L’uomo che aiuta le donne yazide a scappare dall’ISIS
Khalil al Dakhi ha messo in piedi una rete clandestina che fa operazioni molto pericolose nei territori dello Stato Islamico
Martedì 14 luglio, PBS (Public Broadcasting Service), la televisione pubblica statunitense, ha trasmesso nel suo programma Frontline un documentario molto intenso sulla storia di Khalil al Dakhi, un iracheno yazida che ha messo in piedi una rete clandestina per aiutare le donne yazide a scappare dai territori dello Stato Islamico (o ISIS). Il documentario, oltre a raccontare la fuga di donne e bambine sequestrate e poi comprate al mercato delle schiave dell’ISIS, mostra alcune immagini girate con cellulari nei territori del Califfato Islamico. Il documentario è stato pubblicato integralmente sul sito di Frontline, ma è visibile solo negli Stati Uniti: alcuni spezzoni del documentario sono visibili sulla pagina YouTube e Facebook di Frontline.
Il trailer di “Escaping ISIS”
La scorsa estate l’ISIS attaccò diverse città nel nord dell’Iraq abitate prevalentemente da yazidi, una minoranza di lingua curda che segue un misto di quasi tutte le religioni sviluppate in Medio Oriente: all’epoca decine di migliaia di yazidi furono costretti a rifugiarsi sul monte Sinjar, nel nord dell’Iraq, dove rimasero intrappolati per settimane. Nei loro attacchi i miliziani dell’ISIS massacrarono migliaia di uomini e rapirono donne e bambini. Nel giro di poche settimane la stampa internazionale cominciò a raccontare storie terribili riguardanti le sorti delle donne rapite: diversi testimoni dissero che molte erano state stuprate e vendute al mercato delle schiave di città sotto il controllo dell’ISIS o “regalate” a miliziani considerati meritevoli. In una delle città attaccate viveva Khalil al Dakhi, un iracheno che di lavoro faceva l’avvocato. Dakhi era riuscito a scappare insieme alla moglie e alla figlia prima dell’arrivo dell’ISIS e nel giro di poco tempo aveva deciso di mettere in piedi una rete clandestina con l’obiettivo di aiutare a scappare le donne e i bambini rapiti dall’ISIS.
Dentro a ogni fotografia c’è una storia raccontata nel documentario di Frontline
All’inizio del documentario si vede un video ripreso con un cellulare che mostra un gruppo di uomini dell’ISIS discutere scherzosamente sulla possibilità di comprare donne yazide al mercato delle schiave. «Vuoi una schiava del sesso?», chiede uno di loro. «Il prezzo dipende, se ha gli occhi blu è diverso», risponde un altro. Altri due uomini dicono «La posso scambiare con una Glock [un tipo di pistola, ndr]», oppure «La pagherò 500 dollari». Secondo l’interpretazione dell’Islam data dall’ISIS, è possibile rapire e rendere schiave le donne yazide.
Il gruppo messo in piedi da Dakhi è diventato piuttosto conosciuto nel corso degli ultimi mesi. Dakhi ha raccontato che lui e i suoi uomini hanno cominciato ad andare nei campi profughi abitati da migliaia di yazidi per raccontare le attività del gruppo e per lasciare loro un numero di telefono sicuro da contattare nel caso abbiano informazioni su madri, figlie e sorelle rapite dall’ISIS. Molto spesso le ragazze e le donne rapite riescono a mettersi in contatto con il gruppo di Dakhi usando cellulari sottratti: si mettono d’accordo per scappare di notte con l’aiuto di alcuni uomini di Dakhi e per trovarsi a una certa ora di un certo giorno in un punto di incontro stabilito in precedenza. Si tratta di un’operazione molto pericolosa: finora sono rimasti uccisi tre uomini del gruppo.
Una delle storie più interessanti raccontate nel documentario di Frontline è quella di Faisal, un uomo yazida a cui l’ISIS aveva rapito 26 famigliari. La missione di soccorso della famiglia di Faisal è la più grande compiuta fino a questo momento dal gruppo di Dakhi. Lo stesso Dakhi ha detto: «Stiamo provando a fare il nostro meglio perché il povero Faisal è rimasto da solo. Non ha più nessuno». I famigliari di Faisal sono scappati dopo mezzanotte dalla casa di un miliziano dell’ISIS, con l’aiuto di un uomo di Dakhi: hanno camminato per due giorni, nascondendosi di giorno e proseguendo il cammino di notte, senza avere alcun contatto con gli altri membri del gruppo. Le immagini di Frontline mostrano il momento molto intenso e commovente in cui i famigliari di Faisal entrano nella visuale degli uomini di Dakhi e di alcuni combattenti curdi sul fronte di guerra con l’ISIS.
Nella seconda parte del documentario di Frontline viene raccontata anche la storia delle donne che vivono nel Califfato Islamico, che devono sottostare a delle regole molto rigide per esempio riguardo l’abbigliamento (devono coprirsi con i guanti neri e due veli, per evitare che passi la luce attraverso il vestito). Alcune delle donne che vivevano in Siria prima dell’arrivo dell’ISIS sono scappate e si sono rifugiate in Turchia. Muna è una di loro e ha raccontato la sua storia a Frontline: Muna ha descritto la città siriana di Raqqa prima che diventasse la “capitale” del Califfato Islamico e il posto dove si trovano molti degli edifici del potere dell’ISIS. Ha detto che Raqqa era una città piena di università e che non c’erano problemi di convivenza tra ragazzi e ragazze, ma poi l’ISIS l’ha trasformata nella “capitale del terrore”.