Cosa pensano in Zimbabwe del leone Cecil?
Leone? Quale leone? Da quelle parti i leoni sono pericolosi predatori – quando muoiono si festeggia – e il paese ha problemi molto più gravi
Un leone che veniva chiamato Cecil è stato ucciso nella prima settimana di luglio in Zimbabwe da un cacciatore statunitense. La storia ha avuto in pochi giorni una diffusione vastissima, presentata come: “un bellissimo leone, amato dalla comunità locale e dai turisti di tutto il mondo, è stato ucciso da un ricco cacciatore statunitense per farne un trofeo”. Il cacciatore che ha ucciso il leone, Walter Palmer, è diventato oggetto di una vastissima campagna che lo ha definito un “assassino” e un “orribile essere umano”: ci sono stati picchetti davanti a casa sua e davanti al suo studio, la sua pagina Facebook è stata cancellata dopo essere stata sommersa di insulti, accuse e minacce di morte, la sua vita professionale e privata è stata distrutta.
Tutte queste cose, però, sono successe in Europa e negli Stati Uniti; in Zimbabwe la notizia della morte di Cecil non è stata accolta con altrettanto trasporto e compassione. I giornali locali hanno spesso usato fonti straniere per raccontare la storia, non interessati abbastanza per mandare un giornalista sul posto, e nei migliori dei casi ne hanno parlato in qualche pagina interna senza particolare risalto. In fin dei conti è morto un leone: come ha spiegato il New York Times, la cosa in Zimbabwe negli ultimi 10 anni è successa circa altre 800 volte, senza che nessuno se ne accorgesse. Anche il fatto che Cecil fosse “il leone preferito dello Zimbabwe”, poi, non sembra trovare molta conferma fuori dai giornali occidentali che, in molti hanno notato, si sono occupati dello Zimbabwe per uno dei problemi meno rilevanti che ha il paese in questo momento.
Quando ho messo sulle notizie e ho capito che il messaggio si riferiva a un leone ucciso da un dentista americano, il bambino cresciuto nel villaggio che ancora vive dentro di me ha istintivamente gioito: un leone in meno a minacciare le famiglie come la mia. La mia gioia si è placata quando mi sono accorto che il cacciatore che aveva ucciso il leone era trattato come il cattivo della storia. [..] Tutti quegli americani che firmavano petizioni, avevano capito che i leoni nella vita vera uccidono le persone? E che tutta la storia di Cecil “amato” dai locali era solo una costruzione dei giornali?
Nzou ha raccontato al New York Times di come, quando da piccolo viveva in un villaggio dello Zimbabwe, lui, la sua famiglia e il resto delle persone vivessero in un costante stato di paura quando sapevano che c’era un leone in circolazione, e di come diverse persone fossero state uccise o ferite da un leone: abbastanza per considerarlo un nemico e non qualcosa da difendere. Quando un leone viene ucciso, in molti villaggi si festeggia. Anche quelli che vivono nelle città dello Zimbabwe, ha spiegato Nzou, non provano particolare trasporto per un leone che probabilmente non hanno mai visto: le vacanze safari nei parchi nazionali sono accessibili solo ai ricchi turisti stranieri e il turismo interno in Zimbabwe è praticamente inesistente.
Il 31 luglio, nel momento più intenso della campagna contro Walter Palmer, il ministro dell’Informazione dello Zimbabwe Prisca Mupfumir ha risposto così a una richiesta di Reuters di commentare la notizia della morte del leone: «Quale leone?». Mentre fuori da casa di Palmer c’erano centinaia di persone protestavano, e mentre la polizia del Minnesota stava indagando sulle minacce di morte che aveva ricevuto, quindi, un ministro del governo dello Zimbabwe non aveva idea della morte di Cecil. Più in generale, come aveva raccontato Reuters, nel paese la storia era a malapena diventata una notizia:
Per la maggior parte delle persone dello Zimbabwe, dove il tasso di disoccupazione è circa l’80 per cento e dove l’economia soffre ancora della super-inflazione degli ultimi anni, tutta l’attenzione ricevuta dalla storia è sembrata avere i tratti di “un problema da primo mondo”. «Sta dicendo che tutto questo casino si deve a un leone morto? I leoni vengono uccisi tutti i giorni in questo paese», ha detto Tryphina Kaseke, proprietaria di un negozio di vestiti usati a Harare. «Cos’ha di così speciale questo?». Come in molti altri paesi africani, anche in Zimbabwe grandi animali come leoni, elefanti e ippopotami sono visti come un potenziale pasto o come una minaccia che deve essere fermata.
Alex Magaisa, professore di Legge all’università del Kent originario dello Zimbabwe, ha scritto su Buzzfeed per spiegare la stessa cosa. Magaisa ha detto di aver parlato con diverse persone e amici dello Zimbabwe, senza trovarne uno solo che conoscesse Cecil o che lo ritenesse, come scritto da molti giornali – anche il Post, sulla base di quanto riferito dalle maggiori agenzie internazionali – “un simbolo dello Zimbabwe”. Molti però si ricordavano di Maswerasei, un leone famoso negli anni Ottanta per aver terrorizzato la zona rurale di Hurungwe. Magaisa ha spiegato così la situazione:
Il paese sta attraversando un periodo di grave crisi economica e comprensibilmente molte persone hanno bisogni molto pressanti a cui pensare, per esempio trovare un lavoro. Migliaia di persone sono state licenziate nelle ultime settimane dopo una decisione della Corte Suprema sul diritto dei datori di lavoro di licenziare senza liquidazione. Un attivista per la democrazia – si chiama Itai Dzamara – è scomparso diversi mesi fa, anche se è impossibile che lo sappiate grazie ai media internazionali. Quindi perdonate gli zimbabwesi se la loro attenzione non è troppo focalizzata sulla triste morte di Cecil.
In Zimbabwe molti hanno mostrato apertamente fastidio per il fatto che si parlasse del loro paese solo per via della morte di un leone e non per i suoi molti e più importanti problemi, dalla povertà alla disoccupazione: alcuni hanno addirittura elogiato il criticabilissimo governo dello Zimbabwe per aver chiesto l’estradizione di Walter Palmer. Come ha scritto
:«Per favore, non offritemi condoglianze per la morte di Cecil se non siete pronti a farlo anche per le persone uccise o affamate dai suoi simili, dalla politica o dalla fame».
Trevor Ncube, presidente di Alpha Media Holdings, una società editrice che possiede alcuni giornali in Zimbabwe, e membro del World Economic Forum, ha avuto un’articolata discussione su Twitter con Emily Smith, una giornalista di CNN, che voleva intervistarlo a proposito della morte di Cecil. Ncube ha risposto alle richieste di intervista spiegando che avrebbe accettato di parlare con CNN solo se si fosse parlato dei problemi veri dello Zimbabwe, dall’economia agli attivisti rapiti dal governo, invece che del leone morto.
I have nothing to say about #CecilTheLion Lots to say about Zim economic situation https://t.co/XJpHzqNXzD
— Trevor Ncube (@TrevorNcube) August 1, 2015
I would love to help but I refuse to talk about a lion given what is happening to Zimbabweans right now. SMH!! https://t.co/XiAC7zJGtG
— Trevor Ncube (@TrevorNcube) August 1, 2015
On condition you agree I will put the phone down the moment CNN mentions any animal which is not a human being https://t.co/Dhzff7lxEm
— Trevor Ncube (@TrevorNcube) August 1, 2015