La storia delle email di Clinton, dall’inizio
La grana di cui si parlerà ancora per mesi, spiegata per punti per chi fin qui era distratto
di Josh Voorhees – Slate
Hillary Clinton è oggi la principale candidata a diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti. Dal 2009 al 2013 è stata segretario di Stato per l’amministrazione Obama: praticamente il ministro degli Esteri. Durante quei quattro anni Hillary Clinton ha usato il suo indirizzo privato di posta elettronica anche per le cose di lavoro, e ha poi cancellato circa la metà di quelle email. Clinton non sembra aver violato nessuna legge: il fatto che non si possa rintracciare parte delle sue email ha creato però molti dubbi. La questione è complessa e intricata, se ne parla da mesi e si dice che potrebbe compromettere la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. Josh Voorhees, giornalista di Slate, ha risposto alle principali domande sulla questione, spiegandola nel dettaglio.
A che punto siamo con la storia delle email di Hillary Clinton?
Martedì 18 agosto Hillary Clinton ha interrotto bruscamente una conferenza stampa in seguito a un agguerrito dibattito sul fatto che durante i quattro anni in cui è stata segretario di Stato ha usato un indirizzo personale di posta elettronica. Mentre Clinton stava abbandonando la conferenza stampa, un giornalista le ha urlato un’altra domanda sulla questione: riguardava le possibili conseguenze di tutta la questione nel suo rapporto con gli elettori. Clinton, evidentemente esasperata, ha detto: «È una storia di cui non mi parla nessuno, a parte voi giornalisti».
Probabilmente non gliene parlerei nemmeno io: la storia delle email è iniziata così tanto tempo fa che nemmeno mi ricordo come è iniziata. Quindi: come siamo arrivati fino a qui?
Durante i quattro anni in cui è stata segretario di Stato, Clinton non ha mai usato un indirizzo email governativo (quelli col dominio state.gov). Ha sempre e solo usato un account privato di posta elettronica, ospitato su un server personale (col dominio clintonemail.com). Fino all’estate 2014 la cosa non è mai stata notata – o perlomeno menzionata – dal dipartimento di Stato. È successo però che a un certo punto proprio il dipartimento di Stato dovesse consegnare al Congresso degli Stati Uniti (per un’indagine) le email spedite e ricevute da Clinton. Ha così scoperto che non c’era nemmeno una email nell’indirizzo governativo di Clinton.
Poi cos’è successo?
Su richiesta diretta del dipartimento di Stato – arrivata quasi due anni dopo che Clinton terminò il suo mandato da segretario di Stato – Clinton ha consegnato 30.490 messaggi spediti o ricevuti dal suo indirizzo privato. Clinton e il suo staff però hanno detto anche di aver cancellato altri 31.830 messaggi che hanno ritenuto personali. Dopo questa operazione, il server privato su cui si appoggiava l’account di posta elettronica è stato “ripulito”: tutti i dati al suo interno sono stati cancellati.
Quando la cosa è diventata di dominio pubblico?
Nel marzo 2015, grazie a un articolo del New York Times, che per primo raccontò la vicenda, scrivendo la cosa avrebbe potuto diventare un problema per Clinton.
Come si è giustificata Hillary Clinton?
Clinton e il suo staff hanno offerto diverse intricate e complesse spiegazioni, spesso ricche di termini e concetti giuridici. Ma le varie spiegazioni si riducono a quello che lei ha detto essere una questione di comodità: Clinton non voleva portarsi sempre dietro due smartphone (cosa che secondo lei sarebbe stata necessaria perché il dipartimento di Stato non le permetteva di avere indirizzi email multipli sul BlackBerry fornito dal governo). Per non dover usare due smartphone, Clinton decise di mandare e ricevere le mail di lavoro da un account personale (avrebbe potuto fare il contrario, cioè scegliere di mandare mail personali da un account di lavoro, ma quel punto le email personali sarebbero state archiviate dal governo).
È una ragione credibile?
