La nuova legge americana sulla sorveglianza
Barack Obama ha firmato il "Freedom Act", che sostituisce il contestato "Patriot Act" e mette alcune restrizioni allo spionaggio del governo e della NSA
Gli Stati Uniti hanno una nuova legge sulla sorveglianza, il “Freedom Act”, in sostituzione del “Patriot Act” approvato nel 2001 dopo gli attentati dell’11 settembre su proposta di George W. Bush. La nuova legge regolamenta le operazioni e l’attività di sorveglianza del governo, ma con maggiori restrizioni per quanto riguarda la raccolta di informazioni contenute nei tabulati telefonici. Dopo essere stato approvato alla Camera lo scorso 13 maggio – e dopo un intoppo che all’inizio della settimana aveva creato un vuoto legislativo di qualche giorno – il “Freedom Act” è passato al Senato martedì 2 giugno con 67 voti a favore e 32 contrari ed è stato firmato poche ore dopo dal presidente Barack Obama.
Il tema è molto attuale e sentito soprattutto da quando alcuni vasti e controversi programmi di spionaggio della National Security Agency (NSA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa della sicurezza nazionale, sono stati resi noti negli scorsi mesi grazie ai documenti diffusi da Edward Snowden, un suo ex analista. Già nel 2014 il presidente Barack Obama aveva promesso riforme importanti al sistema, per garantire più trasparenza e più equilibrio tra la protezione delle libertà civili dei cittadini statunitensi e la garanzia della sicurezza. Al centro della riforma c’è in particolare la sezione 215 del Patriot Act che regolamentava l’intercettazione dei cosiddetti “metadati” e cioè dei numeri di telefoni di chiamante e ricevente, durata delle conversazioni e altre informazioni “grezze” delle comunicazioni (non il loro contenuto) e in base alla quale la NSA aveva monitorato e raccolto informazioni in modo massiccio.
All’inizio di maggio una corte d’appello degli Stati Uniti aveva deciso che le intercettazioni della NSA non erano giustificabili dal Patriot Act del 2001 e dovevano essere considerate illegali. Il Freedom Act prevede che il governo degli Stati Uniti continui a mantenere ampi poteri in materia di sorveglianza ma anche che l’archiviazione dei tabulati telefonici venga svolta dalle aziende di telecomunicazioni e che la consultazione da parte del governo sia vincolata all’autorizzazione di un giudice che verrà rilasciata nel caso in cui verrà dimostrato un collegamento «ragionevole e dettagliato» tra la richiesta di accesso ai dati e alcuni criteri specifici (sospette finalità terroristiche, ad esempio). In ogni caso queste modifiche riguardano solo le contestate intercettazioni dei cittadini statunitensi: non cambia niente per le informazioni raccolte dalla NSA fuori dagli Stati Uniti.
La nuova legge è una sorta di compromesso tra la volontà dei Democratici di porre un limite ai poteri dell’NSA e la richiesta dei Repubblicani di confermare questi poteri. Il Freedom Act – promosso soprattutto dai Democratici – ha diviso i Repubblicani, che controllano sia la Camera che il Senato. Il leader della maggioranza Repubblicana al Senato, Mitch McConnell, si era opposto a qualsiasi modifica, aveva tentato di ottenere il rinnovo delle parti del Patriot Act in scadenza il primo giugno e aveva cercato di bloccare il Freedom Act con una serie di emendamenti affinché tornasse alla Camera. Tutti gli emendamenti presentati sono stati però respinti, e così il testo è stato infine approvato con una maggioranza larga e trasversale. Tra i senatori repubblicani favorevoli a una limitazione dei poteri di sorveglianza da parte del governo c’era Rand Paul, che negli scorsi mesi aveva denunciato con forza le intrusioni del governo nella vita privata degli americani e che si è anche candidato alla Casa Bianca per le elezioni del 2016.