Perché il padiglione dell’Angola è così grande
Mentre la gran parte dei paesi africani hanno mini-padiglioni, quello dell'Angola è grande e visibile: c'entrano il petrolio e i diamanti
Il padiglione dell’Angola è uno dei primi che i visitatori vedono sul Decumano, di fianco alla rete del Brasile: è molto grande, circa 2000 metri quadri per quattro piani di struttura. Molti visitatori passandoci davanti si sono probabilmente domandati come mai l’Angola sia in grado di finanziare un padiglione così bello, visto che quasi tutti gli stati africani hanno optato per un mini padiglione all’interno dei Cluster tematici, a parte il Sudan e il Marocco.
In realtà l’Angola è uno degli stati più ricchi dell’Africa: negli ultimi dieci anni ha avuto una crescita economica altissima, la sua economia si basa principalmente sul petrolio e sui diamanti – è il secondo esportatore di petrolio dell’Africa, dopo la Nigeria – e il padiglione è stato finanziato proprio per riflettere questa crescita e per far conoscere la cultura angolana ai visitatori. Già a Expo 2010 in Cina e a Expo 2008 a Saragozza l’Angola aveva costruito un suo padiglione, entrambi molto visitati.
Quest’anno inoltre coincide con il quarantesimo anniversario dell’indipendenza dell’Angola dal Portogallo (1975): l’Italia fu il primo paese a riconoscerla, quindi il padiglione vuole anche celebrare l’amicizia consolidata nel tempo tra i due stati. L’Angola ha investito nel petrolio soltanto negli ultimi decenni: prima l’economia del paese era basata su agricoltura, allevamento, apicoltura, caccia e pesca, oltre che sul commercio di diamanti. La crescita dell’economia ha portato a un aumento della qualità della vita nelle città angolane e anche dei prezzi, tanto che la capitale Luanda è diventata nel 2015 la città più cara al mondo in cui vivere. Nonostante questa crescita e il recente sviluppo, l’Angola ha ancora molti problemi da risolvere: c’è molta corruzione, una grande differenza di qualità della vita tra ricchi e poveri e la mortalità infantile più alta al mondo. Il New York Times ha pubblicato un documentario per mostrare la condizione attuale di una buona parte della popolazione angolana.
Il padiglione all’interno è molto tecnologico e incentrato sul tema di Expo: nella prima sala c’è una struttura formata da schermi multimediali e colonne riempite di semi di varie piante angolane, che rappresenta il baobab, l’albero considerato il simbolo della vita in Angola. Questo baobab multimediale è legato alla figura femminile – tanto che su tutti gli schermi ci sono immagini di donne angolane, dall’avvocatessa alla manager fino alla contadina – che è considerata il centro della cultura e della vita del paese. Questa importanza si può notare anche nei ruoli principali del padiglione: la commissaria e capo di tutti i commissari di Expo per l’Angola è Albina Assis Africano, ex ministro del petrolio in Angola, e la capo chef del ristorante è sempre una donna.
Il concetto alla base di tutto l’allestimento del padiglione è “educare al cibo, guardando alle origini per una prospettiva futura e tecnologica”. Ci sono anche molti spazi dedicati ai bambini e all’importanza di trovare un modo per sfamare le persone in modo sostenibile. Al secondo piano c’è anche una piramide alimentare angolana, che racconta i piatti principali del paese, comprese le influenze straniere che negli ultimi anni hanno modificato le abitudini delle persone. All’ultimo piano si sale su una bellissima terrazza: sarà la più alta di Expo finché non sarà aperta quella del padiglione Italia.