I due fronti sui migranti
In Italia la distribuzione va avanti, nonostante le proteste delle regioni (e come?); in Europa è di nuovo tutto fermo, nonostante le promesse
La discussione di questi ultimi giorni sulla questione dei migranti avviene su due diversi fronti: quello interno italiano e quello europeo. Nel primo caso, mentre i presidenti di alcune regioni del nord protestano e scrivono lettere ai prefetti, dal sud sono partiti i pullman con i migranti soccorsi negli ultimi giorni nel Mar Mediterraneo (si tratta di quasi 6.000 persone, profughi e richiedenti asilo, arrivate su barche e gommoni provenienti dalla Libia). Nel frattempo si attende che il sistema di quote recentemente approvato dall’Unione Europea diventi operativo, perché rappresenterebbe un “alleggerimento” per i paesi maggiormente coinvolti dagli sbarchi. Questo è il punto della situazione, a oggi.
Distribuzione dei migranti in Italia
La distribuzione sul territorio nazionale dei migranti era stata decisa in base a una serie di criteri fissati dal piano nazionale d’accoglienza del 10 luglio 2014, concordato insieme alle regioni: prevedeva la distribuzione dei migranti in maniera equilibrata tenendo conto della popolazione, del PIL e del numero di persone già ospitate da ciascuna regione. Il piano è saltato a causa dei nuovi sbarchi e del rifiuto di alcune regioni ad accogliere persone. Subito dopo le elezioni amministrative (lo scorso 31 maggio) e prevedendo nuovi sbarchi, il ministero dell’Interno aveva quindi inviato una circolare ai vari prefetti chiedendo di mettere a disposizione 7.500 nuovi posti ed evidenziando in modo esplicito l’obbligo per alcune regioni che finora erano “sotto-quota” a rispettare le direttive.
L’invito della circolare era rivolto soprattutto a Veneto e Lombardia. Il ministero dell’Interno fornisce periodicamente numeri e dati sulle presenze dei migranti sul territorio nazionale. Risulta che un terzo del totale dei migranti presenti si trovi attualmente in due regioni, Sicilia (21 per cento) e Lazio (13 per cento). Il Veneto, invece, è tra le grandi regioni del nord che ospita meno persone, con il 4 per cento. La Lombardia è al 9 per cento, ma se si fa il rapporto rispetto al numero totale di abitanti, in Lombardia i migranti sono circa lo 0,066 per cento della popolazione: in Sicilia, per capirci, sono lo 0,32 per cento.
Il presidente della Lombardia Roberto Maroni, il presidente del Veneto Luca Zaia, ma anche quello della Liguria Giovanni Toti e la giunta che governa la Valle d’Aosta si sono detti contrari alla distribuzione dei migranti. Maroni, in particolare, dopo averlo minacciato, ha effettivamente inviato una lettera ai prefetti della sua regione chiedendo «di sospendere le assegnazioni nei comuni lombardi in attesa che il governo individui soluzioni di accoglienza temporanea più eque, condivise e idonee, che garantiscano condizioni di legalità e sicurezza». Claudio Palomba, presidente del Sinpref, l’associazione sindacale dei funzionari prefettizi, ha però risposto che «i prefetti della Lombardia non rispondono certo al governatore, con tutto il rispetto per Maroni: è una materia di competenza dello Stato e i prefetti si attengono alle direttive che arrivano dal ministero dell’Interno e dal governo».
Secondo le direttive del ministero, quindi, e secondo quanto scrive il Corriere della Sera, la quota per la Lombardia è stata fissata a 2.116 profughi-richiedenti asilo e quella per il Veneto a 1.926. In questa prima fase di trasferimento è stato deciso di mandare in Lombardia 450 profughi-richiedenti asilo e 630 in Veneto. La Liguria – che dovrebbe accogliere 599 persone – ne ospiterà 350; la Valle D’Aosta, a fronte di una quota prevista di 141, ne accoglierà 100. Altri 400 profughi-richiedenti asilo vanno in Piemonte, 250 in Toscana, 150 in Campania, 115 in Abruzzo, 92 in Molise, 55 nelle Marche, 50 in Emilia-Romagna e in Basilicata. Il piano, dice sempre il Corriere, prevede un aggiornamento in base agli arrivi e alle regioni che hanno fatto sforzi maggiori.
L’Unione Europea
Lo scorso maggio la Commissione Europea ha approvato un piano che ridefinisce i principi in base ai quali i 28 stati membri dell’Unione Europea dovranno accogliere gli immigrati richiedenti asilo. Le persone saranno trasferite in base a quattro criteri: la popolazione (che inciderà al 40 per cento), il PIL (un altro 40 per cento), la disoccupazione e il numero di richiedenti già accolti (entrambi al 10 per cento). Più sono i suoi abitanti e maggiore è il suo PIL, più saranno quindi i migranti che uno stato dovrà accogliere. La decisione riguardava la ridistribuzione tra gli stati dell’Unione Europea di circa 40 mila immigrati richiedenti asilo, per il momento: 24 mila di loro sono al momento in Italia, 16 mila sono invece in Grecia.
Il percorso per l’approvazione del piano è però piuttosto complicato, per vari motivi. Diversi paesi si sono dichiarati contrari (Regno Unito, Francia, Ungheria e Spagna, per esempio) e la proposta deve essere adottata dal Consiglio europeo con voto a maggioranza qualificata. Martedì 16 giugno si terrà il consiglio degli Affari interni, cioè la riunione dei ministri dell’Interno dei 28 paesi membri. Il 25 giugno ci sarà poi il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo. Durante quegli incontri dovrebbe essere fatto qualche progresso verso l’approvazione del piano. Per ora un portavoce della presidenza di turno, cioè della Lettonia, è stato piuttosto prudente sui tempi: «Ci sarà un ampio dibattito politico sull’agenda europea e uno scambio di vedute sugli aspetti legati ai rimpatri, compreso lo stato dell’arte dei negoziati in corso. Dopo quella fra i ministri, ci sarà una discussione anche al Consiglio europeo di giugno, che darà le linee guida per l’ulteriore lavoro». Sembra dunque allontanarsi l’urgenza con la quale l’Unione Europea, dopo un vertice straordinario organizzato lo scorso aprile a seguito del naufragio in cui erano morte alcune centinaia di migranti, aveva annunciato provvedimenti immediati per affrontare “l’emergenza migranti”.