I ragazzi che vanno al Cocoricò
Una cronaca più misurata di altre racconta il pubblico delle serate a Riccione, sul Corriere
Da lunedì 3 agosto e per 120 giorni il Cocoricò, una delle discoteche più famose di Riccione, resterà chiuso per ordine del questore di Rimini dopo che lo scorso 19 luglio un sedicenne è morto per un’overdose di ecstasy nel locale. Il Corriere della Sera di domenica 2 agosto ha pubblicato un reportage di Andrea Pasqualetto da Riccione, che – tra gli allarmismi urlati di moltissimi altri giornali e giornalisti – racconta chi sono quelli che al Cocoricò ci vanno, ci sono andati o ci hanno lavorato, e cosa pensano della decisione di chiudere la discoteca per 4 mesi. In molti, racconta Pasqualetto, ritengono sbagliata la decisione di chiudere il Cocoricò, un po’ perché non servirà a colpire il mercato della droga, visto che quella si trova anche in tutti gli altri locali e le altre discoteche, un po’ perché il Cocoricò è una delle discoteche più famose del mondo e chiuderla è un danno per le circa 200 persone che ci lavorano.
«Ehi Giampa, sveglia, digli tu qualcosa!». Sotto il sole delle cinque, dopo la nottata techno nella Piramide, Giampa stenta ad aprire gli occhi fra le sabbie libere di Riccione. «Eh?». Non ha ancora colto la portata dell’evento: hanno chiuso il Coco. Cioè, la disco dei sogni, la meta dello sballo. «Cox mi ha fatto morire ieri», balbetta pensando allo scatenato dj Carl Cox che ha animato l’ultima serata del Cocoricò, visto che da oggi la struttura ha chiuso i battenti per quattro mesi dopo la tragedia di Lamberto, il sedicenne di Città di Castello morto di ecstasy.
«A cosa serve? A chi serve chiudere? Se uno vuole trovare roba la trova anche qui sul lungomare». Arrivano da Ancona questi giovanissimi spettinati che scendono dal treno la sera prima e dormono al mare per aver dato tutto durante la notte, euro ed energie. «Chiudono il Coco? E andremo al Peter Pan o al Byblos». «Giampa, stasera c’è lo “schiuma” all’Altro Mondo».Un posto si trova, insomma. Non è un problema quello, basta un po’ di gente, di musica e qualche ragazzina da «beccare». Per loro va così. Ma c’è anche chi è seriamente dispiaciuto perché il Cocoricò non è solo sballo ed ecstasy. «Loro hanno i grossi nomi che girano il mondo: Nina Kraviz, Richie Hawtin, Capriati. Questi vengono a Riccione per il Coco, mica per il Peter Pan», aggiusta il tiro Marco Curti con la faccia di chi detesta certi ragazzini, come questi di Ancona, lui che di anni ne ha almeno venti ed è di Arezzo. «Qui ho fatto a lungo il pierre e posso dire che di droga ne gira sì, ma come dappertutto. Chiudere è una boiata pazzesca perché questa non è una discoteca. È una fabbrica che ci invidiano in tutto il mondo… L’unica cosa da fare è impedire l’ingresso a gente che ha 15-16 anni. E qui chiamerei in causa i genitori». Il suo è un pensiero diffuso fra i «vecchi» del Cocoricò. Che fanno un ragionamento di questo tipo: bloccano tutto perché è morto un ragazzino di droga, e allora dovrebbero mettere i sigilli anche alle scuole, ai parchi, alle stazioni.
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