La Cina contro gli avvocati per i diritti umani
Nelle ultime due settimane la polizia ha fermato più di 200 attivisti, racconta il New York Times, come parte di una nuova dura campagna avviata dal presidente Xi Jinping
Nelle ultime due settimane il governo cinese ha fermato più di 200 avvocati e attivisti per i diritti umani con l’accusa di eversione e truffa. Molti di loro sono anche finiti in televisione, dove hanno confessato pubblicamente i reati di cui sono stati accusati. I giornali del Partito comunista cinese hanno cominciato a descriverli come dei truffatori, dei maniaci sessuali e dei delinquenti, nel tentativo apparente di delegittimare l’intera categoria. Il New York Times ha dedicato un lungo articolo a quello che sta succedendo in Cina: Andrew Jacobs e Chris Buckley, i due giornalisti che se ne sono occupati, hanno scritto che il governo cinese ha cominciato una nuova compagna molto dura contro gli avvocati che si occupano della difesa dei diritti umani, un lavoro che non è per niente facile da fare nella Cina comunista.
Zhang Lei, un avvocato del sud della Cina che è stato fermato e poi rilasciato dalla polizia, ha raccontato al New York Times che quello che sta succedendo è il più grande attacco del governo contro la sua categoria di cui lui ha mai avuto esperienza. Zhang ha detto: «Sembra che loro agiscano rispettando la legge, ma praticamente a nessuno degli avvocati che sono stati fermati è stato concesso di incontrare un proprio avvocato. Più di 200 persone sono state fermate, interrogate e intimidite. Non ho mai visto niente di simile prima». Il governo ha attaccato in particolare lo studio di avvocati Fengrui di Pechino, che tra gli altri ha rappresentato in passato l’artista dissidente Ai Weiwei, il docente uiguro accusato di separatismo Ilham Tohti e l’attivista per i diritti umani Cao Shunli, morto dopo che gli era stata negata l’assistenza medica mentre era in custodia della polizia.
Zhou Shifeng, direttore dello studio Fengrui è stato arrestato con altri quattro avvocati, altro personale amministrativo e con il figlio 16enne di una degli avvocati dello studio. Le accuse verso di loro comprendevano l’aver organizzato manifestazioni davanti ai tribunali e avere avviato petizioni online per screditare il governo e mettere pressioni ai giudici. Insieme agli arresti sono aumentati anche gli attacchi dei media nei confronti degli attivisti per i diritti umani: molti giornali hanno cominciato a sostenere che gli attivisti stiano cercando di attaccare lo stato e la società cinesi. Gli arresti contro gli avvocati dello studio Fengrui, per esempio, sono stati raccontati dai media cinesi come un’operazione per la trasparenza del sistema giudiziario e il loro lavoro in difesa dei diritti umani come un modo di farsi pubblicità e arricchirsi.
Huang Liqun, un avvocato dello studio Fengrui, è apparso in televisione dopo l’arresto descrivendo Zhou come un truffatore, un maneggione e un donnaiolo che si era spesso comportato in modo poco appropriato con le donne che lavoravano con lui. Anche Zhou è apparso in televisione ammettendo le sue colpe durante una trasmissione televisiva nazionale. Un articolo pubblicato dall’agenzia di stampa di stato cinese Xinhua aveva spiegato che gli arresti dei giornalisti vengono trattati in modo scorretto fuori dalla Cina e che avvocati disonesti vengono arrestati in tutti i paesi del mondo.
Da quando è iniziata la presidenza di Xi Jinping, spiega il New York Times, il numero di arresti tra gli attivisti e gli avvocati per i diritti umani è aumentato parecchio. Molto spesso la polizia non formula accuse precise nei confronti degli arrestati e usa la detenzione come arma di intimidazione: gli arrestati – persone comuni e spesso incensurate – vengono imprigionati in reparti di massima sicurezza, viene negato loro l’aiuto di un avvocato e capita che vengano torturati e interrogati per molte ore. Questo è più o meno quello che è successo a
«Uno stato che arresta gli avvocati in modo ingiustificato è segnale di un sistema giudiziario che non funziona bene» ha spiegato Jiang Ping, già presidente della facoltà di Legge e scienze politiche dell’università di Beijing. «Al contrario, questo è un passo indietro rispetto al dovere dello stato di proteggere gli avvocati».