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  • Lunedì 20 luglio 2015

L’enorme scuola di calcio del Qatar

Si chiama Aspire, gestisce migliaia di ragazzi e fa giocare i migliori in una squadra di Serie B del Belgio (che ha comprato)

(Robert Cianflone/Getty Images)
(Robert Cianflone/Getty Images)

Alec Cordolcini ha raccontato sul sito di Undici il funzionamento di Aspire, un’enorme scuola calcio di Doha, in Qatar. Aspire è stata fondata da un imprenditore privato nel 2004 e ospita circa trecento ragazzi di più di 12 anni che provengono da scuole calcio locali gestite da Aspire (in tutto fanno parte di queste accademie circa seimila bambini). I ragazzi sono selezionati principalmente in Africa tramite numerosi passaggi di selezione: secondo Cordolcini, Aspire ha visionato per la propria accademia quattro milioni di bambini solamente fra il 2007 e il 2009. I migliori – che vengono obbligati ad avere un unico agente, “amico” della Aspire – vengono poi mandati a giocare nell’Eupen, una squadra di Serie B belga che i proprietari di Aspire hanno comprato per circa 4 milioni di euro.

Alcuni giocatori cresciuti nella Aspire già oggi giocano in forti squadre di calcio europee: è il caso di Diawandou Diagne, 20enne difensore senegalese che gioca nel Barcellona “B”, e di Franck Cedric Tchoutou, 20enne attaccante esterno camerunense della Roma (ma che l’anno scorso ha giocato nel Nimes, nella Serie B francese). Da alcuni anni il Qatar ha dimostrato particolare interesse per il calcio: nel 2022 ospiterà i Mondiali – assegnati con una procedura piuttosto controversa –  mentre il Paris Saint-Germain, una delle più forti squadre europee, dal 2010 è di proprietà di una società fondata dall’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, capo di stato del Qatar.

Si chiama Football Dreams ed è il più imponente progetto calcistico-formativo mai visto prima. I numeri, innanzitutto: 4 milioni di ragazzi, provenienti da 17 paesi, visionati dal 2007 al 2009, 150mila partite disputate in 800 diversi impianti sportivi, una macchina organizzativa il cui funzionamento è stato reso possibile dall’operato di oltre 6mila volontari. E al centro di tutto c’è uno degli stati più ricchi del pianeta, il Qatar, dove nel 2004 lo sceicco Jassim bin Hamad al Thani ha fondato la Aspire Academy, un vivaio deluxe destinato a forgiare gli atleti del domani. I soldi li hanno messi gli sceicchi, il know-how commerciale la Global Sport Marketing dell’ex presidente del Barcellona Sandro Rosell, in collaborazione con Nike, mentre l’aspetto tecnico-organizzativo è stato affidato a Josep Colomer, l’ex scout del Barca al quale si deve la scoperta di un certo Leo Messi. Al suo fianco c’è Andreas Bleicher, già nel comitato olimpico tedesco.

Dal 2013 la Aspire Academy possiede un proprio club in Europa. Lo ha preteso Colomer. Dopo anni di formazione spesi a Doha (o a Dakar), questi atleti formati giorno dopo giorno fin da ragazzini (al momento dell’ingresso in Accademia l’età media era di 12 anni, ma tra i nativi del Qatar questa si abbassa a 6-8 anni) necessitavano un’esperienza vera, e questa non poteva che avvenire nel continente che avrebbe rappresentato lo sbocco naturale delle proprie carriere, ovvero quello europeo. Un club di proprietà avrebbe permesso alla Aspire di mantenere il controllo su questi giocatori anche una volta iniziata la loro carriera professionistica. Ecco quindi l’ultima fase del progetto: l’esperienza sul campo. La scelta è caduta sul KAS (Königliche Allgemeine Sportvereinigung) Eupen, club dell’omonima cittadina che rappresenta il centro amministrativo della comunità germanofona belga (71mila abitanti quasi al 100% di lingua tedesca) sita nella Vallonia orientale. Una squadra povera di storia ma ricca di debiti, e quando esponenti della famiglia reale del Qatar si sono presentati nella sede dell’Eupen con una proposta di 4 milioni di euro, sufficienti a estinguere tutte le pendenze ed a garantire una dignitosa buonuscita ai proprietari, l’affare si è chiuso senza particolari intoppi.

La scelta è caduta sul Belgio, paese UE piuttosto morbido in tema di cittadinanza, visto che per ottenerla basta risiedere per tre anni nel paese. Inoltre, un giocatore comunitario ha molte più possibilità di trovare un ingaggio in un grande campionato europeo. «Eravamo indecisi tra Belgio e Portogallo», afferma Bleicher, «e alla fine abbiamo optato per il primo anche per ragioni linguistiche, visto che molti nostri giocatori africani parlano il francese. Perché Eupen? La tranquillità che offre una cittadina di provincia è fondamentale per il nostro progetto. Prendete dei ragazzini di 17-18 anni, lasciateli soli a Bruxelles e….tanti auguri».

 

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