Le accuse contro SAIPEM in Brasile
Un rappresentante della società controllata dall'ENI è accusato di avere pagato tangenti alla grande società petrolifera brasiliana Petrobas per ottenere un importante contratto
Le autorità giudiziarie brasiliane hanno accusato mercoledì la società italiana SAIPEM di essere coinvolta nel sistema di corruzione per il quale è indagata Petrobras, la grande azienda petrolifera pubblica del Brasile e una delle più grandi società al mondo del settore. I procuratori brasiliani hanno accusato l’ex dirigente di Petrobras Renato Duque di avere accettato delle tangenti da João Bernardi, un rappresentante per le vendite di SAIPEM in Brasile. Sia Duque che Bernardi sono stati accusati di riciclaggio di denaro e corruzione. SAIPEM è una società molto nota in Italia: è controllata da ENI – la più grande impresa italiana di proprietà pubblica – ed è specializzata in perforazioni e nella costruzione di oleodotti.
Nello specifico le autorità brasiliane accusano Bernardi di avere pagato a Duque un milione di dollari di tangenti (circa 910mila euro) per garantire a SAIPEM un contratto per la realizzazione di un gasdotto sottomarino per i giacimenti offshore di Lula e Cernambi, al largo delle coste sud-occidentali del Brasile. Il trasferimento di denaro sarebbe avvenuto tramite un conto bancario svizzero. Oltre al denaro, Bernardi avrebbe anche dato a Duque 13 opere d’arte dal valore complessivo di 174mila dollari (circa 160mila euro), tramite un sistema che il procuratore brasiliano Diogo Castor de Mattos ha definito «un modo innovativo di nascondere il reale beneficiario del crimine compiuto». Il Wall Street Journal e il Financial Times hanno scritto di non essere riusciti a mettersi in contatto con l’avvocato di Bernardi. Un portavoce di SAIPEM ha detto che la società deve ancora essere contattata dalle autorità brasiliane e che è comunque disposta a collaborare all’indagine.
Lo scandalo Petrobras – che riguarda appalti, deviazioni illecite di fondi pubblici e scambi di tangenti – è molto esteso e nel corso dell’ultimo anno ha messo parecchio in difficoltà anche il partito della presidente Dilma Rousseff. L’inchiesta è stata aperta nel marzo del 2014 e ha coinvolto finora più di 50 persone: vari ex alti dirigenti di Petrobras (alcuni dei quali già condannati) e altre aziende brasiliane per la costruzione e i lavori pubblici (BTP) oltre a diversi politici che appartengono soprattutto al Partito dei Lavoratori, il partito di Rousseff. Gli ex dirigenti di Petrobras sono accusati di avere gonfiato all’1 al 3 per cento del loro valore contratti da centinaia di milioni di euro con alcune società di costruzioni (le principali aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici) per realizzare infrastrutture petrolifere al largo delle coste brasiliane. In cambio i partiti che fanno parte della coalizione di governo, e in particolare il Partito dei Lavoratori che governa il Brasile dal 2003, avrebbe ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti.
SAIPEM – che è controllata per il 43 per cento da ENI – è coinvolta anche in uno scandalo in Algeria. Nel febbraio del 2013 alcuni dirigenti di SAIPEM erano stati accusati di avere pagato delle tangenti a funzionari algerini per ottenere un grosso appalto: l’indagine si era concentrata sugli anni compresi tra il 2008 e il 2010 e il valore delle tangenti si aggirava intorno ai 197 milioni di dollari (circa 180 milioni di euro). Secondo l’accusa le tangenti erano state versate ai funzionari della società petrolifera di stato algerina Sonatrach, a esponenti del governo algerino e all’intermediario dell’operazione, il francese Farid Noureddine Bedjaoui. Nell’ambito dell’indagine era stato accusato anche Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di ENI. Il 10 luglio scorso la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Scaroni e per altre persone coinvolte nell’indagine, tra cui Pietro Varone, ex direttore operativo di SAIPEM, Alessandro Bernini, ex direttore finanziario prima di SAIPEM e poi di ENI e Pietro Tali, ex presidente e amministratore delegato di SAIPEM.