Il culto dei film in celluloide
È un materiale estremamente infiammabile usato all'inizio del Novecento per fabbricare pellicole: oggi ha trovato nuovi e fedeli appassionati
Il giornalista John Lingan ha scritto un lungo articolo sul magazine di cose tecnologiche The Verge nel quale racconta di aver partecipato a un festival per appassionati di celluloide (nitrato di cellulosa), la sostanza usata nei primi decenni del Novecento per produrre pellicole cinematografiche che secondo alcuni permetteva una qualità dell’immagine superiore a quella dei materiali successivi.
La celluloide è stata scoperta e diffusa alla fine dell’Ottocento: benché sia stata il primo supporto “di successo” utilizzato per girare film, è stata abbandonata definitivamente negli anni Cinquanta per la sua estrema fragilità ma soprattutto per la sua pericolosità. Era infatti estremamente infiammabile, a causa del fatto che in pratica aveva la stessa composizione della polvere da sparo: bastava il calore prodotto dalla punta di una sigaretta per fare incendiare in pochi secondi l’intera pellicola, mettendo anche a rischio l’ambiente circostante (come accade per esempio in alcune scene di Nuovo Cinema Paradiso o Bastardi senza gloria). Il nitrato di cellulosa venne parzialmente sostituito già a partire dagli anni Quaranta dal triacetato di cellulosa (e in seguito dal poliestere). Ancora oggi, però, viene celebrato da alcuni appassionati di cinema per la profondità e la nitidezza dell’immagine, e gli vengono dedicati piccoli club e festival di impallinati (sebbene negli Stati Uniti esistano solo tre sale autorizzate e attrezzate per proiettare pellicole in nitrato).
Il Nitrate Picture Show, il festival a cui ha partecipato Lingan, si è svolto dall’1 al 3 maggio 2015 alla George Eastman House di New York, un museo privato di cinema e fotografia. Sono stati proiettati in tutto 13 film, fra cui soprattutto importanti film storici come Casablanca, L’uomo che sapeva troppo e Sansone e Dalila. L’ingresso per ciascuna proiezione costava 20 dollari (circa 17 euro). Il Nitrate Picture Show era particolarmente atteso perché oggi è molto raro che si organizzino festival del genere: oltretutto nei prossimi anni sarà idealmente sempre più difficile organizzare iniziative simili anche per la fragilità del nitrato. Secondo Lingan, qualsiasi pellicola in celluloide «col tempo si restringe e si deteriora, anche se trattata con la massima cura». La stessa Eastman House, che pure possiede più di seimila pellicole in nitrato, ha spiegato che molti di questi film sono ormai inutilizzabili a causa del naturale deterioramento del materiale.
Per cercare di risolvere questi problemi, nel 1995 la Eastman House ha comprato un capannone nei pressi di Rochester, nello stato di New York, dove ha costruito un modernissimo centro di conservazione delle pellicole in celluloide chiamato “Louis B. Mayer Conservation Center”, in onore dello storico capo della casa cinematografica Metro Goldwyn Mayer. Spiega Lingan:
Il Mayer Center è rigoroso e pensato in ogni dettaglio. La direttrice Deborah Stoiber ci ha detto che ognuna delle 12mila pellicole presenti può resistere per altri quattrocento anni, a patto che le misure di conservazione vengano costantemente aggiornate.
La Eastman House prende la sua missione di conservazione tremendamente sul serio: dopo che nel 1978 una combustione spontanea nel suo archivio distrusse circa 450 film, ha imparato la lezione. Le sei stanze che compongono il Mayer Center sono mantenute continuamente a una temperatura di 4,5 gradi centigradi con una percentuale di umidità del 30 per cento. Un ricambio d’aria completamente automatizzato è programmato per essere compiuto ogni 20 minuti. Secondo le nuove norme antincendio, l’edificio è dotato di estintori e uscite di emergenza, oltre a porte di acciaio rinforzato e un irrigatore automatico a pioggia. E prima che ogni film entri in una camera di conservazione, deve passare 24 ore in una “camera di adattamento”, mantenuta a 21 gradi.
Lingan si è chiesto se davvero le pellicole in celluloide abbiano qualità superiori o diverse rispetto alle pellicole utilizzate successivamente e ha provato ad assistere alla proiezione di Casablanca del Nitrate Picture Show.
All’inizio del film – che si è avviato con lo stesso crepitio di un falò da campeggio – ho prestato molta attenzione, per cercare qualche segno decisivo: ma tutto ciò che vedevo era un vecchio film. Forse un po’ più definito del solito, ma ugualmente rovinato.
Poi, subito dopo l’uccisione del collaboratore corrotto di Peter Lorre, quando Humphrey Bogart sale le scale verso il suo ufficio, c’è una scena in cui un dipendente dell’ufficio parla con l’ombra di Bogart. Nel momento in cui l’ombra di Bogart riempie lo schermo, eccola lì, la famosa profondità del “nero” del nitrato. Sembrava davvero simile a una porzione di spazio in negativo, un buco nero. Da quel momento in avanti, ho notato tutta una serie di piccoli particolari: la nitidezza della capigliatura di Bogart, la fantasia del ricamo del vestito di Ingrid Bergman. Nel resto del weekend mi sono accorto di altre, simili spettacolari immagini.
Alla fine del Nitrate Picture Show sono diventato un impallinato di nitrato. Su una pellicola del genere, i personaggi sembrano muoversi in maniera più naturale rispetto a come fanno sulle pellicole normali. Mi sembrava di stare condividendo con loro la stessa esperienza, di averli lì con me a portata di voce. Il Nitrate Picture Show è stata la più bella esperienza della mia vita legata al cinema: e anche la cosa più simile che abbia mai fatto a un viaggio nel tempo.