Che cosa succede a Wired Italia
L'editore Condé Nast ha deciso di trasformare il mensile in semestrale, con robusti tagli alla redazione, incentivando soprattutto la parte online
Giovedì 25 giugno l’assemblea dei giornalisti di Condé Nast, uno dei più grandi editori di periodici al mondo, ha confermato le notizie non ufficiali circolate nelle ultime settimane circa un incisivo ridimensionamento della testata e delle edizioni della versione italiana di Wired. La rivista passerà da dieci numeri l’anno a due soltanto, mentre sarà rivista anche in parte l’organizzazione della redazione che si occupa della versione online della testata. La decisione di Condé Nast rientra in un piano più ampio di riorganizzazione delle attività in Italia, dovuto principalmente alla necessità di ridurre i costi e rimettere in ordine i conti.
Nel comunicato sindacale diffuso sul sito di Wired si dice inoltre che “6 dei 12 giornalisti della redazione (il 50 per cento) sono considerati esuberi”. La redazione ha quindi ottenuto conferme per sei soli giornalisti, uno dei quali è assunto con contratto part-time. Il comunicato si conclude con un impegno da parte dell’assemblea dei giornalisti:
La redazione di Wired Italia e i giornalisti di Condé Nast esprimono forte preoccupazione per il futuro della testata e del brand stesso e si riserva di intraprendere tutte le azioni necessarie per salvaguardare il posto dei sei colleghi in mobilità e le condizioni di lavoro che garantiscano la qualità che ha sempre contraddistinto Wired.
La notizia del ridimensionamento di Wired circolava, per vie non ufficiali, da qualche settimana, ma fino a ora i responsabili della casa editrice avevano mantenuto un certo ottimismo per la testata. Dopo le dimissioni del direttore Massimo Russo, l’incarico era stato affidato a Federico Ferrazza, già responsabile dell’area web della rivista, e i dirigenti di Condé Nast avevano parlato di Wired definendolo “un brand fondamentale, uno dei tre pilastri del futuro di Condé Nast” un paio di settimane fa. Vero è che negli ultimi mesi la crescita di Wired era avvenuta soprattutto online – e i suoi ricavi crescono sul fronte dell’organizzazione di eventi e iniziative collaterali – e che per un prodotto di quel taglio la transizione dalla carta al digitale è giudicata molto più naturale che non per altri giornali.
La versione italiana di Wired esiste dal marzo del 2009 ed è ispirata alla testata statunitense, tra le più conosciute e rispettate riviste di tecnologia al mondo. Il primo direttore di Wired in Italia fu Riccardo Luna che, dopo aver costruito il progetto italiano, mantenne l’incarico fino all’estate del 2011 quando Condé Nast volle affidare la direzione a Carlo Antonelli, a sua volta sostituito da Russo già nel luglio 2013.
Luna ha raccontato in un lungo post sul sito Che Futuro come nacque l’idea di fare Wired in Italia e come si sviluppò il progetto, aggiungendo qualche considerazione sull’annuncio della riduzione delle edizioni della rivista.
Di quello che sta accadendo in queste ore a Wired non parlo, non sarebbe giusto. L’ho lasciato il 16 giugno del 2011. Con qualche dispiacere ma anche con la consapevolezza della fortuna che avevo avuto nel poter interpretare il primo capitolo di questa storia. Sono profondamente grato a chi mi scelse lasciandomi giocare la mia partita per più di tre anni. E sono vicino, ma davvero, a chi ha perso il lavoro. Non credo che Wired finirà: lo dirige un giovane giornalista che assunsi nel 2010. Federico Ferrazza era un collaboratore eccellente e quando gli affidai il sito gli dissi “diventerai direttore”. Era una profezia facile, credetemi. Ferrazza è un numero uno. Ora invece è difficile per tutti, anche per lui e io voglio solo mandare un abbraccio a chi è in difficoltà, augurando lunga vita al giornale che mi ha insegnato che cambiare tutto è possibile perché ci sono delle persone che lo fanno ogni giorno.