Il centrodestra ha vinto in Danimarca
Il centrodestra ha ottenuto 90 seggi in parlamento, 5 in più del centrosinistra; il partito anti-europeista Popolo Danese è stato il secondo più votato
In Danimarca la coalizione di centrodestra ha vinto le elezioni politiche che si sono tenute giovedì 18 giugno, ottenendo 90 seggi nel nuovo Parlamento rispetto agli 85 di quella di centrosinistra, che finora aveva governato il paese. Il primo ministro uscente, Helle Thorning-Schmidt, ha riconosciuto la sconfitta della sua coalizione di centrosinistra e ha annunciato le dimissioni da leader del Partito Socialdemocratico che comunque risulta il primo partito del paese per numero di voti ottenuti singolarmente. Ha poi detto di essere pronta per andare dalla regina per annunciare la fine del suo governo, spiegando che «ora tocca a Lars Lokke Rasmussen il compito di formarne uno nuovo». Rasmussen è il leader di Venstre, il partito liberale che fa parte della coalizione di centrodestra che ha vinto le elezioni e che fino ad ora era anche il primo partito del blocco. Stavolta Venstre si è fermato al 19,5 per cento (34 seggi) superato all’interno della sua stessa coalizione dal Partito del Popolo Danese che ha ottenuto il 21,1 per cento dei voti (37 seggi). Molti analisti ritengono sorprendente il risultato di Popolo Danese, il secondo partito più votato a queste elezioni, conosciuto soprattutto per le sue posizioni di destra e antieuropeiste.
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— E̲lectogrāfica (@electografica) June 19, 2015
Le elezioni in Danimarca erano state convocate con qualche mese di anticipo da Thorning-Schmidt, prima donna capo del governo nella storia del paese e alla guida del governo – con qualche difficoltà – dal 2011, cioè da quando i socialdemocratici erano tornati al governo dopo 10 anni di opposizione. L’esito delle elezioni era dato come molto incerto.
L’attribuzione dei seggi in Danimarca
I seggi del Parlamento danese, il Folketing – che è un’assemblea legislativa monocamerale – sono 179 e per raggiungere la maggioranza è dunque necessario ottenerne 90. Alla Danimarca spettano 175 seggi, alle Isole Fær Øer 2 e alla Groenlandia altri 2. Dei 175 parlamentari che spettano alla Danimarca, 135 sono eletti in dieci circoscrizioni plurinominali con un sistema proporzionale, con soglia di sbarramento al 2 per cento. Gli altri 40 seggi, detti “di compensazione”, vengono attribuiti in modo da bilanciare qualsiasi differenza tra i risultati a livello circoscrizionale e quelli a livello nazionale (e sono divisi tra le liste che abbiano ottenuto almeno un seggio nelle circoscrizioni plurinominali, o che abbiano ottenuto la percentuale di voti più alta in due circoscrizioni elettorali, ovvero abbiano raggiunto la soglia di sbarramento).
Il governo fino a oggi
In Danimarca nel 2011 era stato formato un governo di minoranza. Venstre, il partito liberale, era stato il più votato alle elezioni ma il blocco di centrosinistra aveva ottenuto 92 deputati: i socialdemocratici, grazie all’alleanza con altre due forze di centrosinistra – il Partito social-liberale e il Partito socialista –, erano riusciti a tornare al governo. Nel febbraio del 2014 i socialisti danesi avevano lasciato la maggioranza, ma avevano garantito comunque sostegno esterno al governo: il motivo del disaccordo era stata la decisione di Thorning-Schmidt di permettere alla banca di investimenti Goldman Sachs di acquistare il 18 per cento delle quote controllate dallo Stato dell’azienda energetica Dong Energy A/S (pari a circa 1,5 miliardi di dollari), l’azienda più grande del paese nel settore dell’energia. Durante la legislatura, il governo era stato anche sostenuto, ma solo in alcuni casi, dall’Alleanza rosso-verde di estrema sinistra.
Popolo Danese
Il partito che in proporzione ha ottenuto il miglior risultato e di cui si parla molto è Popolo Danese. È noto per avere chiesto un referendum sulla permanenza della Danimarca nell’Unione Europea: alle elezioni europee del 2014 aveva ottenuto un ottimo risultato. Popolo Danese è diventato grazie alle ultime elezioni la seconda forza politica della Danimarca: è un partito di destra che aveva sostenuto il blocco formato dai liberali tra il 2001 e il 2011 contribuendo a far approvare in Danimarca una delle leggi più rigide in Europa in materia di immigrazione. I suoi esponenti hanno spesso usato parole molto forti e criticate nei confronti dei migranti e delle minoranze religiose: lo scorso ottobre, ad esempio, la loro portavoce sull’immigrazione aveva definito i profughi degli «arrivati indesiderabili, comunque si consideri la questione», diversi membri del partito hanno detto che l’Islam è «la più grave minaccia per la nostra civiltà» e l’ex presidente del partito Pia Kjaersgaard ha detto che in Danimarca alcuni quartieri «sono popolati da gente venuta da un livello di civiltà inferiore».
Il tema dell’immigrazione è stato comunque al centro della campagna elettorale. I socialdemocratici, che durante la campagna elettorale del 2011 promettevano di annullare alcune disposizioni contrarie all’immigrazione, hanno rivisto la loro linea per tre principali ragioni: l’aumento di consensi del Partito del Popolo Danese, gli attentati compiuti in febbraio a Copenaghen da un danese di origine palestinese, Omar al Hussein, che ha ucciso due persone, e il dibattito sull’introduzione di quote obbligatorie per l’accoglienza dei migranti in corso all’Unione europea. La Danimarca, come il Regno Unito, ha fatto appello alla clausola di esclusione che la tiene fuori da qualsiasi obbligo relativo al ricollocamento.