Cosa possono già fare i conviventi, in attesa di una legge
Il Sole 24 Ore ha messo insieme le cose che una coppia di fatto può fare già ora per assicurarsi un minimo di tutela davanti alla legge
Alla commissione Giustizia del Senato è in discussione il testo del disegno di legge Cirinnà – dal nome della relatrice Monica Cirinnà – su unioni civili e convivenza. Non è ancora chiaro dunque quali saranno i tempi della sua approvazione – sono state presentate più di 4 mila proposte di emendamento – né se l’Italia avrà quindi in tempi brevi una legge che regolamenta i rapporti di coppia al di fuori del matrimonio (l’Italia è rimasto l’unico paese dell’Europa occidentale a non averlo ancora fatto). In attesa di una regolamentazione specifica, il Sole 24 Ore ha messo insieme le cose che due conviventi possono già fare per assicurarsi un minimo di tutela davanti alla legge.
L’Istat parla chiaro: in Italia si registrano circa un milione di famiglie di fatto. Fenomeno, tuttavia, ancora privo di una regolamentazione per quel che riguarda il rapporto fra i partner, mentre negli ultimi anni diversi interventi legislativi (quali, la legge 219/2012 sull’equiparazione dei figli legittimi e naturali e la legge 54/2006 sull’affido condiviso esteso a figli di genitori non coniugati) hanno riguardato i diritti e doveri verso i figli , cancellando ogni differenza rispetto ai nati da genitori sposati.
Nel 2001 la legge 154/2001 ha anche esteso ai conviventi l’applicabilità delle misure contro la violenza nelle relazioni familiari. E se è recente il sì del Senato al disegno di legge su unioni civili e convivenze di fatto – con cui si formalizzano diritti già riconosciuti dai giudici (subentro nella locazione, assistenza ospedaliera, mantenimento temporaneo dell’ex in difficoltà) e si prevede la possibilità di stilare contratti di convivenza – alla coppia, oggi, non resta che ingegnarsi per assicurarsi un minimo di tutela giuridica.
I rapporti economici
Diversi, gli strumenti negoziali, cui i conviventi (la cui coabitazione sia anagraficamente attestata) potranno ricorrere per regolare i rapporti patrimoniali e successori.Con la donazione, ad esempio, potrebbero trasferirsi al partner beni o diritti, o costituire in suo favore un diritto reale di godimento.
Per sottrarre uno o più beni alla piena disponibilità del convivente proprietario e destinarli alle esigenze della convivenza, invece, potrebbe costituirsi un vincolo di destinazione o optare – nel caso in cui si intendessero tutelare gli interessi di figli nati dall’unione – per l’istituzione di un trust.
Le questioni economiche, poi, potranno regolarsi con apposita scrittura privata con cui, tra l’altro:
• si costituisca un fondo comune per le spese sostenute;
• si decida dell’assegnazione della casa familiare;
• si concordi l’assunzione da parte di uno dell’obbligo di mantenimento dell’altro;
• si opti per l’eventuale comunione sugli acquisti compiuti assieme;
• si definiscano i rapporti patrimoniali reciproci in caso di cessata convivenza.Ancora, potrebbero estendersi al compagno le prestazioni garantite dalla propria polizza sanitaria, o nominarlo beneficiario di un’assicurazione sulla vita.
L’eredità
È in ambito ereditario, a ben vedere, che l’assenza di disciplina incide maggiormente, non derivando dalle unioni di fatto alcun diritto successorio. Ecco che, se tra coniugi redigere testamento è facoltativo, tra conviventi diviene un passo obbligato. Con testamento, naturalmente, si potrà attribuire al partner solo la quota disponibile, cioè quella porzione del patrimonio che la legge non riserva ai familiari più stretti. Diversamente, la disposizione sarebbe impugnabile da parte dell’erede legittimo.Del tutto nulli, invece, sono i patti successori, ossia gli accordi con cui un soggetto si impegni a nominare taluno come suo erede. Vietato, anche il testamento reciproco. Consentita, però, la redazione di due testamenti “a specchio” con cui ogni convivente designi erede l’altro, seppur per la sola fetta disponibile.