A che punto è la riforma della scuola
Il testo arriva domani al Senato dopo la presentazione di un maxiemendamento: i tempi sono stretti e si parla di un voto di fiducia
Aggiornamento delle ore 20.00 – Il disegno di legge sulla riforma della scuola – chiamata dal governo “La Buona Scuola” – arriverà domani, mercoledì 24 giugno, in aula al Senato: sarà esaminato il testo uscito dalla Camera al quale saranno presentate le proposte di modifica da parte dei relatori della commissione Istruzione al Senato (Francesca Puglisi, Partito democratico, e Franco Conte, Alleanza per l’Italia) riunite in un maxi-emendamento su cui è probabile che il governo porrà la questione di fiducia che il consiglio dei ministri ha già autorizzato. Lo ha dichiarato in una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri, Matteo Renzi spiegando che «se il dibattito parlamentare sarà tranquillo non la porremo» e anche che «con il maxiemendamento abbiamo fatto uno sforzo di farci carico delle diverse posizioni: se va in porto la riforma ci saranno 100mila assunzioni e più soldi ai professori. Se non va in porto verranno assunti solo i 20-25mila previsti dal turn over». I senatori ha concluso Renzi «devono avere bene chiara l’alternativa e poi decidere se fare ostruzionismo o scommettere sul futuro del paese».
Il testo arriverà quindi in aula senza l’approvazione della Commissione dove erano stati presentati quasi 3mila emendamenti e dove non è stato possibile trovare una mediazione. Il compromesso trovato dai due relatori prevede 100mila assunzioni entro il prossimo mese di agosto e lo slittamento di una parte della riforma al 2016/2017. Qui il testo del maxi-emendamento e qui una sintesi dei contenuti.
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Il 30 giugno è il termine per approvare la riforma della scuola, il ddl chiamato dal governo “La Buona Scuola”, in modo che possa essere applicata dal prossimo anno scolastico che comincerà il 1 settembre. Da metà mese, il testo è all’esame della commissione Istruzione del Senato con qualche difficoltà rispetto alle previsioni iniziali del governo di Matteo Renzi.
L’esame in commissione
Il ddl “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” era stato presentato lo scorso 27 marzo alla Camera dei Deputati che aveva condotto prima l’esame in sede referente presso la VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), e poi in aula con approvazione il 20 maggio 2015. Il testo, dopo aver subito qualche modifica, è stato trasmesso al Senato dove è cominciato l’esame in commissione Istruzione e dove il rapporto di forza tra maggioranza e opposizione è di 15 a 12 per la maggioranza con le posizioni però molto critiche all’interno dello stesso Partito Democratico di due senatori, Corradino Mineo e Walter Tocci, e del senatore a vita Carlo Rubbia. In commissione sono stati presentati circa 3mila emendamenti. Il presidente della commissione Istruzione del Senato, Andrea Marcucci (PD), su Twitter ha fatto il conteggio di tutte le modifiche presentate:
2150 emendamenti +500 sub +94 odg: #M5S 620, #Sel 529, #Pd 334, #gal 198, #ForzaItalia 183, #AreaPopolare 152, #lega 110. #labuonascuola
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) June 17, 2015
Precari e assunzioni
A questo punto sulla questione è intervenuto direttamente il presidente del consiglio Matteo Renzi ipotizzando di far slittare al 2016 la riforma della scuola e, con essa, anche l’assunzione dei 100mila precari del personale scolastico contenuta nel disegno di legge. Renzi ha anche accusato le opposizioni di voler rallentare i tempi dell’approvazione della legge: «Quest’anno con tremila emendamenti in commissione non si riesce ad assumere i centomila precari a settembre. Le scelte dell’opposizione hanno come conseguenza che il provvedimento non riuscirà a entrare in vigore in tempo per settembre».
Renzi, in quanto segretario del PD, aveva anche inviato una nota con cui chiedeva alla minoranza del partito di ritirare le proposte di modifica fatte in commissione: «Nei prossimi tre giorni la minoranza può lavorare a togliere o ridurre gli emendamenti in commissione per consentire alla riforma di essere approvata nei tempi stretti che ci sono e di procedere alle assunzioni dei precari». In molti hanno accusato Renzi di avere usato la questione dei precari come una sorta di ricatto, mentre le opposizioni hanno proposto di mantenere gli emendamenti e, intanto, di fare approvare a parte il capitolo sulle assunzioni dei precari. Il governo si è difeso ricordando che l’assunzione dei precari fa parte di un piano più ampio contenuto nella riforma, anche per quanto riguarda le coperture finanziarie, e che quindi non sarebbe possibile dividere le assunzioni dal resto della “Buona Scuola”. In tutto questo per qualche giorno, tra riunioni e dichiarazioni in televisione, la situazione è rimasta bloccata.
Cosa succede adesso
Oggi, martedì 23 giugno, la commissione Istruzione del Senato ha ripreso l’esame del provvedimento. Intorno alle 11.30 è stato presentato un maxi-emendamento dai relatori in commissione Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap), con la possibilità – scrivono diverse agenzie di stampa – che il testo sia integrato da quei sub-emendamenti che il governo considererà ammissibili (evidentemente non quelli che prevedano eccessive modifiche). A quel punto le strade saranno due: se le opposizioni in commissione non faranno ostruzionismo e ritireranno gli emendamenti come chiesto da Renzi, il testo di sintesi e mediazione sarà approvato e sottoposto all’aula del Senato (probabilmente giovedì). In caso contrario sarà il governo in aula a presentare un suo maxi-emendamento su cui porre la fiducia. A quel punto, all’inizio di luglio, il testo tornerebbe alla Camera e sarebbe molto probabilmente posto un nuovo voto di fiducia.
Al Senato come alla Camera il dissenso alla riforma si concentra sulle categorie dei precari da assumere, cioè su coloro che sono esclusi dal piano, sui poteri dei presidi, sugli sgravi e gli aiuti per le scuole paritarie. Secondo diverse fonti, all’interno del maxi-emendamento non ci sarebbero modifiche sostanziali al progetto di legge, soprattutto relativamente ai poteri dei dirigenti scolastici che manterrebbero il potere della ‘chiamata diretta’ e senza graduatorie degli insegnanti dei propri istituti. Si parla invece di modifiche relative alla composizione del comitato di valutazione che affiancherà il preside nella valutazione degli insegnanti a cui assegnare eventuali bonus e all’imposizione di un mandato per i presidi per un massimo di 6 anni.