Chi è andato bene, chi è andato male
Il Washington Post mette in fila giudizi e impressioni sul primo dibattito tv della stagione elettorale statunitense: alcuni hanno già dimostrato di essere "presidenziali"
di Chris Cillizza – Washington Post
I dieci principali candidati del Partito Repubblicano alle primarie in vista delle presidenziali del 2016 hanno discusso su un palco in tv per la prima volta giovedì notte – venerdì mattina in Italia – a Cleveland, in Ohio. È stato sbalorditivo in tutti i sensi e per ogni singolo minuto. Ho preso degli appunti durante le due ore di dibattito – me ne sarei vista volentieri una terza! – e ho scelto quelli che secondo me possono considerarsi i vincitori della serata e quelli che invece sono gli sconfitti.
VINCITORI
Marco Rubio
Chi ha un talento naturale di solito lo fa vedere soprattutto quando è più importante. Il senatore della Florida, il cui tasso di gradimento nei sondaggi sta scendendo, è stato eccezionale. È stato calmo, sempre sul punto e apparentemente molto a suo agio: anche quando è stato messo sotto pressione parlando di immigrazione, cosa che per lui avrebbe potuto essere un problema. La risposta di Rubio riguardo la sua inesperienza – «questa non è una gara di curriculum» – è stata davvero buona. La cosa più importante, comunque, è che è sembrato presidenziale. Ostacolo superato.
Megyn Kelly, Bret Baier, Chris Wallace
I tre giornalisti di Fox News che hanno condotto il dibattito. Moderare una discussione tra dieci persone – tra cui Donald Trump – non è facile. I tre di Fox ci sono riusciti benissimo e soprattutto hanno fatto le domande giuste, impegnative, ben poste, e senza tendere trappole a nessuno. Sono stati eccezionali.
John Kasich nella prima ora
Il governatore dell’Ohio è venuto fuori dalla prima ora di dibattito come un conservatore ragionevole, diverso dagli altri quanto basta. Lo ha aiutato il fatto che giocava in casa – il pubblico di Cleveland saltava dalle sedie per applaudirlo a ogni risposta – ma Kasich se l’è cavata bene anche per come ha agilmente evitato di attaccare Trump. Nella seconda metà del dibattito è sparito un po’, ma comunque la sua risposta sui matrimoni gay è stata personale ed efficace.
Ben Carson nella seconda ora
Il popolare neurochirurgo nella prima metà del dibattito non si è visto proprio. Nella seconda ora però, e soprattutto negli ultimi 15 minuti, è stato eccezionale. La sua dichiarazione conclusiva è stata tra le migliori, se non la migliore in assoluto. La strategia di Carson è semplice: più riesce a parlare del fatto che sia un neurochirurgo, meglio è.
Donald Trump
Trump è sempre il candidato più difficile da giudicare. La sua decisione di non impegnarsi a sostenere chi vincerà le primarie, chiunque questo sia, dovrebbe renderlo un po’ più impopolare tra i Repubblicani. E non lo aiuterà nemmeno quell’aria di uno che non ha idea di cosa sia la politica estera. Ma quello che ho imparato fin qui è che Trump, i suoi toni bruschi e i suoi modi prepotenti, attraggono una parte non indifferente dell’elettorato conservatore. E Trump al dibattito ha fatto Trump, antipatico e sprezzante a ogni singola risposta. «Penso che il grande problema di questo paese sia il politicamente corretto», ha detto alla giornalista Kelly a un certo punto. La gente ha applaudito, dandogli ragione. Altre volte in passato ho avuto torto su Trump, comunque. Credo che nel suo caso si vada oltre le normali previsioni sulla politica.
Carly Fiorina
Sì, ha partecipato al dibattito “minore”, quello del pomeriggio. Ma l’ex dirigente di HP si è fatta notare. Era rilassata e molto preparata sia nella politica interna che in quella estera. Anche lei è sembrata presidenziale. Credo proprio che al prossimo dibattito sarà al centro della conversazione.
Il pubblico
GRAZIE, Fox News, per non aver chiesto al pubblico di non applaudire, di non reagire, di non contestare. Non è una partita di golf! È la politica! Fateli urlare! Fateli fischiare! Ben fatto, Cleveland!
I dibattiti delle primarie
Oh, quanto mi siete mancati. Non lasciamoci mai più.
SCONFITTI
Rand Paul
Il senatore del Kentucky non ha avuto molto tempo per parlare – meno di tutti gli altri candidati – ma quando ha parlato non ha lasciato il segno. Il suo presentarsi come “un altro tipo di Repubblicano” funziona, in teoria, ma lui non è riuscito a spiegarlo come si deve fino alla dichiarazione finale. Troppo tardi. Paul non ha fatto niente per ripristinare l’entusiasmo e la curiosità che la sua candidatura riscuoteva qualche settimana fa.
Scott Walker
Il governatore del Wisconsin non se l’è cavata male. Ma era troppo scritto, troppo finto. Ha toccato tutti i tasti che voleva toccare – la lotta contro i sindacati, le tre elezioni vinte in quattro anni, i suoi valori conservatori – ma lo ha fatto come uno che ha fretta di dire tutte le cose che deve dire, invece che concentrarsi sul significato delle parole. Non terribile, ma nemmeno buono.