La crisi Petrobras in Brasile
Il presidente della Camera è stato accusato di aver ricevuto tangenti, e la situazione per il governo Rousseff è complicata
Petrobras è la grande azienda petrolifera pubblica del Brasile e una delle più grandi società al mondo del settore (il suo fatturato corrisponde al PIL di una piccola nazione ed è considerata una delle colonne portanti dell’economia brasiliana, oltre che un’importante fonte di entrate per il governo). Poco più di un anno fa i giudici hanno scoperto un vasto sistema di corruzione che ha messo la società e il governo in una brutta situazione: nell’inchiesta – aperta nel marzo del 2014 – sono coinvolte più di 50 persone: vari ex alti dirigenti di Petrobras (alcuni dei quali già condannati) e altre aziende brasiliane per la costruzione e i lavori pubblici (BTP) oltre a diversi politici che appartengono soprattutto al Partito dei Lavoratori, quello della presidente Dilma Rousseff: l’ultima novità riguarda il presidente della Camera dei deputati Eduardo Cunha del Partito del movimento democratico brasiliano (PMDB), principale alleato del governo.
Al centro dello scandalo ci sono appalti, deviazioni illecite di fondi pubblici e scambi di tangenti. Gli ex dirigenti di Petrobras sono accusati di aver gonfiato dall’1 al 3 per cento del loro valore contratti da centinaia di milioni di euro con alcune società di costruzioni (le principali aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici, BTP) per realizzare infrastrutture petrolifere al largo delle coste brasiliane. In cambio i partiti che fanno parte della coalizione di governo, e in particolare il Partito dei lavoratori che governa il paese dal 2003, avrebbero ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti: tra questi anche il Partito del movimento democratico brasiliano (PMDB), ma anche il Partito progressista (PP, di destra). Lo scorso aprile era stato arrestato Joao Vaccari, tesoriere del partito di governo, che si era dimesso ma sono indagati anche diversi altri deputati e senatori. La maggior parte dei fatti a cui fa riferimento l’indagine sono avvenuti mentre l’attuale presidente del Brasile, Dilma Rousseff, era nel consiglio di amministrazione di Petrobras, alla fine degli anni Novanta. Secondo i magistrati, Rousseff era completamente estranea al giro di corruzione.
L’ultima novità dell’inchiesta riguarda il presidente della Camera dei deputati Eduardo Cunha: la scorsa settimana, durante un’udienza contro alcuni ex dirigenti e funzionari di Petrobras coinvolti, un testimone chiave, dipendente di Petrobras, aveva dichiarato che Cunha aveva chiesto e ricevuto per sé 5 milioni di dollari in tangenti e altri 5 milioni per il suo partito, il PMDB. Cunha ha negato le accuse e lo scorso venerdì ha lasciato la coalizione di governo, mantenendo però il suo incarico di presidente. Il suo partito, che ha definito la decisione di Cunha una scelta personale, resta comunque un alleato di Rousseff. Alleanza che, soprattutto a causa dello scandalo Petrobras, si sta facendo però sempre più fragile: il PMDB ha già detto ad esempio di voler presentare un proprio candidato alle elezioni presidenziali che si terranno nel 2018.
La situazione politica è comunque piuttosto complicata. Si chiede, ad esempio, il Washington Post: «Come funziona un parlamento quando il suo presidente si oppone al governo, ma il partito del presidente rimane un alleato di governo? Renan Calheiros [il presidente del Senato, ndr] che è coinvolto nelle indagini, lo seguirà? E cosa succederà a quel punto? Rousseff, che finora non è stata coinvolta, ma che era presidente del consiglio di amministrazione di Petrobras e ministra delle Miniere e dell’Energia, potrà sopravvivere?».
Nel frattempo l’economia del Brasile fatica a riprendersi, l’indice di gradimento della presidente del Brasile è precipitato e in tutto il paese, negli ultimi mesi, ci sono state grandi manifestazioni di protesta e scioperi contro la corruzione del governo. Il prossimo 16 agosto sono previsti nuovi cortei anti-governativi nelle principali città e la situazione politica potrebbe complicarsi ulteriormente, come dimostrano almeno due precedenti nella storia del paese: nel 1992, a seguito di una manifestazione di massa contro uno scandalo di corruzione che aveva coinvolto il governo, l’allora presidente Fernando Collor era stato messo sotto accusa e poi destituito. Tra il 2005 e il 2006 la storia relativa a una compravendita di voti aveva seriamente minacciato il governo Lula.