Dipende. La giustificazione sarebbe di sicuro sembrata più credibile se alcuni mesi fa Clinton non si fosse descritta come una persona che viaggia con un BlackBerry, un iPhone, un iPad e un iPad Mini. Durante un evento organizzato nel 2011 dal dipartimento di Stato, Clinton disse di portarsi dietro molte cose quando viaggia. A questo va aggiunto il fatto che l’account privato usato da Clinton è stato creato nel 2009 e si basa su un server appositamente realizzato a Chappaqua, a New York (e la creazione di un server è tutt’altro che una cosa “semplice”).
C’è qualcosa di illegale in tutto questo?
In una parola: no.
E con più parole?
Se Jonh Kerry – l’attuale segretario di Stato – facesse oggi quello che Clinton ha fatto alcuni anni fa violerebbe la legge, che richiede ai membri del governo di copiare o inoltrare all’account governativo (entro 20 giorni) tutte le mail mandate o ricevuto dall’account privato. Quando Clinton era segretario di Stato le leggi erano diverse, meno restrittive. È però anche vero che l’amministrazione Obama e il dipartimento di Stato avevano già consigliato di utilizzare un account governativo.
Se Clinton non ha violato nessuna legge, dove sta il problema?
Clinton non sembra aver violato le norme della legge: ne ha però ignorato lo “spirito”, l’idea di partenza. Creandosi un sistema privato per le mail, Clinton si è guadagnata il diritto di avere un controllo senza precedenti su cosa poteva eventualmente rendere pubblico. I server creati per supportare l’account privato di Clinton ha infatti efficacemente protetto le mail al suo interno, impedendone l’accesso persino a istituzioni statali e governative.
Ma perché il governo aveva bisogno di conservare le mail di Clinton?
Il governo federale archivia sempre ogni documento ufficiale, così da poter fornire un dettagliato resoconto di ogni processo decisionale: al governo, ai tribunali, ai cittadini degli Stati Uniti. Il governo non può però fornire resoconti senza i necessari documenti: è inconcepibile che Clinton non lo sapesse.
Molte di quelle email sono però state mandate o ricevute da altri indirizzi (in molti casi governativi): non le si può rintracciare in questo modo?
È quello che ha detto lo staff di Clinton. È però necessario che i colleghi di Clinton usassero account governativi, e ci sono motivi per pensare che alcuni di loro non l’abbiano fatto. Sappiamo per esempio che Huma Abedin – una delle più importanti collaboratrici di Clinton – usava a sua volta un account clintonmail.com. Clinton ha anche avuto scambi di mail con politici o privati cittadini stranieri, i cui account non sono quindi controllabili dal governo degli Stati Uniti.
Ora Clinton ha però consegnato mole email: meglio tardi che mai, no?
Ne ha consegnate una parte ma ne ha cancellate 31.830. Clinton e il suo staff hanno scelto da soli cosa cancellare e non hanno mai spiegato bene come hanno fatto quella scelta. Non c’è modo di sapere se tutto quello che è stato cancellato era davvero da cancellare. La scelta su cosa tenere e cosa cancellare è stata come minimo imperfetta. A giugno il dipartimento di Stato ha detto che più di una dozzina di email su questioni relative alla Libia (dove nel 2012 ci fu un grave attentato all’ambasciata statunitense) sono state cancellate. Sappiamo che esistono quelle mail perché furono uno scambio tra Clinton e Sidney Blumenthal, un suo collaboratore che in precedenza aveva già consegnato quelle mail al governo. Non c’è modo di sapere se Clinton le ha cancellate per scelta o per errore.
Quindi è solo un problema di fiducia e di trasparenza?
All’inizio lo era. Ma da allora si è iniziato a parlare del fatto che Clinton possa aver sfruttato un vuoto legislativo per interessi privati, mettendo tra l’altro a rischio importanti informazioni riservate.
Clinton ha però detto di non aver mai mandato o ricevuto informazioni riservate dal suo account privato, è vero?
A marzo, nel suo primo commento pubblico sulla questione, Clinton ha sostenuto con ostinazione di non aver mai mandato o ricevuto informazioni riservate sul suo account privato. Man mano che si scoprivano più cose sulla questione, Clinton ha cambiato le sue affermazioni. Poche settimane fa Clinton ha detto: «Non ho mai mandato o ricevuto cose che, al tempo, fossero riservate». Il 18 agosto Clinton ha detto: «Non ho mandato nessun documento che fosse contrassegnato come riservato».
