Il Milan vale davvero un miliardo di euro?
Se l'è chiesto Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport, provando a fare chiarezza sulle cifre circolate negli ultimi giorni sui giornali
Il giornalista sportivo Marco Iaria ha fatto un po’ di conti sulla cessione del Milan all’imprenditore thailandese Bee Taechaubol. Iaria ha scritto della questione sul suo blog pubblicato dal sito della Gazzetta dello Sport, cercando di capire se i numeri di cui si parla sono proporzionati o meno al valore della squadra.
La scorsa settimana Fininvest ha diffuso un comunicato in cui spiegava che tratterà in esclusiva per due mesi la cessione del 48 per cento delle quote della squadra a Taechaubol. Nel comunicato non si parla esplicitamente di quanto pagherà Taechaubol per l’acquisto delle quote, ma tutti i giornali hanno scritto che si tratta di una cifra intorno ai 480 milioni di euro. Se i numeri fossero confermati, significherebbe che il Milan è stato valutato nel suo insieme circa un miliardo di euro. Una cifra sproporzionata al suo reale valore, secondo Iaria: tenendo conto del fatto che il Milan ha un indebitamento netto di 247 milioni di euro – parametro che viene conteggiato nel “prezzo” che si assegna a una squadra – e che le entrate della squadra in tutto il 2014 sono state di 224 milioni, al Milan è stata assegnata una valutazione complessiva di circa sei volte il proprio fatturato (1,247 miliardi contro 224 milioni). Va inoltre tenuto conto del fatto che per la seconda stagione consecutiva il Milan non giocherà nessuna coppa europea, una notevole fonte di guadagno.
Secondo alcuni, la sopravvalutazione del Milan è spiegabile con la volontà di Taechaubol di fare un investimento sul “marchio”: il Milan è infatti al decimo posto al mondo nella classifica dei marchi di calcio più “potenti” compilata dall’istituto di ricerca Brand Finance. Secondo Iaria, invece, l’eccessivo costo del 48 per cento delle quote indica che esiste un accordo fra Berlusconi e Taechaubol affinché quest’ultimo acquisti il reale controllo della squadra: secondo questa spiegazione Berlusconi ha semplicemente “gonfiato” la valutazione per motivi non chiari, mentre Taechaubol otterrà il controllo della squadra nonostante nominalmente avrà solo una quota di minoranza.
Andrea Agnelli, presidente Juventus, conferenza stampa 08/06/2015: “La Fininvest ha comunicato che in questo momento ha aperto un dialogo formale e quindi i numeri non ci sono ancora. Così come li ho letti sui giornali sono numeri sicuramente impressionanti. Quando poi vado a guardare e a fare qualche riflessione sui multipli e guardo al risultato netto, al margine operativo lordo, alla posizione netta finanziaria del Milan poi faccio fatica a trovare una quadra a quel numero. C’è, senz’altro! Ci sono dei valori intangibili: il valore del marchio. Però qui faccio più una domanda io a lei da commentatore della comunità finanziaria: come possono questi numeri portare ad un risultato di quel tipo?”
Diciamolo subito: i dubbi di Agnelli sono gli stessi che abbiamo noi. Se è vero che la cordata rappresentata da Bee Taechaubol acquisirà il 48% del Milan per 480 milioni, con Fininvest a mantenere il controllo del club come da comunicato della holding di Berlusconi, la valutazione complessiva della società rossonera che sarebbe stata fatta non trova alcun riscontro nei metodi tradizionalmente utilizzati per valutare le aziende. E’ chiaro che qui stiamo parlando di una squadra di calcio: non un’azienda qualsiasi ma un concentrato di interessi e passioni che trascende i principi dell’economia classica. Ma anche rimanendo in ambito calcistico le perplessità restano eccome. Beninteso, il comunicato di Fininvest non rivela l’entità del corrispettivo ma tutti gli organi di informazione sono stati concordi su quei 480 milioni. Il 100% farebbe 1 miliardo. Valutazione corretta? Esagerata? Vediamo un po’.
Una premessa è d’obbligo. Sul mercato un conto è il valore, un altro il prezzo. Il valore è oggettivo, il prezzo può dipendere da una serie di fattori: gli interessi specifici di chi compra, la concorrenza di altri acquirenti, le potenzialità dell’affare, eccetera. A far la corte al Milan non è stato, comunque, uno sceicco desideroso di legittimarsi nel consesso internazionale, ma presumibilmente un gruppo di investitori che, attraverso lo strumento del private equity, mettono di solito il grano con la prospettiva di un ritorno sicuro dell’investimento. In casi del genere prezzo e valore si avvicinano.