Il traffico dei giovani calciatori africani
Ingaggiati da minorenni da società sportive poco affidabili che li convincono a trasferirsi, sono rivenduti ad altre squadre una volta maggiorenni
Un’inchiesta di BBC ha raccontato di un aspetto poco conosciuto del calcio e del mercato che gli gira intorno: quello legato al traffico dei giovani calciatori africani, ingaggiati da minorenni da società sportive poco affidabili per poter poi essere rivenduti con guadagno ad altre squadre, una volta maggiorenni. Verso la fine di maggio 2015, racconta BBC, il FIFPro – il sindacato mondiale dei calciatori professionisti – è riuscito a liberare 17 ragazzi africani che di fatto erano tenuti prigionieri in un’accademia di calcio gestita dal Champasak United, una società sportiva con una squadra che gioca nel massimo campionato del Laos. I 17 ragazzi facevano parte di un gruppo di 23 persone di età compresa tra i 14 e i 18 anni che erano stati convinti a trasferirsi nel Laos con la promessa di diventare calciatori professionisti: sei di loro hanno deciso di restare nell’accademia.
Uno dei calciatori liberati, il 14enne liberiano Kesselly Kamara, era stato schierato in alcune partite di campionato della prima squadra del Champasak United. Prima di poter giocare era stato obbligato a firmare un contratto di sei anni con la società che prevedeva anche che fosse pagato per le sue prestazioni. In verità, ha raccontato Kamara a BBC, lui come tutti gli altri ragazzi dell’accademia non ricevevano alcuno stipendio ed erano costretti a dormire per terra nelle strutture dello stadio e dell’accademia.
Secondo la FIFPro, casi come quello del Champasak United sono piuttosto comuni e parte di un sistema più ampio creato per guadagnare sfruttando il lavoro di giovani calciatori africani. In un comunicato stampa diffuso dopo la liberazione dei giocatori ha detto che «La FIFPro sospetta che questo non sia un caso isolato, ma la punta di un iceberg», e Stéphane Burchkalter, un alto dirigente dell’organizzazione, ha spiegato:
Quello che rende questo caso ancora più preoccupante è che il club e l’accademia sono apparentemente guidati da persone che non hanno a cuore i diritti dei giocatori o i diritti umani. Il benessere dei calciatori non è nei loro interessi. Chiaramente i giocatori sono trattati come merce.
I calciatori di solito sono prelevati da stati molto poveri e poco attrezzati per permettere a qualcuno di dedicarsi professionalmente al calcio, come lo è per esempio la Liberia, dove non esiste nemmeno un’accademia di calcio. Ai giovani calciatori viene spesso fatta la promessa di poter giocare in un’accademia di calcio e passare poi a un club professionistico. I giovani calciatori liberati dalla IDSEA Champasak Asia African Football Academy, per esempio, erano stati tutti arruolati dal calciatore liberiano Alex Karmo che da anni gioca in Laos da professionista e che in passato aveva giocato anche per la nazionale di calcio liberiana, cosa che gli conferiva una certa credibilità.
Una volta arrivati in Laos lo scorso febbraio, i 23 giocatori individuati dalla FIFPro, avevano cominciato a vivere nelle strutture dello stadio del Champasak, dormendo per terra su materassi e coperte ammassati tutti in una stanza senza finestre. I calciatori ricevevano due pasti al giorno, pane al mattino e riso al pomeriggio. La IDSEA Champasak Asia African Football Academy, spiega BBC, non è una vera accademia di calcio: Karmo era allenatore, selezionatore, medico sportivo e direttore. Al loro arrivo in Laos, la società aveva sequestrato i passaporti dei calciatori che, scaduti dopo 1 mese i loro permessi di soggiorno regolare, avevano finito con il non lasciare mai lo stadio e le altre strutture della società per paura di essere fermati dalla polizia.
Lo scopo di società come il Champasak è quello di far crescere i giovani giocatori tenendoli con loro in modo ricattatorio, metterli sotto contratto quando sono maggiorenni e quando possono quindi essere legalmente trasferiti ad altre società, e poi venderli cercando di generare un profitto. Anthony Baffoe, segretario della FIFPro in Ghana, ha definito le attività di società come il Champsak “traffico di minori”:
Avvicinano giovani calciatori africani e li persuadono con storie di un futuro dorato. In realtà non fanno assolutamente nulla che sia di beneficio per i calciatori. Non offrono allenamento serio, non offrono educazione e non si prendono cura di loro.
I calciatori trovati e aiutati dalla FIFPro sono stati riportati in Liberia dopo che il Champasak – su pressione della FIFA – li aveva portati in Ghana, ad Accra, dove erano finiti in un campo profughi. In Liberia, dove sono arrivati grazie a un viaggio pagato dalla FIFPro, in molti hanno trovato una situazione piuttosto difficile: alcune famiglie non volevano che tornassero prima di aver trovato un lavoro, altre si erano indebitate pesantemente per pagare il loro viaggio in Laos e speravano di far fruttare l’investimento. I sei giocatori che hanno deciso di restare in Laos, ha spiegato la FIFPro, lo hanno fatto per l’insistenza delle loro famiglie.
I regolamenti della FIFA sui trasferimenti dei calciatori vietano ogni trasferimento di persone minorenni al di fuori del loro stato di nascita, ma i dati raccolti dalla ONG Culture Foot Solidaire dicono che ogni anno circa 15.000 adolescenti africani, tra cui molti minorenni, sono messi sotto contratto da società non africane. Spesso le situazioni legate al traffico di calciatori minorenni sono molto peggiori di quelle dei ragazzi aiutati in Laos: in molti casi le loro famiglie pagano diverse migliaia di dollari a fasulli agenti sportivi che promettono di portare i ragazzi a sostenere provini per grandi squadre europee. I provini spesso non esistono neppure e i ragazzi finiscono in strada. Anche se in modo meno grave, anche il Barcellona ha nel passato violato la regola che vieta il trasferimento dei calciatori minorenni, ricevendo una dura punizione da parte della FIFA.