La versione di Tacito uscita alla maturità, con la traduzione
È un brano degli Annales che parla degli ultimi giorni di vita dell'imperatore Tiberio
All’esame di maturità del 2015 è uscita una versione dello storico latino Tacito come seconda prova per gli studenti del Liceo Classico. Il brano è tratto dal libro sesto degli Annales, compreso nel paragrafo 50. Il brano racconta gli ultimi giorni di vita dell’imperatore Tiberio, nato nel 42 a.C. e morto nel 37 d.C. Tacito è uno degli storici romani più studiati al Liceo Classico, e il testo riguardo gli ultimi giorni di Tiberio è piuttosto conosciuto e studiato. L’ultima volta che alla seconda prova era uscito un testo di Tacito è stata nel 2005. In fondo all’articolo, la traduzione del brano.
Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa cui L. Lucullus quondam dominus. illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valetudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit. neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit. inde cuncta conloquiis inter praesentis, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. septimum decimum kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia G. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. pavor hinc in omnis, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima expectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. sic Tiberius finivit octavo et septuagesimo aetatis anno.
(la traduzione)
Il fisico e le energie avevano già abbandonato Tiberio, ma non così aveva fatto la dissimulazione: la durezza del suo carattere era rimasta la stessa; e seppure severo nei modi e in volto, a volte cercava di nascondere il proprio palese indebolimento con un’affettata cordialità. Dopo che si era spostato in molti posti, si stabilì infine in una casa di campagna presso il capo Miseno, appartenuta in passato a Lucio Lucullo. In tal modo si venne a sapere che stava per morire. In zona si trovava un bravo medico di nome Caricle, che sebbene non fosse solito curare di persona le ferite del principe, era comunque solito dargli molti consigli. Caricle, facendo per andarsene come se dovesse occuparsi di affari personali, gli tastò il polso delle vene dandogli la mano con la scusa di un saluto. La cosa non sfuggì a Tiberio: infatti lui, probabilmente offeso e per questo motivo trattenendo ancora di più la rabbia dentro di sé, ordinò di preparare un banchetto e vi si trattenne più del solito, quasi volesse festeggiare la partenza dell’amico. Tuttavia Caricle rassicurò Macrone [il prefetto del pretorio di Tiberio] sul fatto che l’anima di Tiberio stesse svanendo, e che non sarebbe sopravvissuta ancora più di due giorni. Da lì in poi tutte le cose furono affrettate, nei colloqui fra i presenti così come nei messaggi fra ambasciatori ed eserciti. Sedici giorni prima delle calende di aprile si diffuse la notizia che il respiro gli si fosse fermato, e che stesse per morire: e già Gaio Cesare (Caligola) era uscito di casa con un folto gruppo di persone che si rallegravano, per cogliere i primi vantaggi del potere (che derivava dall’essere imperatore), quando improvvisamente si diffuse la notizia che Tiberio aveva ripreso a parlare e che fosse stato chiamato qualcuno che gli portasse del cibo per potersi ristorare. Il terrore colse tutti quanti, e alcuni si dispersero qui e là, mentre altri si finsero tristi o inconsapevoli. Gaio Cesare, impietrito nel silenzio, aspettava, dopo la repentina ed enorme speranza. Macrone, impavido, ordinò che il vecchio venisse ucciso dopo avergli gettato addosso un mucchio di vestiti, e ordinò agli altri di allontanarsi dalla soglia della stanza. Così morì Tiberio, all’età di 78 anni.