La Grecia ha rinviato il pagamento all’FMI
Potrebbe essere una strategia per guadagnare qualche giorno in vista della conclusione di un accordo: intanto Tsipras ha presentato le sue proposte all'UE
Il governo della Grecia avrebbe dovuto pagare oggi, venerdì 5 giugno, una rata da 300 milioni di euro al Fondo Monetario Internazionale (FMI). La sera di giovedì – dopo che Christine Lagarde, direttore del FMI, si era detta fiduciosa che il pagamento sarebbe arrivato – la Grecia ha però comunicato l’intenzione di accorpare in un’unica rata i quattro pagamenti previsti, per un totale di 1,6 miliardi di euro, che verserà entro il 30 giugno. Gerry Rice, portavoce del FMI, ha detto che si tratta di un’opzione prevista dallo stesso regolamento del FMI dalla fine degli anni Settanta: l’opzione prevede che i paesi membri possano raggruppare insieme più rate in scadenza nello stesso mese e pagarle in una volta sola. Finora ne aveva usufruito solo lo Zambia nel 1980. La procedura richiesta dalla Grecia è stata comunque autorizzata: si tratta della prima volta da quando sono iniziati i piani di aiuto nel 2010 che il paese non rispetta una delle scadenze di rimborso.
Ipotesi sul ritardo
Il Guardian e diversi altri giornali sostengono che la mossa del primo ministro Alexis Tsipras sia allo stesso tempo una reazione e una sfida verso i creditori internazionali che chiedono austerità e riforme in cambio dell’erogazione dei 7,2 miliardi di prolungamento di aiuti già concessi lo scorso febbraio dall’Eurogruppo, ma non ancora versati. Il Guardian aggiunge anche che se la Grecia avesse voluto avrebbe avuto la capacità di pagare i 300 milioni al FMI, nonostante la posizione finanziaria complicata e la mancanza di liquidità del paese.
Le Monde scrive che Tsipras guadagnerà così del tempo prezioso: il governo avrebbe potuto pagare 300 milioni il 5 giugno, ma probabilmente non i 336 in scadenza il 12 giugno e altre centinaia di milioni i giorni dopo ancora. Se avesse versato la rata del 5 sarebbe stato costretto a un accordo politico nelle ore o nei giorni successivi. Il ritardo darà invece a Tsipras un margine di trattativa. Inoltre, qualche giorno in più potrebbe essere necessario a Tsipras per preparare la sua maggioranza al parlamento di Atene e i membri del suo partito, Syriza, con i quali ha alcune difficoltà, all’approvazione di un accordo futuro.
A che punto sono le trattative
Giovedì 4 giugno a Bruxelles Alexis Tsipras ha incontrato Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, che riunisce i ministri dell’Economia dei paesi membri. Juncker e Dijsselbloem hanno presentato a Tsipras una proposta di cinque pagine per concludere un accordo che il vice ministro greco della sicurezza sociale Dimitris Stratoulis ha definito «vergognoso e disonorevole»: prevede tagli di spesa e aumenti delle tasse per un valore corrispondente al 2 per cento del PIL del paese, attraverso un aumento dell’IVA e una riforma radicale delle pensioni che finora il governo greco ha detto di non voler toccare (qualche tempo fa, il ministro delle Finanze Varoufakis aveva detto che «preferiamo pagare un pensionato rispetto a un creditore»).
I creditori hanno chiesto anche una serie di privatizzazioni che il governo greco non è disposto ad accettare completamente: il governo si è detto favorevole alla privatizzazione degli aeroporti e del Pireo, ma non intende cedere sulle aziende che producono e distribuiscono elettricità. E infine c’è la questione del bilancio: i creditori chiedono alla Grecia un saldo positivo e un avanzo primario (cioè il saldo tra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi sul debito) pari all’1 per cento nel 2015 e al 2 per cento nel 2016. Tsipras chiede, per limitare i tagli, cifre più basse: 0,6 per cento per quest’anno e 1,5 per cento per il 2016.
Tsipras ha presentato a Bruxelles le sue proposte contenute in 47 pagine che ha definito «complete e realistiche» (una precedente stesura delle proposte era stata giudicata inconsistente, vaga e per questo era stata molto criticata). In una lettera pubblicata e tradotta su diversi giornali internazionali, Tsipras ha spiegato i contenuti delle sue proposte. Un punto centrale è «l’impegno a ridurre – e quindi a rendere realizzabili – gli avanzi primari per il 2015 e il 2016, acconsentendo ad avanzi primari più elevati per gli anni successivi, poiché ci aspettiamo un aumento proporzionale dei tassi di crescita dell’economia greca». Ha poi scritto di voler aumentare le entrate pubbliche «redistribuendo l’onere fiscale dalle classi medio-basse a quelle più alte che finora non hanno fatto la loro parte». E questo attraverso l’approvazione di una legge contro l’evasione fiscale, «una tassa speciale sui profitti molto alti, una tassa sulle scommesse online, l’intensificazione dei controlli sui titolari di conti bancari con somme ingenti, una gara di appalto per la radiodiffusione e altre licenze, che la troika aveva stranamente dimenticato negli ultimi cinque anni». Sulle pensioni non è invece chiara la situazione: secondo alcuni Tsipras avrebbe ceduto a una riforma, ma la notizia è poi stata smentita da diverse agenzie di stampa.
L’ultimatum dei creditori scadrà comunque tra dieci giorni. Tsipras riferirà oggi pomeriggio al parlamento di Atene a che punto è la trattativa e nelle prossime ore dovrebbe tornare a Bruxelles per ulteriori negoziati.
Possibile bancarotta
La Grecia è sempre più vicina alla bancarotta e da tempo circola l’ipotesi di una sua eventuale uscita dall’euro: si tratta di un tema ricorrente ma di complicatissima praticabilità e che finora non ha trovato concreti sostegni politici nel governo greco. Più si va avanti nel tempo con le trattative, più la Grecia è in difficoltà, ma anche l’Europa. Thomas Fazi ha scritto sul Manifesto di oggi:
«In virtù del dilungarsi delle trattative la Grecia ha sempre meno da perdere. A causa della continua emorragia di capitali dalla Grecia – i depositi presso le banche greche hanno raggiunto il livello più basso da dieci anni a questa parte – le banche sono sempre più dipendenti dalla liquidità di emergenza della Bce fornita attraverso l’Emergency Liquidity Assistance (Ela). Se da un lato questo pone il paese sempre più alla mercé della banca centrale, dall’altro – come ha fatto notare il falco tedesco Hans-Werner Sinn – fa anche lievitare i costi per la controparte di un’eventuale uscita della Grecia dall’euro, poiché aumentano i crediti dell’Eurosistema nei confronti della banca centrale greca all’interno del sistema Target2, sempre attraverso l’Ela (che in caso di uscita, ovviamente, andrebbero in buona parte perduti). Oggi questi ammontano a circa 100 miliardi di euro, pari quasi a due terzi il reddito nazionale della Grecia. Come dice l’adagio, se devi alla banca mille euro è un problema tuo, ma se le devi un milione è un problema della banca».