Il referendum in Grecia si farà
Lo hanno confermato sia Tsipras che Merkel e l'Eurogruppo, dopo che la nuova proposta del governo greco ai creditori internazionali non è andata da nessuna parte
È stata un’altra giornata di notizie e agitazioni che riguardano la Grecia, dopo che a mezzanotte il paese è andato in default nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, mancando il pagamento di una rata della restituzione di un precedente prestito. Nella mattina del primo luglio il Financial Times ha pubblicato una lettera con cui Tsipras ha annunciato ai creditori la possibilità di fare alcune concessioni, segno che le trattative erano ancora in corso; nel corso del pomeriggio però sia Tsipras che Angela Merkel e i rappresentanti dell’Eurogruppo – i ministri dell’Economia dei paesi che condividono l’euro – hanno detto che le trattative ripartiranno eventualmente dopo il referendum indetto dal governo greco per domenica 5 luglio riguardo l’ultima bozza di accordo, annunciando di fatto di voler interrompere la trattativa almeno fino a lunedì.
Intanto le banche greche sono ancora chiuse e a corto di liquidità, e al governo rimangono poche risorse per pagare stipendi e pensioni: ha bisogno di un nuovo prestito ma fin qui il primo ministro Tsipras si è opposto alle condizioni poste da Commissione europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Inoltre venerdì il Consiglio di Stato greco – il più alto organo giudiziario del paese, come la nostra Corte Costituzionale – si esprimerà sulla legittimità del referendum. In giornata il Consiglio d’Europa – un’importante istituzione che si occupa di diritti umani e democrazia, che non ha legami con l’Unione Europea – ha criticato il referendum greco, dicendo che non è conforme agli standard minimi per questo tipo di consultazioni: perché di solito sono raccomandate almeno due settimane dal momento in cui una consultazione viene indetta a quando si tengono le votazioni; perché non c’è chiarezza su che cosa comporti l’esito del referendum in un senso o nell’altro, compresa un’eventuale uscita dall’euro; perché il quesito referendario non è chiaro e facilmente comprensibile.
Nel tardo pomeriggio ilministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ha pubblicato sul suo sito una serie di motivi per cui votare No al referendum di domenica sulle proposte dei creditori internazionali. Varoufakis dice che la vittoria dei No non significherà l’uscita della Grecia dall’eurozona, che il mancato accordo è principalmente colpa dei creditori che vogliono scaricare sui più deboli il pagamento del debito, che l’Eurogruppo si rifiuta di accettare piani ragionevoli per ristrutturare il debito greco e che “il futuro ha bisogno di una Grecia fiera di se stessa nell’eurozona e nel cuore dell’Europa”. Ma di fatto nessuno sa cosa accadrà di preciso con la vittoria del No, e se la Grecia non otterrà un prestito finirà presto i soldi.
Di seguito, la cronaca della giornata: