Joe Biden si vuole candidare?
Dopo mesi di voci e retroscena, ora lo dice il New York Times: c'entra la debolezza della candidatura di Hillary Clinton ma anche la morte di suo figlio
Tra gli addetti ai lavori e nelle pagine di politica dei quotidiani statunitensi si è parlato più volte nell’ultimo anno di una possibile candidatura alla presidenza degli Stati Uniti dell’attuale vicepresidente Joe Biden: questo scenario, considerato comunque piuttosto improbabile, ha guadagnato qualche concretezza in più nell’ultimo mese, soprattutto dall’inizio di luglio, e sabato il New York Times ha pubblicato un dettagliato articolo secondo cui Biden sta seriamente pensando di candidarsi.
Biden ha 72 anni, è stato un espertissimo e rispettato senatore del Delaware, si è già candidato alla presidenza due volte (nel 1988 e poi nel 2008) ed è un Democratico molto amato e popolare, famoso per l’atteggiamento cordiale e alla mano che lo ha fatto scivolare in più di una gaffe e lo ha reso simpatico a moltissimi, ma anche per una storia personale molto drammatica e difficile: nel 1972, poche settimane dopo la sua prima elezione in Senato, la moglie e la figlia di un anno morirono in un incidente stradale, a cui sopravvissero gli altri due figli, Beau e Hunter. Il 30 maggio scorso è morto anche Beau per un tumore al cervello: aveva 47 anni ed era considerato un abile ex soldato, un uomo brillante e un politico molto promettente.
Sabato l’opinionista politica del New York Times Maureen Dowd ha scritto che Biden negli ultimi giorni ha incontrato «amici, parenti e finanziatori» nella sua casa per discutere se sfidare Hillary Clinton – che al momento non ha grossi rivali tra i candidati Democratici – alle primarie, a cominciare da quelle che si terranno il prossimo febbraio in Iowa e New Hampshire. Secondo Dowd sarebbe stato lo stesso Beau a chiedere al padre di candidarsi: in punto di morte, Beau gli avrebbe fatto promettere che si sarebbe candidato e non avrebbe lasciato la Casa Bianca in mano ai Clinton, perché credeva gli Stati Uniti sarebbero stati un posto migliore se guidati da una persona con i suoi valori. Dowd aggiunge che anche l’altro figlio di Biden, Hunter, avrebbe spinto il padre a candidarsi.
L’articolo di Dowd non cita nessuna fonte: non è chiaro chi le abbia raccontato queste cose. Sempre sabato, però, Amy Chozick ha scritto sul New York Times che i consiglieri di Biden stanno incontrando con molta discrezione potenziali sostenitori e leader democratici che non si sono ancora schierati con Hillary Clinton, e che potrebbero decidere invece di puntare su Biden. L’articolo cita funzionari del Partito Democratico e persone considerate a vario titolo vicine a Joe Biden. Al momento Clinton ha dalla sua gran parte dell’establishment e degli elettori Democratici, molti dei quali sono entusiasti all’idea di eleggere la prima presidente donna degli Stati Uniti, e ha già raccolto milioni di dollari di donazioni. Molti altri però non la vedono di buon occhio: la considerano parte dell’establishment, vicina ai potenti e lontana dai problemi della gente, fredda e inaffidabile. I sondaggi degli ultimi tempi stanno confermando questa impressione: la maggior parte degli elettori statunitensi non ha una buona opinione di lei.
La posizione di Clinton potrebbe essere indebolita anche dal caso delle email di lavoro che inviò quand’era Segretario di stato, tra il 2009 e il 2012, utilizzando un account privato, impedendone la conservazione automatica negli archivi del governo. Inoltre Clinton è ancora invischiata nelle accuse all’amministrazione Obama di aver gestito male gli attentati al consolato americano a Bengasi nel 2012, e a ottobre dovrà comparire davanti a una commissione della Camera che sta indagando sulla vicenda. Per questo molti Democratici temono che Clinton non potrà concentrarsi a pieno sulla campagna elettorale e che sarà indebolita dagli scandali finendo per allontanare molti elettori. «Non è che non ci piaccia Hillary: è che vogliamo vincere la Casa Bianca», ha detto per esempio Richard A. Harpootlian, avvocato e sostenitore dei Democratici di Columbia, in North Carolina. «Abbiamo una possibilità in più di farcela con qualcuno che non abbia tutte le distrazioni della campagna elettorale di Clinton».
A spingere per la candidatura di Biden ci sono anche quelli preoccupati che Clinton possa andare peggio del previsto alle primarie in Iowa e New Hampshire contro l’altro candidato Democratico alla presidenza Bernie Sanders, senatore di 73 anni del Vermont con posizioni molto di sinistra (si è dichiarato più volte un socialista, che nella politica americana è spesso un insulto), che piace soprattutto agli elettori maschi bianchi. Come spiega lo stratega democratico Joe Trippi: «Sarà una corsa dura, e arriva sempre quel momento in cui una fetta dell’establishment del partito inizia a borbottare e chiedersi: “non c’è nessun altro?”».
Chozick racconta che queste consultazioni sono solitamente condotte da Steve Ricchetti, capo dello staff di Biden, tra telefonate e pranzi riservati. Erano già iniziate mesi prima della morte di Beau, ma dopo si sono intensificate. Michael Thornton, avvocato di Boston e sostenitore di lunga data di Biden, ha detto che «onestamente all’inizio pensavo che non avrebbe trovato la forza» di candidarsi, ma dopo la morte di Beau «mi hanno detto che forse vuole farlo perché “è quello che Beau avrebbe voluto facessi”». Contrariamente a Clinton inoltre, l’indice di popolarità di Biden è molto alto tra gli elettori: secondo un sondaggio dell’università di Quinnipiac del 30 luglio, il 57 per cento degli intervistati non considera Clinton onesta e affidabile e il 52 per cento ritiene che non si preoccupi dei loro problemi; secondo lo stesso sondaggio Biden viene considerato onesto e degno di fiducia – le qualità più ricercate in un presidente – dal 58 per cento degli intervistati che sono anche convinti, al 57 per cento, che si preoccupi dei loro problemi. È vero però che i numeri di Clinton erano molto più alti prima che si candidasse e quando faceva il segretario di Stato: ed è plausibile che i numeri di Biden peggiorino quando smetterà di essere l’affabile uomo di Stato che ha appena perso un figlio e diventerà un candidato come gli altri.
Fonti vicine a Biden dicono che deciderà entro l’inizio di settembre. Al momento non ha in programma alcuna visita in Iowa e in New Hampshire – i primi due stati a organizzare le primarie, che i candidati battono da mesi – mentre un suo uomo di fiducia sta collaborando con lo staff di Hillary Clinton per prepararla ai dibattiti: un segno che esclude, secondo molti, che Biden finisca per candidarsi. Nel frattempo la sua portavoce Kendra Barkoff ha detto che «la famiglia di Biden continua ad attraversare questo momento difficile e il vicepresidente è concentrato sulla sua famiglia e sul suo lavoro».
Biden è famoso per essere molto abile in campagna elettorale, e sarebbe in grado di portare un po’ del calore e dell’entusiasmo che mancano invece a Hillary Clinton. Inoltre è considerato più di sinistra di Clinton e riuscirebbe ad attirare potenziali elettori di Sanders, garantendo allo stesso tempo continuità con l’amministrazione Obama e alcune delle sue politiche di maggior successo, come la riforma sanitaria e l’approvazione dei matrimoni gay.