La moria delle antilopi saiga
Negli ultimi giorni in Kazakistan sono morti 120 mila esemplari di saiga, ma nessuno ha capito bene perché
Da qualche giorno in Kazakistan si sta verificando una moria di antilopi saiga, una specie molto particolare e rara. La situazione sembrava complicata già da qualche giorno ma solo giovedì l’UNEP, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ha pubblicato un rapporto accurato sulla situazione definendola altamente critica. Dalla metà di maggio a oggi sono morte circa 120mila antilopi saiga, il che significa circa un terzo della popolazione mondiale.
La saiga appartiene alla famiglia delle antilopi ed è facilmente riconoscibile per via della sua caratteristica struttura nasale, molto grande e flessibile. I maschi sono solitamente più grandi delle femmine e hanno le corna, che si pensa – soprattutto nella medicina tradizionale cinese – abbiano qualità curative; proprio per questa ragione le saiga sono state (e lo sono in parte ancora oggi) a lungo vittime di bracconaggio. Negli anni Venti la specie fu quasi interamente sterminata; negli anni Cinquanta riuscì a riprendersi, ma fu inserita dalla IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) tra le specie in pericolo critico. Secondo la IUCN negli ultimi anni il numero dei capi di saiga è cresciuto di almeno 50mila esemplari, la maggior parte dei quali vivono appunto in Kazakistan: circa il 90 per cento. L’attuale moria delle saiga rappresenta in questo senso «un durissimo colpo per gli sforzi di sopravvivenza portati avanti negli anni da questa specie» ha detto l’ONU nel suo comunicato stampa.
Erlan Nysynbaev, vice ministro dell’agricoltura kazako ha detto che «la portata di questa moria potrebbe essere devastante per tutta la popolazione delle saiga» e ha aggiunto che il governo sta «assoldando un gruppo di scienziati provenienti da tutto il mondo per cercare di capire le cause di quanto sta accadendo».
Per il momento le cause sono ancora oscure, o quanto meno misteriose. Tuttavia sono state avanzate alcune ipotesi. Secondo i membri del CMS, la convenzione sulle specie migratorie, sono stati riscontrati almeno due batteri, il Clostridium e il Pasteurella, che sarebbero in parte responsabili della moria delle saiga. Ma questi batteri proliferano, fino a provocare la morte, solo negli organismi che hanno già un sistema immunitario molto danneggiato. «Stiamo cercando di capire se qualcosa nel clima o nell’ambiente è cambiato e ha indebolito le difese immunitarie di questi animali» ha spiegato Aline Kühl-Stenzel, collaboratrice dell’UNEP. Data la presenza, nel Kazakistan centrale, del cosmodromo di Bajkonur, una delle più vecchie basi spaziali di lancio al mondo, si è pensato anche che i combustibili dei razzi che vengono lanciati potessero essere tra le cause. Kühl-Stenze ha però dichiarato che non sembra esserci un nesso tra la morte delle saiga e la presenza del cosmodromo.
L’aspetto più inquietante è che le morti avvengono in massa: se viene interessata una mandria, non resta vivo nemmeno un esemplare. Riguarda soprattutto le femmine e i loro cuccioli. Questi sono gli unici dati certi, per il resto gli esperti stanno ancora cercando di fare chiarezza.