Perché le opere d’arte rubate non vengono quasi mai ritrovate
I sistemi di sicurezza dei musei sono scadenti e le polizie nazionali impreparate, anche di fronte a ladri spesso improvvisati
di Justin Peters
25 anni e qualche mese fa, il 18 marzo del 1990, due ladri travestiti da poliziotti riuscirono a entrare nell’Isabella Stewart Gardner Museum – uno dei più importanti musei di Boston, negli Stati Uniti – e a rubare importanti opere d’arte di Rembrant, Vermeer, Degas e altri pittori per un valore complessivo di circa 500 milioni di dollari. I ladri non si coprirono il volto e non sembra nemmeno che avessero ben chiaro cosa stavano rubando: tagliarono alla buona alcuni quadri dalle loro cornici, ma ne avrebbero potuti rubare di più, anche più costosi. Il furto del museo di Boston fu molto discusso da giornali e dalle televisioni e nonostante l’evidente approssimazione del lavoro dei ladri nessuno è mai stato arrestato e nessuna di quelle opere è mai stata ritrovata.
Quello del museo di Boston è solo uno di molti furti di opere d’arte che nel corso degli anni hanno creato problemi agli investigatori. Si stima che ogni anno vengano rubate opere d’arte per un valore complessivo di oltre 5 miliardi di euro. Probabilmente il valore è anche molto sottostimato: molti dei furti d’arte non vengono denunciati. Le notizie di opere d’arte rubate sono relativamente comuni. Quelle che riguardano il loro ritrovamento sono invece molto più rare. Thomas D. Bazley, autore del libro Crimes in the Art World (“Crimini nel mondo dell’arte”), ha spiegato che il 90 per cento delle opere d’arte rubate non viene ritrovato.
Perché solo un’opera d’arte su dieci viene ritrovata?
Come mostra il caso di Boston, di certo non perché i ladri sono esperti e particolarmente bravi. Anzi, il motivo è il contrario: molti quadri non vengono ritrovati proprio perché chi li ruba non è particolarmente furbo. La cultura popolare ha regalato ai ladri di opere d’arte una fama che non gli appartiene: nei film i ladri di opere d’arte sono di solito gentiluomini colti e ben vestiti, capaci di architettare complessi piani che di solito prevedono inganni, acrobazie e seduzioni. Robert Wittman è un ex agente FBI che per anni ha investigato sui furti d’arte: in un libro scritto nel 2010 – Priceless: How I Went Undercover to Rescue the World’s Stolen Treasures – Wittman ha definito l’idea che il cinema ci dà dei ladri di opere d’arte una “completa fesseria”. I ricchi esteti poliglotti non fanno i furti nei musei: pagano 20mila euro per partecipare ai ricevimenti di gala che si trovano al loro interno.
La maggior parte dei furti nei musei è fatto da dipendenti dei musei che, alle volte, collaborano con criminali generici. Tanti furti funzionano così: un dipendente entra nel magazzino di un museo, prende qualcosa, lo mette in uno zaino ed esce. E spesso il tempo che passa da quando il dipendente esce a quando il museo si accorge che manca qualcosa è molto. Al contrario di quanto si pensa, molti musei hanno poi dei meccanismi di sorveglianza piuttosto scadenti. Nel 1961 qualcuno rubò dall’importante National Gallery di Londra il Duca di Wellington dipinto dallo spagnolo Francesco Goya. Se ne parlò molto sulla stampa britannica, fino a quando nel 1965 il ladro si consegnò volontariamente: era un uomo anziano, che era entrato nel museo grazie a una scala a pioli, lasciata lì da alcuni operai di un’azienda di costruzioni (sbadati, non complici).
Che siano o meno dipendenti di un museo, la maggior parte dei ladri di opere d’arte hanno comunque ben poche idee su quello che stanno rubando e su cosa farsene dopo averlo rubato. Un’opera d’arte rubata può essere venduta per circa un decimo del suo valore e il fatto che i numeri di chi compra quadri rubati non siano sull’elenco telefonico rende poi ancora più complessa la cosa. In aggiunta, più un quadro è famoso – è di solito più è famoso più vale – più è difficile venderlo.
La conseguenza è che la maggior parte delle opere rubate resta nelle mani di chi le ruba. Non ci sono giri di denaro e quindi nemmeno piste investigative da seguire. Questo non è però l’unico motivo per cui i casi che riguardano opere d’arte rubate sono difficili da risolvere. Un altro motivo è che chi dovrebbe occuparsi di quadri rubati spesso non lo fa. Il criminologo A.J.G. Tijhuis ha spiegato che “la maggior parte dei servizi di polizia non si interessa molto dei furti d’arte”. In molti paesi non esiste un’unità dedicata ai furti d’arte e non esiste neanche un database internazionale: «Se un’opera d’arte è rubata in Danimarca e arriva in Francia, la gendarmeria francese potrebbe non sapere che quell’opera è rubata».
Lo stato con la miglior unità investigativa sui furti d’arte è l’Italia, in cui il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale esiste dal 1969. Gli Stati Uniti sono messi molto peggio: per molti anni Wittman è stato l’unico investigatore dell’FBI a occuparsi di furti d’arte: «Ora che ho smesso, non c’è nessun altro», scriveva nel 2010. «C’è una squadra che si occupa di furti d’arte, ma è guidata da un archeologo». Secondo i dati forniti dall’FBI, oggi i suoi agenti speciali che si occupano di furti d’arte sono 15. Già nel 2010 il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale era invece formato da 300 persone.
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