Nel posto dove danno il premio Strega
Michele Masneri ha seguito l’annuncio della “cinquina” nella sede della Fondazione Bellonci e forse non lo inviteranno più
Il giornalista e scrittore Michele Masneri è stato alla Fondazione Bellonci a Roma, dove è stata annunciata la cinquina dei finalisti del Premio Strega dopo lo spoglio dei voti dei 400 grandi lettori. Masneri ha raccontato l’atmosfera all’interno del premio letterario più importante d’Italia e, a quanto sembra, non gli è piaciuta moltissimo. Il premio Strega, importante premio letterario italiano, verrà assegnato quest’anno il prossimo 2 luglio.
La modernità è arrivata a casa Bellonci. Nel secondo Strega dell’era renziana, la novità principale non è solo il sistema di voto, tipo Italicum della letteratura, che snellisce le procedure e aggiunge rappresentanza. No, più moderni ancora sono i grandi neon fatti issare nei saloni (o meglio tinelli) nostalgici nell’appartamento dei Parioli rombanti in via Panama. Neon proprio industriali, e in quantità, fatti mettere ai soffitti, che illuminano adesso di luce azzurrina e sberluccicante, come di carrozzeria o sala operatoria, l’orrore che in altri anni si era solo intravisto. Nell’epoca renziana dei led, la modernità del neon si catarifrange sullo Strega e in particolare sulla “cinquina”, rito di pura cognizione dell’orrore che inizia ancor prima d’essere entrati in questa casa, poi Fondazione, Bellonci.
L’odore di morte comincia già in questo ascensore di legno che sale su, lento, bofonchiante, in una tromba di scale sontuosa anni Quaranta perfetta per suicidi da telefoni bianchi. Al quarto piano, superata la selezione (altra novità di questa edizione) quest’anno la temperatura è ancora più insopportabile: nell’ingresso di graniglie industriali, ecco gli autori e i nugoli di uffici stampa col capello sfibrato, ecco soprattutto anziani e anzianissimi. Non molto signorili, non tutti. Che odore è? Forse naftalina, oppure tutti questi vecchi libri, insieme alla cucina non lontana. L’odore dei libri dei vecchi? Un afrore animale, ti sale al naso, ti gira la testa, forse bisognerebbe dotarsi di Vicks Vaporub come per le autopsie. “E’ l’odore dell’umanità”, mi dice Ludina Barzini costernata e ancorata a una stufa di muratura, tipo quelle stufe di cucina economica che avevano i contadini in Emilia Romagna (ma questi Bellonci, nonostante i numerosi bestseller a tema medievale di lei, non dovevano passarsela benissimo, pur tra i Mafai e i Morandi e tavoli fratini, tutti ugualmente tarlati). Ma restiamo aggrappati alla stufa per non farci trascinare dal flusso di corpi; bisogna fare soprattutto attenzione a certe anziane larghe e basse che ti calpestano a tradimento, dato che non le puoi vedere, te ne accorgi solo quando è troppo tardi, quando senti un fatale abbraccio tipo alghe o mucillagini strusciarti addosso (niente a che vedere però con le famose Nane dello Strega; quelle curatissime che stanno sedute solo fuori in terrazzo, non vengono neanche alla finale, a Valle Giulia, è una nicchia molto selettiva e misteriosa).
Sotto di noi però ecco queste ricrescite allarmanti; riportini da coiffeur jugoslavi; tinture di capelli in palette e pantoni scomparsi in occidente da decenni; bottoni-gioiello e scollature da Copacabana su signore che forse andavano a scuola coi Bellonci; e poi questo catering feroce che si snoda tra corridoi stretti, con queste librerie e scaffali e tappezzerie e fili elettrici non a norma che trasudano per il calore e la troppa folla, mancano solo specchi da cui spunta fuori Clara Calamai con un’accetta tipo “Profondo Rosso”. Ecco che avanzano camerieri con facce da tagliagole e vassoi minacciosi, e non si ritraggono al passaggio, anzi. Qui Fantozzi meets Dario Argento: è la scena della polenta a Courmayeur, se non indietreggi tu, il catering corpulento non lo farà, rischi non di cader nel pentolone ma di venir decapitato da questi vassoi in silverplate contenenti desolati tramezzini tipo Itinere-Frecciarossa, ma secchi, con quella caratteristica secchezza del pan carrè che si alza e arriccia ai vertici, tipo stella di mare che si essicca spiaggiata.