La Macedonia e i migranti, dall’inizio
Negli ultimi giorni migliaia di migranti si erano accampati al confine con la Grecia, nonostante fosse chiuso: ora la situazione si è sbloccata, ma come ci siamo arrivati?
Domenica 23 agosto migliaia di migranti, provenienti in gran parte dalla Siria e dal resto del Medio Oriente, sono riusciti a salire su treni e autobus nella città macedone di Gevgelija, al confine con la Grecia, per dirigersi verso la Serbia e altri paesi più a nord. La situazione, al confine fra Macedonia e Grecia, era bloccata da giorni: migliaia di migranti si erano accampati sul territorio greco in attesa di passare in Macedonia, il cui confine era stato praticamente chiuso a causa delle difficoltà del governo macedone di gestire la situazione.
Diverse associazioni per i diritti umani si sono lamentate per la gestione del problema da parte della Macedonia: migliaia di persone sono state lasciate senza cibo e con poca acqua per giorni, in attesa che il confine si riaprisse, e sono state attaccate a più riprese con gas lacrimogeno e granate stordenti dalla polizia. Sabato 22 agosto sono scoppiati diversi scontri quando alcune migliaia di migranti hanno cercato di rompere il cordone di sicurezza formato dalla polizia macedone, che bloccava l’accesso alla città: almeno duemila persone sono poi riuscite a entrare nel paese, attraversando un campo non sorvegliato. Dalle metà di giugno circa 40 mila persone sono entrate in Macedonia dalla Grecia.
Oggi la polizia ha invece deciso di riaprire la frontiera e consentire il passaggio verso Gevgelija, la città da dove partono i treni diretti in Serbia. Il trasferimento di migliaia di persone si è svolto in maniera ordinata e in circa cinquemila sono già arrivati in Serbia, da dove sperano di raggiungere l’Ungheria e l’Unione Europea.
La Macedonia, che per una complicata questione di diritto internazionale è nota ufficialmente come “Ex repubblica jugoslava di Macedonia” o con l’acronimo FYROM, è un piccolo stato di due milioni di abitanti a nord della Grecia. È un paese molto povero, dove la criminalità è estremamente diffusa e che ha problemi con la sua minoranza etnica di lingua albanese. Di recente il paese è finito spesso sulle prime pagine dei giornali internazionali per un’altra caratteristica: si trova lungo il tragitto più corto che dalla Grecia porta all’Unione Europea.
In Grecia quest’anno è sbarcato un numero senza precedenti di migranti: 150 mila soltanto nei primi otto mesi dell’anno, cinquantamila più che in Italia in un paese che ha solo un sesto degli abitanti. La stragrande maggioranza di questi profughi, soprattutto siriani in fuga dalla guerra, non desidera fermarsi in Grecia, ma vuole proseguire verso la Germania o la Svezia, due paesi che hanno una politica piuttosto aperta nei confronti dei rifugiati e che ospitano già numerose comunità di siriani e di altri richiedenti asilo.
Il punto di entrata più utilizzato è quello che si trova tra il confine greco e la città macedone di Gevgelija, da dove partono i treni che portano verso la Serbia, la seconda tappa del viaggio. Negli ultimi giorni migliaia di persone hanno affollato la stazione della piccola città, mentre altri hanno utilizzato camion o altri veicoli privati. Il treno, però, è il mezzo più utilizzato perché è più economico e sicuro di un passaggio nello stretto vano di un camion.
Dalla Serbia i migranti cercano in genere di raggiungere l’Ungheria, il primo paese dell’Unione Europea sulla loro strada. Da qui, grazie agli accordi europei di libera circolazione di Schengen, i migranti sono liberi di muoversi per l’Europa. Nelle ultime settimane questo esodo ha subito un’improvvisa accelerazione. I migranti sul confine macedone sono aumentati di numero e quando la polizia ha cercato di interrompere o regolare il flusso si sono verificati gli incidenti degli ultimi giorni.
Una delle cause di questo aumento è probabilmente la recinzione che il governo ungherese sta ultimando al confine con la Serbia. È un progetto che ha lo scopo di rendere molto più difficile ai profughi oltrepassare illegalmente il confine dell’Ungheria, uno dei paesi europei che ospita già oggi il maggior numero di richiedenti asilo in proporzione alla sua popolazione. La recinzione non è stata ancora ultimata e le migliaia di profughi che hanno affollato la stazione di Gevgelija sperano di riuscire a raggiungere il paese prima che la frontiera venga definitivamente chiusa.