L’ordinanza del comune di Bologna contro gli alcolici freschi
Riguarda soprattutto i minimarket gestiti da stranieri nella zona universitaria: potranno vendere le birre ma solo a temperatura ambiente
Lo scorso 9 luglio il sindaco di Bologna Virgilio Merola (PD) ha firmato un’ordinanza sulla sicurezza urbana per «contrastare l’abuso di alcol nella zona universitaria» che impone ai negozi alimentari e ai laboratori artigianali la chiusura notturna fino a metà ottobre e che vieta tra l’altro a queste attività – si tratta soprattutto di piccoli negozi gestiti da stranieri – di vendere bevande alcoliche “fresche” per tutta la durata dell’ordinanza, sia di giorno che di sera.
Nell’ordinanza si legge:
«Per prevenire gli inconvenienti e i rischi derivanti dalla vendita incontrollata di bevande alcoliche e la dispersione dei relativi contenitori, dal 13 luglio al 15 ottobre 2015, il Sindaco ha disposto la chiusura, dalle 21 e sino alle 7 del giorno successivo degli esercizi di vicinato del settore alimentare e misto e dei laboratori artigianali del settore alimentare ubicati nelle vie e strade del centro storico»
E ancora:
«L’ordinanza prevede per tutti gli esercizi di vicinato del settore alimentare e misto, per le medie strutture di vendita e per i laboratori artigianali alimentari il divieto di detenere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione in qualunque sistema e/o apparecchio di refrigerazione e raffrescamento presso i locali di esercizio delle attività allo scopo di venderle in qualsiasi contenitore in tutto il complessivo orario di apertura e per tutto il periodo di durata di validità della presente ordinanza»
La violazione delle nuove regole contenute nell’ordinanza comporterà una sanzione amministrativa dai 300 ai 500 euro. Diversi commercianti hanno protestato contro la nuova legge e hanno consegnato simbolicamente le chiavi dei loro negozi all’assessore all’Economia del Comune di Bologna, Matteo Lepore, e hanno deciso di tenere chiuso per tre giorni. Accusano il comune di volerli far chiudere e di voler bloccare l’acquisto di bevande che costano un terzo rispetto alle stesse vendute ai bar.