau, in Francia, spiega che un “health halo” è un alimento che le persone identificano come salutare, tanto che smettono di fare attenzione «al suo reale contenuto nutritivo o, ancora peggio, alle porzioni di cui si servono». Non sarò la prima a dire che piatti che nei ristoranti sono descritti descritti come “insalata” sono spesso dannosi, in termini di calorie, tanto quanto o spesso addirittura di più di un piatto di pasta, un panino o un hamburger. Per esempio la catena di ristoranti americana Applebee’s serve un’insalata orientale di pollo da 1.400 calorie, mentre la versione grigliata ha solo 110 calorie in meno. Anche la Grilled Chicken Caesar, la meno calorica delle insalate nel menu, ha 800 calorie (ovviamente un’insalata non è sempre una scelta sbagliata, e Applebee ha una selezione con cibi sotto le 550 calorie).
Ho chiesto cosa pensa delle insalate a Bret Thorn, editorialista di Nation’s Restaurant News – una rivista che parla di ristoranti – ed esperto da tempo di ristorazione. «I cuochi sono consapevoli di quel che passa nella testa dei clienti. Stanno facendo una specie di lavaggio del cervello salutista» non solo con le insalatone, ma usando etichette come “fresco” e “naturale”, e cibi che sono “locali” e “stagionali”. «Un cuoco non è un nutrizionista o un attivista», ricorda Thorn. «Preparano e producono il cibo che i clienti vogliono comprare. E noi vogliamo comprare cibo fritto, cremoso, salato, dolce, o tutte queste cose insieme. Il che non significa che la giusta insalata non possa essere una buona scelta dal punto di vista nutritivo. Significa soltanto che è facile farsi fregare».
L’insalata ha ripercussioni dannose sulla nostra alimentazione
La lattuga è al primo posto di alcune classifiche poco invidiabili nel mondo del cibo. Per cominciare, è la principale fonte di sprechi alimentari: ogni anno se ne buttano più di 450 mila tonnellate. Ma è anche la principale responsabile delle malattie che si trasmettono col cibo. Secondo i Centri per il controllo delle malattie (CDC), le verdure verdi hanno causato il 22 per cento di tutte le malattie trasmesse col cibo dal 1998 al 2008. A dire il vero le “verdure in foglia”, la categoria utilizzata dal CDC, includono anche il cavolo, gli spinaci e altri tipi di ortaggi verdi, ma il motivo per cui sono al primo posto è che spesso sono mangiati crudi. Sotto forma di insalata.
Nessuna di queste cose significa che l’insalata non debba avere un ruolo nella nostra alimentazione. A me l’insalata piace, e molte volte è stata una grossa terrina di insalata sul tavolo a trattenermi dalla seconda porzione di lasagne. Le insalate che prepariamo a casa però non sono le stesse che ordiniamo al ristorante.
Un cuore di iceberg con ravanelli, bacon e gorgonzola, è qualcosa a cui non ho di certo intenzione di rinunciare. Ma mentre cerchiamo di aggiustare la nostra alimentazione, crescere le colture in modo responsabile, e far mangiare le persone in modo nutriente, forse dovremmo smetterla di immaginare che l’insalata sia un punto fermo del salutismo, e iniziare invece a considerarla come un dispendioso lusso.
© Washington Post 2015