Le tre attese sentenze della Corte Suprema
Arriveranno nei prossimi giorni e riguardano questioni importanti: il matrimonio gay, la riforma sanitaria e i metodi per uccidere i condannati a morte
Nei prossimi giorni si attendono tre sentenze molto importanti dalla Corte Suprema, il massimo organo giudiziario degli Stati Uniti. Le tre sentenze riguardano l’approvazione dei matrimoni gay in tutti gli stati del paese, un pezzo importante della riforma sanitaria dell’amministrazione Obama e l’attuale metodo con cui vengono effettuate le iniezioni letali ai condannati a morte. Le tre sentenze sono molto attese perché riguardano ambiti molto delicati della politica americana e di cui si discute da tempo. Oltre a questi tre casi, la Corte dovrà esprimersi entro breve anche riguardo altri quattro casi minori.
La decisione per tutti e sette i casi è attesa per l’ultima settimana di giugno o al più tardi per inizio luglio: la Corte Suprema deve infatti esprimersi su tutti casi rimasti dal suo mandato del 2014 – cioè l’insieme dei casi da esaminare in un certo anno giudiziario – prima della pausa estiva. A settembre, infatti, la Corte inizierà un nuovo mandato, e avrà nuovi casi da esaminare. La Corte renderà note nuove sentenze giovedì 25 giugno alle 10 di mattina di Washington (in Italia saranno le 16) e poi di nuovo venerdì 26.
Matrimonio gay
Negli Stati Uniti, a livello federale, il matrimonio omosessuale è già equiparato a quello eterosessuale grazie a una storica sentenza del giugno 2013. Per il momento, però, alcuni stati possono rifiutarsi sia di celebrare i matrimoni gay sia di riconoscere quelli celebrati in un altro stato. Di conseguenza, le coppie gay sposate che abitano in uno stato che non riconosce la loro unione vivono attualmente una situazione paradossale: possono usufruire dei molti benefit federali riservati alle famiglie, ma non vengono trattate come tali dalla legislazione del proprio stato. Il matrimonio gay è tuttora proibito in 13 stati, ma il loro numero è diminuito molto, negli ultimi anni (il 70 per cento degli americani vive in uno stato che riconosce i matrimoni gay). La decisione della Corte Suprema potrebbe decidere che simili divieti sono incostituzionali, proprio sulla base della ratio della sentenza del giugno 2013: imponendo di fatto a tutti gli stati di concedere le licenze di matrimonio alle coppie omosessuali.
La Corte Suprema è composta da nove giudici: quattro giudici di orientamento progressista hanno già espresso pubblicamente il loro sostegno al matrimonio gay. Specularmente, altri tre sono di tendenza fortemente conservatrice e voteranno sicuramente contro. Il voto decisivo dovrebbe essere quello di Anthony Kennedy, giudice di orientamento conservatore che spesso si è schierato con la parte progressista nei casi riguardo i diritti civili.
Riforma sanitaria
La sentenza della Corte riguarda un’importante questione tecnica della storica riforma sanitaria, che riguarda i sussidi federali garantiti dallo stato per il suo funzionamento. Dall’ottobre del 2013 la riforma impone a tutti i cittadini americani di procurarsi una copertura sanitaria (garantendo al contempo ingenti sussidi finanziari): dall’introduzione della legge a oggi il numero di americani non assicurati è sceso da 42 milioni a circa 29. Le polizze sono acquistabili nel “mercato” del proprio stato o in quello federale: dipende se lo stato in questione ha deciso di creare un proprio mercato – di fatto un sito Internet – o appoggiarsi a quello federale, Healthcare.gov. A causa però di un’ambiguità contenuta nel testo della legge, alcuni querelanti hanno contestato al governo federale la legittimità di fornire sussidi economici per poter comprare un’assicurazione in 36 stati del paese, chiedendo che vengano aboliti.
A un certo punto della legge c’è scritto infatti che i sussidi federali – uno dei punti chiave della riforma – possono essere garantiti a «coloro che hanno comprato una copertura sanitaria nei mercati stabiliti da ciascuno Stato come stabilito nella sezione 1311». Il guaio è che i mercati previsti dalla sezione 1311 sono solamente quelli messi in piedi dai singoli stati e non quelli creati appoggiandosi al mercato federale – peraltro molto promosso da Obama, negli anni scorsi – previsti dalla sezione 1321. L’amministrazione ha già fatto sapere che la contestazione è risibile, che i sussidi sono un pezzo fondamentale della riforma e che una distinzione così notevole sarebbe stata sottolineata altrove. Secondo i giornali americani, la Corte Suprema dovrebbe difendere la riforma sanitaria. Se però la Corte darà ragione ai ricorrenti, circa 6,4 milioni di persone perderanno la possibilità di accedere ai sussidi (causando oltretutto un grosso guaio politico all’amministrazione Obama) e moltissimi altri vedranno crescere il costo delle loro polizze.
Iniezioni letali
La Corte Suprema dovrà esprimersi sul metodo utilizzato dallo stato dell’Oklahoma per condurre le iniezioni letali. Da alcuni anni, a causa della crescente difficoltà di reperire sostanze adatte per le esecuzioni delle condanne a morte, diversi stati come l’Oklahoma e la Florida hanno adottato una formula che prevede l’iniezione di tre diverse sostanze ai condannati: un sedativo (midazolam), un agente paralizzante (vecuronio bromuro) e del cloruro di potassio in dose letale per fermare il battito cardiaco. Il guaio è che il midazolam si è rivelato una sostanza molto inaffidabile: è rimasto noto il caso di Clayton Lockett, un condannato a morte che il 29 aprile del 2014 è morto dopo tre quarti d’ora di agonia. I querelanti del caso che esaminerà la Corte Suprema, tre condannati a morte dell’Oklahoma, sostengono che l’utilizzo del midazolam violi l’ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che vieta l’utilizzo di pene «crudeli».
Non è ancora chiaro cosa decideranno i giudici: nel caso dovessero esprimersi contro il midazolam, potrebbero spingersi oltre e fare definitivamente chiarezza sui possibili metodi da usare durante una condanna a morte. Da decenni è in corso un dibattito sulla possibile abolizione della condanna a morte: negli ultimi anni, inoltre, sono stati pubblicati studi e analisi che dimostrano come di fatto le condanne a morte siano in costante declino e che è più facile che si arrivi a un lento esaurimento piuttosto che a un’abolizione tout court. Nel 2014 negli Stati Uniti sono state uccise per una condanna a morte 35 persone, il numero più basso da vent’anni a questa parte. Sul declino della pena di morte incide anche la sua scarsa popolarità tra l’opinione pubblica: il 60 per cento circa si dichiara ancora favorevole alla sua applicazione, ma il dato è diminuito sensibilmente rispetto a metà anni Novanta quando era intorno all’80 per cento.