Cosa si sceglierà con il referendum in Grecia
Cosa contiene il piano di aiuti proposto dall'Europa che si voterà il 5 luglio e quali sono i disaccordi con il governo greco su pensioni, IVA e molto altro
Il primo ministro greco Alexis Tsipras ha annunciato venerdì 25 giugno un referendum per chiedere ai greci se intendono approvare o meno un accordo con i paesi dell’eurozona che salverebbe il paese dalla bancarotta. L’annuncio del referendum è arrivato dopo il fallimento, giovedì notte, dell’ennesima trattativa tra Grecia e i suoi creditori, cioè i paesi dell’eurozona, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale: sono colloqui che vanno avanti da mesi e che riguardano le condizioni alle quali l’Europa è disposta a concedere un ulteriore prestito alla Grecia. Sabato sera il Parlamento greco ha approvato la proposta di Tsipras di tenere un referendum, che è stato fissato per il 5 luglio. Le ultime proposte e controproposte fatte dalle due parti, quelle su cui probabilmente i greci dovranno esprimersi al referendum, sono state pubblicate integralmente dal Financial Times.
Cosa ha proposto la Grecia
I documenti pubblicati tra giovedì e venerdì dal Financial Times sono il risultato degli ultimi mesi di colloqui e il contenuto è già il frutto di compromessi accettati da entrambe le parti. Uno dei punti su cui il governo greco non ha ceduto è una tassa valida soltanto un anno del 12 per cento sui profitti ottenuti dalle aziende superiori ai 500 mila euro. Sempre rispetto all’aumento delle tasse alle imprese, il governo greco vuole portare al 3,9 per cento il contributo che le imprese devono versare per le pensioni dei loro dipendenti: vuole inoltre che la loro aliquota sul reddito sia portata dal 26 al 29 per cento.
Tsipras ha proposto di portare l’età pensionabile a 67 anni entro il 2022, anticipandola rispetto al 2036 proposto nei mesi scorsi e al 2025 che aveva proposto all’inizio della settimana. Ha anche accettato di eliminare l’EKAS, un assegno integrativo per pensionati indigenti entro il 2018, sostituendolo con un altro strumento che però non ha ancora chiarito quale dovrebbe essere. L’EKAS contribuisce a portare il reddito minimo di circa 200 mila pensionati greci a circa 700 euro al mese (per fare un confronto, le pensioni minime in Italia sono di circa 500 euro al mese). Insieme alle pensioni, il tema più problematico per le trattative è quello dell’IVA. Il governo greco ha proposto di spostare tutto il cibo nella fascia di IVA del 13 per cento, da quella del 23 per cento dove si trova ora. Ha chiesto anche che gli hotel vengano spostati nella fascia di IVA del 13 per cento per aiutare l’industria turistica del paese. Il governo greco ha anche chiesto la creazione di un’aliquota al 6 per cento al posto delle sole due da 13 e 23 proposte dall’Europa.
Su altri fronti, il nuovo piano presentato da Tsipras ha eliminato alcune concessioni fatte in passato. Ad esempio è stata ripristinata la richiesta di mantenere un’esenzione del 30 per cento sull’IVA pagata dagli abitanti delle isole greche, un tema molto caro ai Greci Indipendenti, la formazione di destra che appoggia il governo Tsipras. La ragione dell’esenzione è che la vita in molte delle isole greche più lontane dalla terraferma è più costosa che nel resto del paese. Il piano contiene anche molte altre misure, come ad esempio un aumento della tassazione sul gioco d’azzardo, sui beni di lusso e diverse altre entrate una tantum. Infine, Tsipras si è rifiutato di tagliare la spesa militare di 400 milioni di euro, come chiesto dai creditori, e ha proposto un taglio di soli 200 milioni.
Cosa chiede l’Europa
I creditori hanno respinto il piano presentato dalla Grecia sostenendo che i conti non tornano e che le entrate prodotte da diverse misure una tantum sono state sovrastimate. Come è sempre accaduto in questi mesi, i creditori hanno formulato una controproposta in cui hanno sottolineato le entrate mancati e i punti delle riforme strutturali con i quali non concordano. Ad esempio, i creditori sono contrari alla tassa una tantum sui profitti delle imprese e sull’aumento della contribuzione a loro carico perché, sostengono, danneggerà la ripresa del paese. Hanno però accettato l’aumento dell’aliquota, ma solo dal 26 al 28 per cento invece che al 29.
Per quanto riguarda le pensioni, i creditori hanno chiesto l’eliminazione dell’EKAS (e non la sua “sostituzione”) entro il 2019, concedendo un anno di tempo in più rispetto alla richiesta precedente. Sulla data in cui l’età pensionabile dovrà essere portata a 67 anni, invece, creditori e governo greco hanno più o meno trovato un accordo sul 2022, anche se ci sono ancora divisioni su aspetti secondari della questione. I creditori hanno anche accettato l’aliquota IVA al 6 per cento in cui dovrebbero finire prodotti farmaceutici, libri e biglietti del teatro: hanno inoltre accettato che l’energia elettrica rimanga nell’aliquota “di mezzo”, quella al 13 per cento. Chiedono però che il cibo “processato” e i ristoranti siano tassati con l’aliquota al 23 per cento.
Infine i creditori hanno mantenuto la proposta di una tassa sui beni di lusso, ma hanno escluso la possibilità di mantenere uno sconto IVA alle isole. La ragione, sostengono, è che gli abitanti delle isole greche hanno in media redditi molto elevati. Non è ancora chiaro come si svolgerà il referendum e cosa sarà chiesto ai greci esattamente, ma è probabile che questo piano proposto dai creditori sia la versione finale, o quasi, di quello che la Grecia dovrà accettare se al referendum dovessero vince i “sì” all’accordo.
In sintesi
I programmi presentati dal governo greco sono più centrati sull’aumento di tasse, quelli dei creditori puntano più ai tagli di spesa, ma nessuno dei due contiene un piano di riforme organiche per cambiare la Grecia. Come ha scritto l’analista finanziario Mario Seminerio sul Sole 24 Ore, nel corso della trattativa entrambe le parti hanno presentato soltanto «manovre correttive contabili» che servivano principalmente a risolvere a breve tempo la situazione del paese. Senza avere un’ottica di lungo periodo, i problemi strutturali della Grecia, come l’inefficienza della pubblica amministrazione, l’elevatissima evasione fiscale, l’immobilità del mercato del lavoro, resteranno inalterati rendendo molto complicato al paese riprendere a crescere.