Cos’è QUESTA Lega
Dario Di Vico descrive cosa ha di nuovo, cosa ha di vecchio, e cosa non ha il partito che Salvini ha tirato fuori dalla sua crisi peggiore
La Lega Nord ha ottenuto un successo notevole alle elezioni regionali e amministrative del 31 maggio e del 1 giugno, risollevandosi da una difficile crisi negli ultimi anni che secondo diversi analisti avrebbe potuto portare alla sua fine. Sul Corriere di oggi, Dario Di Vico spiega come ha fatto il suo segretario, Matteo Salvini, a raggiungere questo risultato e che cosa manca ancora al suo partito.
Matteo Salvini è riuscito nell’operazione che si era prefisso e che aveva preparato accuratamente mettendo in mostra in questi mesi di campagna elettorale, pressoché permanente, una straordinaria vitalità. La Lega è tornata a contare consensi in doppia cifra percentuale in molte situazioni e ora aggiunge all’alto rating elettorale raggiunto il controllo di due Regioni-chiave come Lombardia e Veneto. E, soprattutto, appare come il soggetto forte di una possibile e rinnovata coalizione di centrodestra che punti a sfidare in campo aperto Matteo Renzi. Si può, dunque, già parlare di un forzaleghismo che cambia verso e diventa legaforzismo?
Per ora si può dire che Salvini è stato una calamita del voto moderato di centrodestra ma non ha attratto in toto il vecchio elettorato forzista. L’operazione gli riesce quando il candidato — a prescindere dalla tessera che ha — si chiama Giovanni Toti o meglio ancora Luca Zaia, due volti di politici rassicuranti (diremmo democristiani) e non certo inclini all’estremismo che, di conseguenza, riescono a integrare le pulsioni ribelliste suscitate dalle ruspe evocate da Salvini con l’anima governativa del centrodestra. Una parte, però, di fedeli elettori di Silvio Berlusconi almeno questa volta non si è fidata del nuovo leader leghista e piuttosto che votarlo ha preferito rifugiarsi nell’astensione. Magari solo in attesa di una decisione più ponderata da prendere al prossimo turno.
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