Perché le sue affermazioni sono cambiate?
L’aver detto “al tempo” implica che certi documenti sono diventati riservati dopo che Clinton li ha spediti o ricevuti. La più recente affermazione fa riferimento al fatto che esiste la possibilità che qualcuno avesse mandato a Clinton documenti riservati, magari senza contrassegnarli come tali.
E che problema c’è?
Un account privato è meno sicuro di uno governativo. C’era il rischio – seppur non esistano prove a riguardo – che qualche hacker potesse accedere a documenti riservati del governo statunitense attraverso l’indirizzo email privato di Hillary Clinton.
Quindi Clinton ha ammesso che dal suo server privato sono passate informazioni riservate?
In una parola: sì.
E con più parole?
Clinton ha sicuramente mandato o ricevuto informazioni che oggi sono considerate riservate. Quando il dipartimento di Stato ha pubblicato circa 300 email legate all’attentato di Bengasi – nel 2012, in Libia – e spedite dall’account di Clinton, una era classificata come “segreta” e le informazioni al suo interno erano oscurate su richiesta dell’FBI. In seguito un tribunale ha ordinato la pubblicazione di circa altri 60 messaggi email passati dall’account di Clinton e contrassegnati come “riservati”.
Perché un tribunale ha ordinato la pubblicazione delle email?
Giornalisti, attivisti e altre parti interessate si sono appellate al Freedom of Information Act – una legge statunitense sulla libertà d’informazione – per richiedere la pubblicazione delle email. Il dipartimento di Stato aveva inizialmente proposto di pubblicare i messaggi di Clinton (con le dovute omissioni) nel gennaio 2016, dopo la fine della revisione di tutte i messaggi. Un giudice federale ha però deciso che i messaggi dovranno essere pubblicati mensilmente, man mano che sono revisionati.
Tornando alle informazioni riservate, che tipo di informazioni sono?
Sono, per l’appunto, riservate. Possiamo saperne ben poco. In teoria le informazioni “riservate” sono quelle che, nelle mani sbagliate, permetterebbero di fare un potenziale danno alla sicurezza nazionale: in realtà – come spiega il New York Times – i governi usano maglie molto larghe per decidere cosa è riservato. Le informazioni riservata sono usate per “una varietà di motivi che non hanno nulla a che vedere con la sicurezza nazionale”.
Quindi che colpa ne ha Hillary Clinton se quelle informazioni sono state definite “riservate” solo dopo che lei le ha mandate o ricevute?
Lo staff di Clinton ha spiegato che il processo attraverso cui certi documenti diventano riservati è complesso e soggettivo: è impossibile sapere oggi cosa diventerà riservato domani. È un argomento condivisibile. Clinton era però la più importante diplomatica degli Stati Uniti e avrebbe dovuto sapere che certe informazioni erano perlomeno “sensibili” e potenzialmente riservate, anche prima che lo diventassero. Mettiamola così: Clinton non poteva sapere quali informazioni sarebbero diventate riservate, avrebbe però dovuto sapere che alcune di quelle informazioni lo sarebbero diventate.
Ci sono prove per dire che Clinton ha inviato o ricevuto informazioni sensibili e già riservate?
Sì. Alcuni investigatori federali hanno detto di aver trovato diversi segreti d’intelligence: almeno due dei quali avrebbero dovuto essere contrassegnate come “top secret”. Quelle informazioni sono riservate ora e lo erano probabilmente anche allora. Gli investigatori del dipartimento di Stato hanno detto che “quelle informazioni riservate non sarebbero mai dovute passare per un account di posta privato”.
Non sembra essere una buona cosa.
Non lo è. È illegale ricevere, essendone a conoscenza, informazioni riservate e poi re-inviarle attraverso un account privato. Gli investigatori non hanno però specificato se Clinton ha mandato o ricevuto i messaggi in questione. Se Clinton ha solo ricevuto quelle informazioni o se le ha inviate senza sapere che fossero riservate, allora avrà pochi problemi legali.
Ora cosa succederà?
