Lo studio olandese sugli adolescenti nati con due madri
Sostiene che eventuali problemi degli adolescenti non sono dovuti alla tipologia della famiglia in cui sono cresciuti, ma al modo in cui vengono trattati dagli altri
Un recente studio scientifico sui figli e le figlie delle coppie lesbiche olandesi sostiene che i loro eventuali problemi in età adolescenziale non siano dovuti alla tipologia della famiglia in cui sono cresciuti e cresciute, ma alla stigmatizzazione sociale della loro condizione. I Paesi Bassi hanno introdotto e legalizzato l’adozione da parte di coppie lesbiche e gay nel 2009.
Lo studio è stato condotto dal Research Institute of Child Development and Education dell’Università di Amsterdam in collaborazione con il Williams Institute dell’Università della California e ha messo a confronto 67 adolescenti olandesi (36 femmine e 31 maschi) con un’età media di poco più di 16 anni cresciuti con coppie lesbiche fin dalla nascita con altrettanti adolescenti cresciuti con coppie eterosessuali.
I dati fanno parte di una ricerca più ampia e sono stati raccolti a partire dal 2000 in tre diverse fasi, quando cioè i bambini avevano un’età media di 5,8 anni, 9,9 anni e 16,6 anni. L’attuale studio si è concentrato principalmente sui dati dell’ultima fase. Il 93 per cento degli adolescenti considerati sono stati cresciuti da madri lesbiche nel contesto sociale e culturale olandese e con almeno una delle due madri con un livello alto di istruzione. L’81 per cento delle coppie di madri degli adolescenti intervistati erano ancora insieme, e il restante 19 per cento si era invece separata.
I parametri considerati avevano a che fare con problemi di interiorizzazione e problemi comportamentali esternalizzati: per esempio è stato chiesto agli adolescenti e alle loro madri di assegnare un punteggio ad affermazioni quali “preferisco stare da solo piuttosto che con gli altri” o “mi sento in colpa” accanto a frasi quali “urlano molto”, “infrangono le regole a casa, a scuola, o altrove”, “hanno molti conflitti” e così via.
I risultati contestano una serie di stereotipi legati alla crescita, alla salute e al benessere dei bambini cresciuti in famiglie in questo caso lesbiche e cioè la paura che lo sviluppo dell’identità sessuale dei bambini sia danneggiato dall’avere genitori omosessuali, la paura riguardo lo sviluppo della personalità in generale con maggiore fragilità psichica, la paura di maggiori difficoltà di stringere relazioni. I dati mostrano invece che disturbi comportamentali, psicologici e di scarsa integrazione sociale (i disturbi della cosiddetta Minority Stress Theory) sarebbero presenti in entrambe le tipologie di famiglia senza differenze rilevanti.
I maggiori problemi comportamentali di adolescenti figli di coppie lesbiche risultano invece dal rapporto con ambienti sociali inospitali: «la stigmatizzazione omofoba è l’attitudine negativa che individui, gruppi o comunità hanno nei confronti dell’identità o del comportamento non eterosessuale e la discriminazione che accompagna questa attitudine». Dunque, più si sono dimostrate forti le discriminazioni a cui questi bambini sono stati sottoposti durante lo sviluppo (dai commenti alle prese in giro, dal bullismo all’omofobia fino al rifiuto) più sono i problemi dimostrati: sarebbero le stigmatizzazioni e non l’orientamento sessuale dei genitori ad aver influito in modo negativo, ma non abbastanza almeno nel contesto olandese da modificare il risultato finale sul confronto con le cosiddette famiglie tradizionali. Risultato che non permette di superare i problemi degli adolescenti che si trovino in simili contesti, ma indica che la soluzione è nel proseguimento della crescita e dell’adeguamento culturale delle comunità a questo genere di famiglie, che passa innanzitutto per l’attribuzione alle stesse di famiglie di identiche condizioni e diritti.