American Apparel va molto molto male
La società di abbigliamento ha più debiti che soldi in cassa e ha perso in un solo giorno il 37 per cento del suo valore in borsa
American Apparel, il noto marchio statunitense di abbigliamento, ha gravi problemi finanziari: la società è quotata alla borsa di New York e ieri le sue azioni hanno perso in un giorno il 35 per cento del loro valore. Le azioni hanno perso circa un terzo del loro valore dopo che American Apparel ha comunicato i dati relativi al secondo trimestre del 2015: in quel periodo le sue vendite sono diminuite del 17 per cento e le perdite della società sono state di circa 17 milioni di euro. Dall’inizio dell’anno le azioni di American Apparel hanno perso l’87 per cento del loro valore e la società ha comunicato che nei prossimi mesi avrà problemi di liquidità: a ottobre la società dovrà ripagare interessi per più di 12 milioni di euro e al momento dispone di meno di 12 milioni, la metà circa dei quali le sono stati prestati da Capital One, una banca statunitense. Ha finito i soldi, in sostanza.
American Apparel è stata fondata nel 1997 a Los Angeles, in California, nel 2003 ha aperto il suo primo negozio e ora ha 260 negozi in 19 nazioni, la metà circa sono negli Stati Uniti. Il fondatore di American Apparel è Dov Charney, che negli anni ne è stato anche presidente e amministratore delegato. Grazie a Charney il marchio American Apparel è diventato un’icona dell’abbigliamento, soprattutto tra i giovani, grazie a capi semplici, colorati, sportivi e spesso promossi grazie a campagne pubblicitarie particolarmente sessiste. Nel giugno 2014 il consiglio di amministrazione di American Apparel ha rimosso Charney dai suoi incarichi di presidente e amministratore delegato per via di alcuni casi di “cattiva condotta“, tra accuse di sessismo e sospetti di violenza sessuale.
I problemi economici e finanziari di American Apparel sono noti ormai da anni e dal 2010 a oggi la società ha perso circa 270 milioni di euro. Da quando Charney è stato sostituito da Paula Schneider nel ruolo di amministratore delegato, le cose sono ulteriormente peggiorate. Il secondo trimestre del 2015 è il stato quarto trimestre consecutivo chiuso in perdita da American Apparel. La società ha spiegato che per sopravvivere sono necessari nuovi fondi e nuovi finanziatori, disposti a investire i loro soldi anche subendo “perdite parziali o totali dei loro investimenti“:
L’impresa non prevede attualmente di ottenere (da parte dei creditori) i mezzi finanziari necessari per finanziarsi nei prossimi 12 mesi senza dover realizzare un aumento di capitale o senza una transazione finanziaria.
Due mesi fa Charney – che al momento è in causa con American Apparel – ha annunciato di voler tornare a guidare la società e di avere un piano per diminuire il sessismo di American Apparel e aumentarne i profitti. Anche l’attuale guida della società – Schneider e il presidente Colleen Brown – ha detto di voler provare a migliorare i profitti di American Apparel, tagliando posti di lavoro, migliorando la gestione dei prodotti e, anche in questo caso, diminuendo il sessismo delle sue campagne. A prescindere dai cambiamenti di marketing e di approccio ai consumatori il futuro di American Apparel è però legato all’intenzione di eventuali investitori di finanziare la società, ripagandone i debiti e supportandone il rilancio.