I giornalisti, i Repubblicani e tutti quelli che vorranno screditare Clinton continueranno a parlare della vicenda. Nel frattempo l’FBI ha ordinato un’ispezione dell’account e del server di Clinton. Il dipartimento di Giustizia ha spiegato che – al contrario di quanto abbiano scritto alcuni (tra loro il New York Times) – l’indagine non è specificamente interessata a Clinton. L’FBI vuole soprattutto capire se qualche hacker ha mai cercato entrare nell’account di Clinton.
Dov’è ora il server?
Ci sono state molte notizie a riguardo, molte delle quali non attendibili. Secondo quanto dice Platton River, la società che lavora per Clinton, il server è stato spostato in un data center del New Jersey nell’estate 2013 e lì è rimasto fino a quando la scorsa settimana Clinton ha deciso di consegnarlo all’FBI.
Ma se Clinton ha cancellato tutto dal server, a cosa serve ora il server? Non è “vuoto”?
Gli avvocati di Clinton hanno detto che il server è stato “wiped clean”: un termine tecnico pre dire che non solo le email sono state cancellate, ma anche che il disco del server è stato sovrascritto, per evitare a chiunque di poter recuperarne i file all’interno. Tutto questo rende difficile recuperare quei file, ma non impossibile: come ha spiegato NBC News, l’FBI spera di poter ancora ottenere informazioni dal server.
Ma il fatto che Clinton abbia volutamente cancellato tutto, non indica che Clinton aveva qualcosa da nascondere?
Non necessariamente. Clinton ha detto che le sue email private riguardano lei e nessun altro e crede di non aver fatto niente di male cancellandole. Se ci credete – e se credete che erano davvero tutte private – allora ha ragione: non ha fatto niente di male nel cancellarle. Certo, se invece credete che Clinton abbia sbagliato a scegliere da sola cosa tenere e cosa cancellare, allora l’assenza di un controllo esterno crea molti dubbi.
Agli elettori tutto questo importa?
Clinton sostiene che si sta parlando di questa storia solo perché i Repubblicani non vendono l’ora di distruggere la sua candidatura e i giornalisti vanno in cerca di scandali. Secondo lei nessuno degli elettori con cui parla è interessato all’argomento. Quest’ultima cosa potrebbe essere vera, considerando che Clinton passa in realtà poco tempo con gli elettori: resta però il fatto che molti statunitensi ritengono che sotto tutto questo fumo ci sia dell’arrosto. In un recente sondaggio fatto da CNN, il 63 per cento degli elettori che si definisce politicamente “indipendente” e persino il 30 per cento dei Democratici pensa che Clinton abbia sbagliato a usare un account privato per le sue email.
Potrà davvero compromettere la sua elezione?
Questa è un’altra questione. La controversia relativa alle email ha dato ai Repubblicani un’opportunità d’oro per mettere in evidenza i difetti di Clinton agli occhi degli elettori: il suo essere sfuggente ed elusiva, soprattutto. Tutto questo potrà rendere difficile la campagna di Clinton, ma non sembra che avrà gravi conseguenze. Nate Silver – il creatore del sito FiveThirtyEight – ha detto che, considerando il passato di Clinton, era solo una questione di tempo prima che qualche scandalo percepito o reale la riguardasse. Se non fosse stato per le email, sarebbe stato per qualcos’altro.
Come andrà a finire questa storia?
Finirà lentamente, intanto. Il fatto che le email saranno pubblicate mensilmente favorisce una costante copertura mediatica, un problema per la campagna elettorale di Clinton. Il Dipartimento di Giustizia e il Congresso hanno mostrato di essere più che felici di fornire informazioni incomplete sull’indagine: continueranno quindi a esserci molte domande, prima che arrivino delle risposte definitive.
Quali sono esattamente le risposte che stiamo cercando?
Ci sono risposte che vorremmo, ma che non arriveranno mai: Clinton ha volutamente cancellato delle email di lavoro? Sapeva che c’erano informazioni riservate nel suo account personale? Ha usato di proposito il suo account per operare senza controllo?
Ci sono invece delle domande a cui potremmo trovare delle risposte: c’erano informazioni riservate (già allora) in quelle email? Chi – se qualcuno lo ha fatto – le ha dato il permesso di usare il suo account privato? Degli hacker hanno mai provato a entrare nel suo server? Se sì, ci sono mai riusciti?
© Slate 2015